LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 05 GIUGNO 2009
Pagina I
Il messaggio di illegalità che viene dal degrado
Francesco Palazzo
Pagina I
Il messaggio di illegalità che viene dal degrado
Francesco Palazzo
Dopo le stragi mafiose del 1992, l´operazione Vespri Siciliani portò i militari in Sicilia per controllare i luoghi sensibili. Dopo 17 anni torna l´esercito. Non più contro le cosche. Il problema oggi è riprendersi chilometri di marciapiedi, piazze e strade coperti dai sacchetti d´immondizia. Per consentire che l´operazione possa svolgersi in sicurezza ecco l´esercito. Siamo di fronte a una vera e propria regressione. Il vero lascito del periodo delle stragi mafiose era la convinzione che una buona amministrazione della cosa pubblica fosse un fondamentale avamposto per la lotta alle mafie. Che non sia mera propaganda o pura retorica. È del tutto evidente che alle armi della repressione, le quali fanno bene e per intero il loro dovere, ma che possono solo arginare, contenere, dovrebbe accompagnarsi una gestione oculata, efficiente, efficace e trasparente di tutto ciò che ricade nella giurisdizione dei pubblici poteri. Se un giorno ci sarà un tramonto delle mafie - ma temiamo che tale obiettivo, visto come vanno le cose, sia situato molto lontano nel tempo - esso non potrà che verificarsi per l´azione costante della politica. I singoli che la svolgono come professione, i partiti, le istituzioni rappresentative e le aziende collegate che forniscono pubblici servizi e che dal pubblico sono foraggiate. C´è da chiedersi che messaggio, al di là delle intenzioni dei protagonisti, giunge alle cosche mafiose con questa vera e propria inaudita violenza perpetrata nei confronti del territorio. Causata dalle montagne di rifiuti e dal fetore che ormai ha impregnato i quartieri centrali come quelli periferici. Soprattutto in questi ultimi, dove i roghi hanno insistito e continuano a verificarsi in misura maggiore, si è potuto misurare l´assoluto e disarmante abbandono della città. Posta nelle mani di quanti intenzionati a causare dolosamente gli incendi. Sapendo verosimilmente di non dispiacere le cosche, forse con il loro tacito o esplicito consenso, in ogni caso nella consapevolezza di attivare un meccanismo dove la mafia può far meglio valere la propria giurisdizione su parti del capoluogo, e non sono poche, dove ancora comanda in maniera ferrea e plateale. Ora, il punto è che la ferita di questi giorni, anche se tra qualche settimana sarà spenta l´emergenza più acuta, rimarrà nella testa delle persone e farà scendere ancora verso il basso il gradimento nei confronti delle istituzioni, della legalità, dell´etica condivisa. E farà aumentare il consenso verso tutto ciò che è sistemazione privata, egoistica e predatoria delle proprie incombenze. In quest´ultimo decennio si è verificato a Palermo un continuo e inesorabile spappolamento di una pur labile percezione di comunità. Di uno stare insieme, di un vivere tra persone che si sforzano di parlare un linguaggio comprensibile e condiviso. Da questo punto di osservazione, è inutile che gli attuali amministratori si voltino indietro a scrutare passate responsabilità per giustificare le macerie di oggi. In quel tempo, ossia nel quindicennio orlandiano, si sono certo fatti degli errori. Alcuni anche gravi. Al fondo, comunque, c´era la percezione di un intero. Un´idea di città. Sulla quale magari dividersi e litigare. Qualcuno diceva che molto si concedeva all´antimafiosità da cartolina. Può essere. Che cartolina è, però, un capoluogo che sta facendo il giro del mondo non più per l´antimafiosità, ma per i rifiuti? Che magari si raccoglieranno in una decina di giorni. Ma quanto tempo occorrerà per cancellare, dal circuito dell´opinione pubblica internazionale e nazionale, l´immagine di Palermo città della munnizza? E chi pagherà per questo?
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