sabato 13 giugno 2009

Europee in Sicilia: antimafia promossa, sinistra bocciata

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultuta, Economia
12 giugno 2009
Pagg. 8 e 9
Quando trionfa l'astensione
Francesco Palazzo

Il voto per la consultazione europea, per la tipologia di scelta e anche per lo stesso meccanismo elettorale, che prevede sino a tre preferenze, si presta poco a una trasposizione diretta sul livello regionale. Alcune considerazioni, tuttavia, dal voto siciliano per il parlamento di Strasburgo, si possono trarre. Intanto, va registrata la forte astensione dal voto, tipica di chi è abituato a recarsi ai seggi per risolvere incombenze personali e ritiene, perciò, distante una competizione che non rientra, immediatamente, nel meccanismo, ben conosciuto, del dare e avere. Ciò ha provocato una diretta conseguenza sui seggi attribuiti. Dagli otto previsti si è scesi a sei, con indubbia perdita di rappresentanza e di visibilità per il collegio isole. Partendo da tale aspetto, una prima considerazione va fatta rispetto alla deputazione siciliana che giunge a Strasburgo. Dei sei deputati eletti, ben quattro (due del PD, uno di Italia dei Valori e uno dell’UDC), sono all’opposizione del governo nazionale e, visto come vanno le cose nella maggioranza regionale, anche di quello siciliano. Non è una notazione da poco, tenuto conto che la Sicilia esporta, di solito, deputazioni composte al loro interno da un consistente numero di soggetti legati alle maggioranze al momento imperanti nel paese e in sede locale. Un secondo aspetto, anche questo abbastanza in controtendenza, è la promozione sul campo, a suon di voti, dei candidati antimafia. L’etichetta probabilmente è limitante per i singoli. Ma non si può disconoscere che persone come Rita Borsellino, Rosario Crocetta, Leoluca Orlando (o Sonia Alfano, che a quanto pare subentrerà per lo scorrimento della lista), hanno tutti una biografia connotata nel senso della lotta alla criminalità mafiosa. Visto che, sino a qualche tempo addietro, si diceva che l’antimafia non porta voti, ci pare questo un esempio lampante di come le cose possano modificarsi in certe circostanze. E’ ovvio che, in questo ragionamento, pesa il fatto che il voto d’opinione si libera più nelle elezioni che decidono di organismi che vengono vissuti come lontani rispetto alle esigenze quotidiane. Cosa si può chiedere, in termini clientelari, a un deputato europeo? E cosa quest’ultimo può promettere in previsione dell’elezione? E come la mafia può intercettare il voto europeo? Il voto d’opinione, altra questione, com’è facilmente intuibile, anche se non sempre percepibile, è qualcosa di cui tutte le formazioni politiche ddispongono. Si tratta di una specie di zoccolo duro che è pronto a rifugiarsi nel proprio simbolo. Per abitudine politica o perché ritiene che ve ne sia bisogno in certi momenti. Quello che, invece, si mobilità attorno a questioni specifiche, tipo la legalità e l’antimafia, spesso si sposa con il raggruppamento politico che guarda a sinistra. E, nel caso delle europee del 6 e 7 giugno è stato davvero consistente. Parliamo di quasi cinquecentomila voti, la dote elettorale che ha investito un drappello di cinque, sei persone, nel nome dell’antimafia. Al punto che, e passiamo a un altro spunto di riflessione, il più grande partito del centrosinistra siciliano, quello democratico, è passato dalla più nera crisi, che si pensava dovesse uscire dalle urne, a un certo spiraglio di vitalità. Perché, essere quotato dai sondaggi preelettorali a non più del 17 per cento, e invece ritrovarsi a lambire quota 22 per cento, ha significato, per i democratici siciliani, passare da una morte annunciata a una nuova stagione. In questa lettura consolante, probabilmente, da parte dei dirigenti democratici, c’è troppo ottimismo. I numeri complessivi regionali usciti dalle europee, altro punto di riflessione, infatti, ci dicono che il dislivello, meglio dire la voragine, tra centrodestra e centrosinistra è sempre misurabile nell’ordine di trenta punti percentuali. Una distanza che richiede un lavoro di medio-lungo periodo per essere scalfita sensibilmente. Per rendere tale compito percorribile, e quindi aumentare le possibilità dell’alternativa in Sicilia, e in definitiva le chance della democrazia sostanziale, occorre che la sinistra estrema, e andiamo all’ultima osservazione, riesca a trovare una configurazione politica che non disperda, nella divisione, tanti voti. Lasciando tanto elettorato solo con la possibilità di votare, senza essere poi rappresentato. Né al parlamento regionale, né in quello nazionale e, adesso, pure in quello europeo. In Sicilia l’operazione ripresa della parte a sinistra del Partito Democratico richiederà, ammesso che la si voglia tentare, una dose supplementare di generosità politica e lucidità strategica che, al momento, non intravediamo.

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