lunedì 22 ottobre 2007

Contratto Impiegati Regionali

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 20 OTTOBRE 2007
Pagina I
L´ANALISI
Contratto dei regionali la rivoluzione impossibile
FRANCESCO PALAZZO





Si riapre per i dipendenti regionali la battaglia per il rinnovo del contratto. In genere il governo si muove in ritardo, in questo caso siamo alla soglia dei due anni dalla scadenza. L´esercito dei 12.500 dipendenti strutturati, più i 2.500 degli enti collegati, più i 5 mila precari stabilizzati, fanno la bella somma di 20 mila persone. Spesso si è paragonato tale numero a quello di regioni simili alla nostra per estensione e popolazione, dove gli impiegati sono molti di meno. In Lombardia gli impiegati non sono più di tremila. Si dice, a giustificazione, che essendo la Sicilia a statuto speciale, molte delle funzioni che nelle regioni «normali» sono svolte dallo Stato, da noi le assicura la Regione. Per questo motivo c´è bisogno di tanti impiegati. La scusante tiene sino a un certo punto e comunque non giustifica una cifra così alta. Alla quale, se aggiungiamo i 2.150 dirigenti (in Lombardia sono 213), uno ogni sei-sette dipendenti - anche questo un record mondiale - ci rendiamo immediatamente conto di cosa esattamente si dovrebbe intendere quando si parla di costi della politica. Perché è chiaro che dalla nascita dell´istituto autonomistico a oggi, il grande calderone degli uffici regionali è servito anche da ammortizzatore sociale, pozzo senza fondo per clientelismi vari, fattore d´innalzamento sostanzioso del reddito regionale pro capite. La Regione nel corso dei decenni si è trasformata in un mega stipendificio. Tutto ciò ha fatto aumentare a dismisura la spesa, senza peraltro che la Regione si sia mai dotata di strumenti di verifica veri, sia per il comparto sia per la dirigenza. Per carità, la carta viaggia in dimensioni stratosferiche, tutte le dimensioni lavorative sono percentualizzate con precisione svizzera. Ma i controlli di carta sono atti meramente formali, in cui ognuno si compiace del proprio lavoro, giudicando di fatto se stesso. In realtà, lo sappiamo sin troppo bene, negli uffici regionali chi vuole lavorare può accomodarsi, chi non intende muovere un muscolo o attivare un neurone può accomodarsi lo stesso. C´è spazio per tutti e per tutto. Coloro che fanno il proprio dovere, non di rado in misura maggiore di quanto sarebbe richiesto, non sono pochi. Vi sono collaboratori, contrattisti, borsisti, istruttori, funzionari e dirigenti che danno tanto. A volere essere onesti, si dovrebbe tuttavia ammettere che con la metà del personale, quindi con 11 mila impiegati compresi i dirigenti, si potrebbe lo stesso far marciare la macchina regionale. In fondo gli addetti sarebbero ancora quasi il quadruplo di quelli della Lombardia. È scomodo dirlo, nessun sindacato, rivoluzionario o integrato nel sistema, lo ammetterà mai. E anche quando qualche coraggioso lo ammettesse, lo stato dell´arte non si modificherebbe di un pelo. L´operazione più saggia sarebbe quella di chiamare a raccolta sindacati, partiti, impiegati e amministrazione affinché si possa iniziare un nuovo corso. Non parliamo di quei contratti giuridici in cui c´è tutto e poi non cambia niente, come accaduto negli ultimi anni. Ma di una vera e propria rivoluzione copernicana all´interno dell´amministrazione. Dove finalmente contino i meriti, ci siano controlli, si possa pervenire a effettivi avanzamenti di carriera, non dati a pioggia o perché spetta di diritto - non esiste un diritto alla carriera - ma per la ragione che il singolo ha prodotto molto e lo ha fatto con un alto livello qualitativo e professionale. Che motivazioni può avere un dipendente se vede coloro che fanno pochissimo prendere lo stesso stipendio scaricandosi, peraltro, da qualsiasi responsabilità? Oggi un funzionario o un dirigente che si impegnano godono di una considerazione e un trattamento identici a quelli di coloro che non si spendono molto. Non parliamo di bazzecole, non è una questione irrilevante. Non siamo di fronte a una piccola azienda familiare. Un corretto e virtuoso funzionamento della macchina regionale è la condizione, necessaria e sufficiente, perché si possano introdurre, nel vivo del tessuto connettivo isolano, elementi profondi di cambiamento. In questo senso i sindacati storici per primi, Cgil Cisl e Uil, e quelli nati dopo, insieme ai partiti siciliani, a cominciare dal neonato Partito democratico, dovrebbero capire che questa è una frontiera prioritaria per la Sicilia. Che non è più tempo di difendere l´indifendibile. A essere sinceri, temiamo che da tutte le parti in commedia, per vari motivi, non ci sia l´interesse a scoperchiare il pentolone. E così si va avanti, da un contratto a quello successivo e da un ritardo all´altro. Fino a quando il sistema garantirà ogni appetito si proseguirà così. Ma un giorno, e forse è già successo guardando le magre finanze regionali, la campana suonerà un po´ per tutti.

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