LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 02 LUGLIO 2008
Pagina XIV
Sicilia senza strutture per i pazienti psichiatrici
FRANCESCO PALAZZO
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Sicilia senza strutture per i pazienti psichiatrici
FRANCESCO PALAZZO
Per alcuni operatori sanitari palermitani, quando svolgono il servizio di guardia, pare che l´unico strumento davvero indispensabile sia l´elenco telefonico. E ciò per l´insufficienza di posti letto per pazienti psichiatrici negli ospedali. L´elenco telefonico serve a capire rapidamente dove potere inviare il malato in crisi acuta. Può essere un altro ospedale siciliano, ma sino all´altro giorno qualcuno stava per finire a Reggio Calabria. Ciò significa anche spostamento delle famiglie, con disagi per le stesse. E nelle altre province siciliane non va molto meglio. I posti letto per acuti psichiatrici, previsti dalla legge 180 del 1978, quella che chiuse i manicomi, a Palermo dovevano essere settantacinque. Oggi, ascoltando chi lavora nel campo, ne rimangono poco più della metà. Ma non è solo una questione di posti letto. Sembra anche che i medici siano sotto organico, così come gli infermieri e gli assistenti sociali. Nei manicomi c´era personale in abbondanza. Prima c´erano gli sprechi, ora problemi di sicurezza. «Ma come si fa – sottolinea un addetto – ad affrontare persone in stato di agitazione con quel poco personale, che neanche fisicamente riesce a reggere e controllare pazienti che li sovrastano fisicamente?». Il tutto sovente si trasforma in un´emergenza di ordine pubblico, ci si trova cioè costretti a chiamare le forze dell´ordine. Peraltro, le strutture pubbliche sono le uniche, per legge, in cui si possono applicare i trattamenti sanitari obbligatori. Non va meglio per le Cta, le comunità terapeutiche assistite. Sono strutture residenziali extraospedaliere, in cui si svolge il programma terapeutico riabilitativo e socio-riabilitativo per gli utenti psichiatrici. A Palermo ci sono cinque moduli, già al di sotto della bisogna secondo gli addetti. In più, come denunciano i sindacati, è possibile una riduzione di posti letto, con l´accorpamento preventivato dei moduli 3 e 4. Pure le case famiglia, comunità di tipo familiare con sedi nelle civili abitazioni, presentano delle criticità. Queste realtà soffrono cronicamente di problemi legati ai finanziamenti che ritardano o che diminuiscono. Nei manicomi, affermano gli operatori, paradossalmente il malato poteva trovare un letto sicuro, il cibo e personale più che sufficiente a disposizione. In definitiva, un ambiente accettabile. Adesso, a trent´anni dalla 180, si registra quasi ovunque - poiché la situazione palermitana e siciliana riguarda anche il resto d´Italia, tranne poche isole felici, come ad esempio le province di Arezzo e Trieste - una difficile applicabilità di una legge che doveva umanizzare il rapporto della società con il paziente psichiatrico. Il cambiamento, culturale prima che sanitario, introdotto dalla norma fu accolto, tre decenni addietro, in maniera molto positiva. Da allora, riferiscono gli operatori, c´è stato un lento e incessante allontanamento dagli ospedali. Forse perché, pensano alcuni, il paziente psichiatrico non è un fiore all´occhiello, non permette di fare bella figura. La patologia psichiatrica, che era stata messa al pari delle altre malattie trattate nelle strutture pubbliche, adesso rischia, secondo coloro che lavorano nel settore, la marginalizzazione. Spesso, ribadiscono, non rimane che la famiglia. Quando c´è. In ultima analisi, il rischio che temono gli operatori è quello di una progressiva privatizzazione dell´assistenza. Ciò mentre l´Organizzazione mondiale della sanità prospetta che nel 2020 la sofferenza psichiatrica, in particolare la depressione, diventerà la seconda causa di disabilità fra tutte le condizioni morbose, seconda soltanto alle malattie cardiovascolari. Nel frattempo i medici che operano nel pubblico continueranno a essere fermati nei viali degli ospedali dai pazienti psichiatrici soggiornanti nelle panchine. La richiesta è sempre la stessa: «Dottore, quando si libera un posto?».
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