venerdì 28 ottobre 2011

Lotta alla mafia. Fatti e parole.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
28 10 2011
Pag. 47
La mafia ringrazia
Francesco Palazzo

Si fa presto a dire lotta alla mafia. Ma se dalla retorica si passa alla concretezza quotidiana, quella che importa in una simile secolare battaglia, ci si imbatte in una casistica che lascia stupefatti. Non c'è che l'imbarazzo della scelta. Un bar palermitano, Ciro's Spritz, a due passi dal porto, ha dovuto chiudere, licenziando otto impiegati, perché il fondo di solidarietà per le vittime del racket tarda ad attivarsi. Dietro ci saranno tutte le giustificazioni che volete. Ma che i mafiosi, a un anno e mezzo dall'attentato, vedano chiuso un locale che non si è piegato alle richieste estorsive, è una sconfitta per tutti. Inutile catturare latitanti, se poi non si azionano velocemente le leve dello sviluppo e dell'imprenditoria libera. Altro esempio. La certificazione antimafia. A parte la boutade di Brunetta, detta attestazione, per giudizio unanime, giunge, anch'essa, con notevole ritardo. Penalizzando, ancora una volta, gli onesti. Possibile che in tempi di informatizzazione avanzata, non si riesca a fare più velocemente? Possibile. Proseguiamo. I collaboratori di giustizia si sentono abbandonati. Alcuni di loro hanno attuato la decisione più drammatica, suicidandosi. La loro parabola discendente è iniziata negli anni novanta. A un certo punto si decise che erano troppi. Invece di rallegrarsi di avere tante voci provenienti dall'interno, le uniche che possono tracciare scenari e raccontare responsabilità, anche esterne all'organizzazione, si mise in quel meccanismo il bastone tra le ruote. Imponendo pure un tempo limite entro il quale il collaborante deve dire tutto. Risultato: è di molto diminuita la qualità, oltre che la quantità, delle collaborazioni. Sullo stesso filone, uguale riflessione si può fare sui testimoni di giustizia, persone che non hanno commesso reati, ma hanno visto, o sanno comunque qualcosa, su dinamiche criminali. Il loro numero si è quasi completamente azzerato. Ad agosto, una testimone di Rosarno, di 31 anni, si è suicidata. Ma anche se non si arriva a gesti estremi, la vita dei testimoni è comunque un inferno. Come quello di un ragazzo, allievo di padre Puglisi a Brancaccio, che a metà degli anni novanta decise di raccontare ai magistrati quanto sapeva della cosca del rione. La sua vita è stata, è, molto difficile, per usare un eufemismo. Quanti, in queste condizioni, si sentiranno di fare un gesto di civiltà, raccontando alla Stato fatti e nomi? La mafia allegramente ringrazia. Altra storia. Antonio Ingroia, in un'intervista del 28 settembre, afferma che se davvero si vogliono aiutare gli uffici giudiziari, si dia loro la connessione con le banche dati del sistema bancario e finanziario. Non è incredibile che, in tempi di mafia finanziaria, le toghe non abbiano questo strumento? Incredibile, ma vero. Le imprese criminali si spostano col jet e noi le inseguiamo col carretto. Anche in questo fondamentale ambito di contrasto, la mafia sentitamente ringrazia. L'elenco è abbastanza corposo. Comprende le procure con pochi magistrati. Oppure la circostanza che a Catania cinque cancellieri vanno in pensione e non vengono sostituiti. E che dire delle forze dell'ordine a cui spesso mancano benzina e altri elementari presidi. Per non parlare della legge sulle intercettazioni. A molti misfatti di mafia, dicono gli esperti, si arriva attraverso altri reati, cosiddetti satelliti, che sarebbe difficile perseguire se il provvedimento sulle intercettazioni divenisse legge dello stato. Da una norma, invece, già pubblicata, il “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”, nasce la novità della confisca da attuare entro due anni e mezzo dal sequestro. Pena la riconsegna dei beni ai possessori originari. Non c'è dubbio che c'è chi non mancherà di apprezzare questa chicca. Che arriva direttamente dalle aule parlamentari. E qui siamo al cuore del problema. Perché non si può tralasciare un nodo che non viene ancora sciolto, i rapporti mafia-politica. Pare di essere tornati a decenni addietro. Se un esponente istituzionale viene investito da pesanti sospetti di rapporti con mafiosi, o perché ha chiesto loro voti o in quanto ha fatto con loro affari, situazioni avallate da indagini, intercettazioni e da richieste di rinvii a giudizio, non si prendono provvedimenti di allontanamento. In alcuni casi si festeggia. State certi che la mafia, insieme agli altri, non mancherà di cogliere questo segnale, forse il più dirompente. Ed anche in tal caso, silenziosamente, ringrazierà.

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