domenica 6 agosto 2017

Viva Bologna e Santa Rosalia

La Repubblica Palermo

5 agosto 2017

LA NORMALITÀ CHE SERVIREBBE A PALERMO PER NON FAR FUGGIRE I GIOVANI

FRANCESCO PALAZZO

Da fuori guardiamo dalla giusta distanza. Una cosa del genere, riferendosi al Monte Pellegrino, luogo altro e alto da dove guardare la città con lucidità, l'ha detta don Lorefice nel giorno del ricordo di Rosalia. Essendo a Bologna nel periodo del Festino, ho capito che i bolognesi non saprebbero organizzarlo come noi. I festeggiamenti di ottobre per San Petronio saranno sobri. È il santo della ricostruzione della città nella ferialità, volendo anche quella che è la prima università italiana, sia storicamente che nelle classifiche attuali. Rosalia è la liberazione dalla peste, fatto eccezionale che non crea comunità, evita solo il peggio. Cos'è normalità? Un elenco noioso. Nel capoluogo emiliano i bus, ovunque, sono puntuali e frequenti. Online o in un bell'ufficio si può acquistare una card turistica per visitare musei, la città con un bus oppure con una guida, usufruire di sconti e tanto altro. La raccolta differenziata è al 45,7 per cento. Ottimamente conservato è l'esteso centro storico. Vedi bici dappertutto con un clima non esaltante. La movida non reca disturbo. Altrove si vivono risultati cento volte maggiori nella normalità. Noi ci autoincensiamo per qualche incerto passo in avanti che avremmo dovuto compiere da decenni. Abbiamo visitato i 26 ettari dei Giardini Margherita, quasi cinque volte il Giardino Inglese, un piccolo parco della Favorita. Del quale non sappiamo che farcene. Si nominerà il sovrintendente? A Bologna, con una media nazionale del 38 per cento, la perdita di acqua immessa nella rete è del 31 per cento, e sono polemiche, a Palermo se ne perde più del 50 per cento. Bologna è davvero un polo attrattivo per i giovani. Eravamo lì per favorire l'inserimento di due ragazzi che vanno via da Palermo per la specializzazione post-triennio, intenzionati a restare dove sarà più facile trovare lavoro. Noi, capitale 2017 dei giovani, ne perdiamo a fiumi, sottrazione di futuro e nuova peste secondo l'arcivescovo Corrado nel messaggio alla città del 15 luglio. L'altro giorno ero all'università di Palermo per una laurea triennale in Ingegneria. Si discutevano diciotto tesi. Guardavo i ragazzi, la loro freschezza intellettuale, le enormi potenzialità. Il loro domani sarà un aereo. Scappano, con iPad e comode valigie dove mettere tutto il presente incerto e portarlo dove esso può agganciare l'occupazione e il merito. Depositano altrove le risorse economiche che ci sono volute per formarli. Non sono scelte fatte in libertà. Basta leggere un frammento della lettera che la trentenne endocrinologa palermitana Valentina Bullara ha scritto a Palermo il 24 luglio. «Non sarei mai voluta andare via e, anche se mi dici che le mie sono solo parole retoriche e che le mie lacrime sono solo di circostanza, è proprio così. Non avrei voluto lasciarti, mai». Verranno qualche mese in estate. Il mare, il sole, la passeggiata in qualche portentosa isola pedonale. Mentre fai queste considerazioni, in lontananza, quasi come un rumore di fondo, realizzi che tra poche settimane si voterà per le regionali. Ma non dobbiamo preoccuparci più di tanto. Quelle diciotto giovani leve, e tantissimi altri ventenni, neppure voteranno il 5 novembre. Saranno già impegnati a studiare nelle aule universitarie sparse oltre lo Stretto. Per non tornare più dopo. Nel dossier preliminare al rapporto 2017, presentato il 28 luglio, la Svimez afferma che la Sicilia, dal 2016 al 2065, perderà più di un milione di abitanti. Viva dunque Palermo e Santa Rosalia, ma dovremmo confrontarci con città dove la monotona normalità è l'eccellenza. Il metro di paragone non può essere il nostro ombelico. Se volgi altrove lo sguardo, ad esempio, ti rendi conto che la programmazione estiva a Palermo non c'è più. Te lo ricordi quando vedi la Piazza Grande di Dalla trasformata in un cinema gratuito. Dovremmo smetterla di sentirci speciali e iniziare a essere noiosamente normali, commisurandoci con realtà più avanti di noi. Preferendo, come ha detto su queste pagine Roberto Alajmo a commento del Festino, la programmazione che dona frutti duraturi e silenziosi ai colpi di genio episodici e alla spirtizza, che ci fanno soltanto rimirare nello specchio delle nostre vanità.

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