mercoledì 12 giugno 2019

L'antimafia, le polemiche, Falcone, la laicità e le persone normali.


La Repubblica Palermo – 12 giugno 2019
Laicizzare l’antimafia schivando le verità assolute
Francesco Palazzo

L’ennesima bagarre nel campo dell’antimafia associativa, che questa volta ha raggiunto il livello di guardia il 23 maggio, si incanala in uno schema già praticato altre volte e fallito altrettante. Vediamoci, discutiamo e mettiamo in campo analisi e azioni comuni. Ciascuna realtà si è costruita la propria legittima e rispettabile prospettiva.
Un’antimafia disgregata è destinata a essere debole e a farsi infiltrare. Lasciando sul campo solo forze dell’ordine e magistratura. Che hanno trovato, grazie proprio a Giovanni Falcone, che ha pensato e posto in essere la Direzione nazionale antimafia, con le Direzioni distrettuali e la Direzione investigativa antimafia, strumenti decisivi per il loro lavoro.
Falcone, in quella ultima fase della sua vita, venne crocifisso proprio per queste fondamentali intuizioni. Capì più la mafia. Che infatti riteneva, con evidenti ragioni, che il magistrato stava facendo più danni, dal suo punto di vista, a Roma che a Palermo. Dove già comunque aveva creato, pur aspramente osteggiato, tanti problemi alle coppole storte e ai loro alleati. Ed è molto probabile che sia stato ucciso (solo dalla mafia?) non soltanto per quanto aveva già fatto, ma soprattutto per ciò che stava facendo dalla capitale.
Per dirla tutta, dobbiamo ricordare le ultime due lezioni di Falcone che possono servirci oggi. Riguardano da un lato la politica, e cioè che le istituzioni vanno rispettate sempre, e dall’altro la coraggiosa laicità delle visioni, che non si sono fermate alle ipotesi o alle buone intenzioni, ma sono divenute realtà. E qui il giudice trovò lo sbarramento dei pochi che sembravano tanti i quali avevano costruito il recinto dell’antimafia autoreferenziale. Esiste ancora? Se sì, non ne abbiamo più bisogno.
Sia chiaro, le divisioni odierne ma in realtà antiche, ricorrenti e inutilmente sfibranti, non fanno bene all’antimafia, non ne allargano il cerchio, anzi lo restringono, e non servono nell’opposizione alle cosche. Se vogliamo misurare questi annosi, nel senso che si ripetono quasi ogni anno, contrasti, non possiamo che circoscriverli nell’ambito di un piccolo frammento palermitano. E il resto dell’Isola? E tutti gli altri siciliani? E le centinaia di migliaia di palermitani cui non arriva nulla di queste querelle? Tutte persone che non capiscono e non lottano? Improbabile. Forse è meglio cambiare schema. Sperimentando finalmente e definitivamente, prendendo esempio da Falcone, una sorta di laicizzazione dell’antimafia.
Lasciamo che la lotta alla mafia sia veramente patrimonio di tutti.
Anche e soprattutto dei tanti e delle tante che svolgono quotidianamente, senza voler dare lezioni a nessuno, professioni, vite, impegni sociali in maniera pulita, senza magari andare alle manifestazioni. Alle quali certo difficilmente si avvicineranno se prevarranno ancora lotte nell’area di rigore del professionismo antimafia.
Che in effetti, così vanamente frantumato, è solo dilettantismo.
Dunque ben vengano, magari non ripetendo errori del passato, consulte e coordinamenti. Senza tuttavia farne, come già accaduto più volte senza risultati duraturi ed efficaci, luoghi dove si dispensano verità assolute sull’antimafia da elargire con pietosa sapienza ai miscredenti. Eliminiamo vangeli, turiboli e sagrestie. Stagioni già vanamente conosciute e da archiviare. 
Proviamo ad affidare alla responsabilità e alla coerenza delle persone normali e oneste, sono tante in Sicilia, la lotta alla mafia. Come in larga parte è già avvenuto in maniera silenziosa, ma non per questo meno efficace, duratura e significativa negli ultimi decenni.
Il piccolo mondo dell’antimafia di Palermo, benemerito quanto vogliamo, che peraltro non rappresenta affatto tutta la regione, non si limiti a spegnere per un po’ i decibel delle polemiche trite e ritrite. Provi soprattutto ad aprire porte e finestre mettendosi in ascolto della Sicilia tutta. Scrollandosi una volta per tutte dal proprio Dna ortodossie e schemi che ormai la storia e l’esperienza hanno mandato in soffitta.

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