4 Novembre 2011
Francesco Palazzo
Alle regionali del 2006 la subirono. Nel 2008, quando si andò al voto dopo le dimissioni di Cuffaro, la scartarono per dar vita a una delle esperienze elettorali più umilianti del centrosinistra siciliano. Per la primavera del 2012, quando si andrà al voto nel capoluogo siciliano, l'hanno pregata di scendere in pista e risolvere un bel po’ di problemi interni ed esterni al centrosinistra. Insomma, la storia del PD e della Borsellino conosce un altro capitolo. Che era già scritto nelle cose e nell’incapacità palese del centrosinistra di trovare, nel corso di un’intera legislatura, il bandolo della matassa e preparare il ricambio a Palermo dopo la disastrosa e decennale performance del centrodestra. Ma questa volta tutta l'operazione, per il PD, dall'inizio alla fine, è così controversa e ingarbugliata da apparire incomprensibile. Almeno, ragionando con gli schemi usuali della politica. La cosa è presto detta. I democratici sono così, evidentemente, poco convinti della loro esperienza alla regione, che quando si presenta la prima occasione importante, anzi importantissima, come il rinnovo dell'amministrazione nella quinta città d'Italia, invece di prendere il coraggio a quattro mani e dare una prosecuzione logica e conclusiva al loro ragionamento, propongono la candidatura alla persona che, più di tutte, ha avversato l'appoggio del PD a Lombardo. Misteri della politica. E il bello è che sono stati in religiosa attesa dello scioglimento dell'arcano, sperando chissà cosa. Che risposta si aspettavano? Che l'eurodeputata facesse clamorosamente un'inversione a U e imbarcasse allegramente il terzo polo con annessi e connessi? Ma i democratici sono ingenui sino all'inverosimile, oppure hanno perso la bussola? Ci sono o ci fanno. Il punto è che adesso, al netto di tutti i dettagli secondari, questa nomination, offerta su un piatto d'argento alla fondatrice di Un'Altra Storia, si sta rivelando un boomerang per i bersaniani di Sicilia. Che arriveranno alle primarie ancora più divisi e lacerati di come si presentano adesso. Teoricamente, hanno tre candidati, Faraone, Terminelli e la stessa Borsellino. Di fatto, è come se non ne avessero nessuno, considerato che ciascuno dei tre nomi in campo giocherà in proprio, attingendo da questo o da quel leader democratico una parte dei voti che racimolerà ai gazebo. Mentre, invece, coloro che hanno più soffiato per lo sganciamento dal terzo polo, SEL, sinistre, IDV, Movimenti, si trovano serviti dallo stesso PD una scala reale senza neanche aver faticato più di tanto. Se la situazione è quella descritta, non si capiscono più le remore dell'ex sindaco della primavera Leoluca Orlando. Che attende chiarimenti dal PD in ordine all'alleanza con MPA e compagnia. E non si rende conto che la risposta l'ha già avuta, e nel modo più chiaro, avendo il PD, proprio con la candidatura Borsellino, sconfessato, nella sostanza e nella forma, la propria politica alla regione dell'ultimo anno e mezzo. Che ha dato vita al quarto governo regionale, cosiddetto tecnico, e che si preparava a sentire i primi vagiti del governo politico. E non c'è soltanto quest’aspetto da tenere presente in quanto a contraddizioni dei democratici. In risposta alla loro prima candidatura interna, quella di Davide Faraone, da tempo in campo, hanno sempre posto il problema del progetto da anteporre al nome. Ipotesi di lavoro gettata alle ortiche, senza neanche pensarci, nel giro di niente. Contrordine. Prima la faccia, il nome, importante e autorevole, quello dell'eurodeputata appunto, e poi s’inizia a parlare di cosa fare a Palermo e per Palermo. I due aspetti evidenziati, candidatura offerta a una persona che si è mossa proprio in direzione opposta a quella auspicata dalla maggioranza degli esponenti democratici e abbandono del metodo di scelta, che prevedeva prima le cose da fare e poi i nomi, sono il segno di un partito davvero in stato confusionale. Forse Santa Rita salverà Palermo. Ma per questo PD siciliano, ci vuole direttamente l'intervento dell'Altissimo.
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