Da Terrasini a Cinisi solo "stranieri"
Pubblicato su Centonove del 18 maggio 2007
A ventinove anni dall’omicidio di Giuseppe Impastato, si è svolta mercoledì 9 maggio la solita marcia da quella che fu la sede di radio aut, a Terrasini, alla Casa Memoria di Cinisi, dove ha abitato sino alla morte Felicia, la mamma del militante ucciso dalla mafia. La cosa davvero impressionante, a quasi trent'anni dal fatto, è l’indifferenza degli abitanti dei due paesi. Gli abituali frequentatori del consueto appuntamento annuale, dicono rassegnati che ormai è un fatto scontato, non ci fanno più caso. Anzi, prima dell’uscita del film “I cento passi”, ci raccontano, i partecipanti si erano davvero ridotti a poche decine. Solo sulla scia dell’opera cinematografica si è registrata una certa partecipazione giovanile. L’altro giorno c’erano ragazzi e ragazze di Bergamo, Lecce, Caltanissetta, Catania, ovviamente Palermo, ma neanche uno della zona, o se c’era si nascondeva bene. I pochi adulti del luogo partecipanti sono quelli che hanno conosciuto il militante di Democrazia Proletaria. Oltre c’è il deserto. Persiane che si chiudono come un effetto domino al passaggio della fiaccolata, occhi che spuntano furtivi dagli orifizi delle imposte, una signora chiusa in macchina con la sicura azionata. “Uno, due, tre…..cento passi”, cantano a squarciagola i giovani. Ma quanti passi in avanti sono stati realmente fatti in paesi come Cinisi o Terrasini da quel maggio del 1978? Eppure Palermo, con le sue mobilitazioni e indignazioni pubbliche, sicuramente adesso in ribasso ma sempre covanti sotto la cenere, non è molto lontana. Ancora più vicino è quel pezzo d’autostrada, dalle parti di Capaci, dove, sempre di maggio, quindici anni addietro, Falcone saltò in aria con la moglie e la scorta. “Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai”, ci mettono tutto il fiato che hanno i giovani presenti. Slogan di forte impatto emotivo. Poi rifletti che è solo un grido di persone che dopo qualche ora saranno lontane. E allora non sai più cosa significa fare baldanzosamente, lontani dalle proprie contrade, la lotta alla mafia al posto di altri che rimangono a casa. Una dirigente del comune di Cinisi sussurra triste che l’indomani sarà un giorno amaro, in ufficio sarà silenziosamente ignorata o visibilmente sfottuta. Non sappiamo se esagera, ci racconta però della figlia che va alla scuola media del paese. Lo scorso anno andava in seconda, è rimasta in classe quasi da sola a difendere Peppino, tutti gli altri compagnetti e compagnette sostenevano che era uno spostato. Ci chiediamo come fanno ad esprimere un giudizio così brutale e ingiusto dei bambini, la risposta potrebbe essere che l’hanno appreso dagli adulti e lo ripetono meccanicamente. “Una mattina mi son svegliato…bella ciao, bella ciao”, con pugni chiusi ormai deposti negli scaffali della storia, i giovani proseguono la loro litania civile. Sono persone sveglie, avvertite, molte di loro scattano foto dappertutto, chissà se guardandole a casa riusciranno a valutare meglio la giornata e a smorzare il loro entusiasmo. “Oggi e sempre resistenza” esce fuori dalle casse. Certo, tuttavia sono passati più di sei decenni da quella lotta di liberazione, forse si dovrebbe contestualizzare un attimino meglio. La concretezza ci viene dal Sindaco di Anzola dell’Emilia in provincia di Bologna, da tre anni presente alla fiaccolata. Hanno dato la cittadinanza onoraria a mamma Felicia e le hanno dedicato un giardino pubblico. Ma non porta solo parole e bei gesti nel percorso che si snoda da Terrasini a Cinisi. Il paese che amministra conta poco più di undicimila anime e registra mille imprese, ossia un’unità produttiva ogni undici abitanti. Ecco il suo biglietto da visita. A lui che sa cos’è stata la resistenza, perché dalle sue parti non è un sentito dire come in Sicilia, preme solo segnalare la solidità economica della città che rappresenta. Per il resto, va dritto e silenzioso con la sua bella fascia tricolore in mezzo al deserto siciliano.
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