Repubblica Palermo - 17 febbraio 2016
L'aiuto che serve a chi si impegna
Francesco Palazzo
Signor sindaco, può il Comune di Palermo “perdere” 3.500 euro all’anno per far sì che continui il sogno di don Puglisi a Brancaccio attraverso l’operato, quasi ventennale, di un’associazione culturale? Non si tratta di dare l’ennesimo contributo, tra i tanti in genere non rendicontati, che sono trasferiti a realtà che si fregiano, non sempre a proposito, dei nomi di caduti sotto la violenza mafiosa. Quella dei contributi a pioggia (solo una realtà vi ha rinunciato, il Centro Impastato di Palermo guidato da Umberto Santino), è una brutta pratica che crea dipendenza dalle casse pubbliche e dalla politica clientelare e non emancipazione. L’unico modo di spezzare questo circolo vizioso, sarebbe quello di fornire alle associazioni beni e servizi. Ossia gli strumenti basilari per camminare poi da soli, questo dovrebbe essere il fine dell’aiuto pubblico. Non tenere in piedi carrozzoni sorretti a vita dalla mano pubblica. Un bene in comodato d’uso chiede al comune l’Associazione Quelli della Rosa Gialla di Brancaccio, che si richiama a quel fiore perché piaceva a Don Pino, il resto lo sanno fare, molto bene, da soli. Hanno da tempo in gestione un locale di proprietà del Comune, a pochi metri da dove dovrebbe sorgere la nuova chiesa voluta da don Puglisi. L’hanno messo a nuovo, ci hanno speso risorse finanziarie proprie e tante energie. Ma devono pagare all’amministrazione, appunto, 3 mila e 500 euro l’anno, che con la TARSU arrivano a oltre quattromila. Parliamo di uno scantinato di cento metri quadri, il comune dunque incassa 35 euro per metro quadro in estrema periferia dal volontariato. Da un’inchiesta recente di Repubblica Palermo, è venuto fuori che, non in periferia ma in zona residenziale, non per azioni di volontariato ma per lucro, in qualche caso il Comune riscuote sei euro all’anno a metro quadro. L’amministrazione ha promesso, ma si tratta di passato remoto, poi non ha più dato seguito alla cosa, che avrebbe modificato il contratto abbonando l’affitto. Come corrispettivo l’associazione, che produce musical seguitissimi, avrebbe fornito gratuitamente alla città due spettacoli annuali. Ora il punto è che l’associazione, che ha prodotto lavori per il Teatro Brancaccio di Roma, che si è esibita anche a Brescia e Verona, oltre che a Palermo, ad esempio al Teatro di Verdura, e in altre città siciliane, che andrà il 21 marzo a Milano, siccome vive di cinque per mille, non sa più dove prendere i soldi per pagare la pigione. Anche perché proprio in questo periodo, per mandare in scena al Teatro Orione (11, 12 e 13 febbraio), lo spettacolo “Nasci, cresci e vivi”, con tremila spettatori tra ragazzi delle scuole e adulti, ha affrontato più di diecimila euro di spese. Compresa l’ospitalità a diverse famiglie bresciane con bambini non vedenti. In questi casi, le amministrazioni pubbliche, larghe nel distribuire i fondi a pioggia prima citati, scompaiono dalla circolazione quando c’è da sostenere con servizi le singole iniziative. Ora, signor sindaco, a lei non può certo sfuggire cosa significa che a Brancaccio, estrema periferia, continui ad esistere una realtà del genere, perché, fra le altre cose, l’opera di questi nostri concittadini rientra nel «se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto», regola di vita di don Puglisi. Alla sua amministrazione, poiché le vittime della mafia si onorano con gesti concreti, si chiede appunto di fare un “qualcosa” che ha già promesso. Quei tremila e cinquecento euro annuali, 9,58 euro al giorno, che l’amministrazione non incasserà, a fronte di un bene comunale tenuto in piedi e curato da privati che non ci guadagnano nulla, saranno investiti in termini di cittadinanza attiva e di promozione della persona. Con risparmio in termini di sicurezza e crescita di generazioni dedite all’arte e quindi al rispetto reciproco e dei beni comuni. Perciò, alla fine, tutti ci guadagneremo. In uno dei luoghi dove è più importante che si continui a seminare sulle orme del beato. Ucciso dai padrini. Ma lasciato solo, nelle sue pressanti richieste di diritti per il quartiere, dalla malapolitica.