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Ma non c’è solo la Gesip…
Francesco Palazzo
giovedì 9 giugno 2011
Non solo Gesip. Non abbiamo, ad esempio, più notizie dell’Amat dopo che è stato bocciato dal consiglio comunale, era il 12 maggio, il piano industriale dell’azienda. Da Palazzo delle Aquile avevano chiesto che quel budget venisse ripresentato dopo quindici giorni con opportuni tagli. Forse ci siamo distratti, ma ci pare che niente è più accaduto. E magari domani, passato (ma passerà?) il ciclone Gesip, ci ritroveremo con il tornado Amat. Difficile capire di chi è la colpa di ciò che non funziona in una grande metropoli dopo dieci anni di triste disamministrazione. Da tempo la politica è fuggita da Palermo. Diventa dunque ardua ogni puntuale analisi dei torti e delle ragioni. Ci sono, tuttavia, nella gestione di un’azienda, aspetti che forse non dipendono dalla politica, almeno non direttamente, ma innanzitutto dall’ordinaria e corretta gestione delle risorse umane. Confindustria Sicilia ha recentemente affermato che bisognerebbe privatizzare i servizi che forniscono, si fa per dire, le società partecipate dal Comune. Non sappiamo se questa potrebbe essere la soluzione. E’ certo, però, che con una gestione davvero privata, alcune prassi consolidate non si vedrebbero neanche con il cannocchiale. Chi fa impresa, rischiando di proprio e non mettendo continuamente le mani nei fondi pubblici, deve fare degli utili. E i profitti si raggiungono, in primo luogo, ottimizzando, e non sprecando, le risorse umane di cui si dispone. Sia chiaro, in Sicilia questo sciupio è la norma, neanche ce n’accorgiamo più. L’altra settimana, in un ufficio comunale, cinque impiegati discutevano, nell’atrio, amabilmente e calorosamente, dell’ultima sfortunata impresa calcistica del Palermo. Poi, all’interno, l’impiegata è stata cordiale ed efficiente. Insomma, alle nostre latitudini ci siamo abituati a vedere, per ogni servizio reso dagli uffici pubblici, un numero di stipendiati largamente superiore alla bisogna. E’ come quando piove a Londra o c’è nebbia in Val Padana. Ma in certi giorni, forse perché sei più libero da altri pensieri, ci fai caso. Il fatto è il seguente. Nell’ora di punta, circa le 13, di un giorno feriale e assolato di quasi estate, dunque con tantissima gente in giro, improvvisamente, nel bus 102, una delle due linee, insieme al 101, più servite e utilizzate della città, si materializza un controllo dei titoli di viaggio. Normale amministrazione, o quasi, visto che i tantissimi che non pagano a Palermo hanno molte probabilità di farla franca. Chi ha il biglietto lo esibisce, c’è chi si affretta tumultuosamente a compilarlo a penna e chi serenamente prepara direttamente il documento per la multa in arrivo, senza scomporsi più di tanto. Tutto si svolge in un silenzio e in una compostezza quasi nordici. L’unica cosa che stona è il numero d’uniformi in giro. Tre. Tanti sono gli addetti che si prodigano a verificare paganti ed eventuali portoghesi. Perché un drappello così consistente di controllori, in un tratto al centro del capoluogo e in un’ora tra le meno solitarie? Non siamo mica in un quartiere dell’estrema periferia palermitana in orario serale e durante un temporale invernale. E anche in quel caso tre impiegati, ne converrete, sarebbero pure troppi. Due basterebbero. Ma ci troviamo nel salotto di Palermo, dove è facile far convergere, se ve ne fosse bisogno, quasi istantaneamente le forze dell’ordine. Ora, noi non siamo esperti di conti e di strategie aziendali. Sarà per questo che ci sembra semplice pensare che se nelle due linee di trasporto pubblico solitamente più affollate della quinta città d’Italia, si riuscisse, sempre, a fare pagare tutti, i conti dell’Amat non potrebbero che averne giovamento, prendendo un po’ di respiro. Allora, se invece di tre addetti nello stesso autobus, nelle due linee suddette, se ne facesse salire uno per ogni vettura che transita, si potrebbero controllare, praticamente a tappeto, e comunque più rapidamente e con più efficacia, quasi tutti i passeggeri. Elementare, Watson! Probabilmente, tuttavia, incompetenti come siamo di piani aziendali, tanto elementare non sarà.
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