lunedì 14 luglio 2025

L’acchianata verso Santa Rosalia.

 Porta di Servizio

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13 luglio 2025

La mia “acchianata” a Santa Rosalia, cronaca di un percorso verso l’alto

Francesco Palazzo

https://www.portadiservizio.it/2025/07/13/la-mia-acchianata-a-santa-rosalia-cronaca-di-un-percorso-verso-lalto/





Lo confesso. Ormai sono un “acchianatore” seriale. Probabilmente pure la Santuzza si è posta qualche domanda sul mio conto. Magari una volta di queste sarà Lei a chiedere a me qualcosa. Per me “lacchianata”, scritta così, alla palermitana, credo che non abbisogni di traduzioni, visto che ho incontrato tutte le etnie in salita e discesa, è tante cose messe insieme.

Certo, ti conduce alla patrona della città. Una santa e una donna che volle essere libera da imposizioni. E già questo, come si suol dire, vale alla grande il prezzo del biglietto. Perché la libertà delle donne che abbiamo accanto è una lezione che tutti gli uomini non apprendiamo mai abbastanza e ancora tanta strada è da fare. Ma c’è altro. L’acchianata, più che per chiedere, potrebbe essere un modo per rispondere alla città. “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”, disse John Fitzgerald Kennedy.

Come inizia la salita

Poi salire ti serve a riflettere su te stesso e guardare le cose da un punto di vista più alto. E certo salire, oltre che allo spirito fa bene pure al corpo. L’11 luglio, nella settimana del Festino 2025 in corso, “400più1” come è stato chiamato, faccio l’acchianata ascoltando più di una volta “Rosalia di Rosa e di Giglio”, la canzone su Rosalia scritta da don Cosimo Scordato e musicata da lui insieme ad altri. Riprende il “se ognuno fa qualcosa” di don Puglisi, parla di Rosalia libera e di Palermo da liberare.

La mattinata è nuvolosa e  non caldissima, poi vira verso il bel tempo stabile e un cielo terso. Vengo accompagnato da un concerto di cicale. Nelle rampe pochi acchianatori, quasi tutti turisti. Che popolano spesso questo percorso. Non mi è mai capitato di non incontrare nessuno. L’ultima volta una coppia portoghese che portava una carrozzina con dentro un biondissimo pargolo. Il grande cartello in basso segnala sempre il pericolo di perdita di vite umane a causa delle caratteristiche della zona e invita a procedere con prudenza.

La mia partenza non è dalla piazza dell’acchianata, ma dalla zona stadio. Questa volta, caso raro, non c’è nessun cane al seguito delle persone che incontro, una volta ne ho incontrato uno che saliva da solo. La prima rampa è lunga e ripida. Mi colpiscono in tutto il percorso i bordi non curati. Non è sempre stato così. Erbacce alte cui fanno compagnia i resti lasciati graziosamente dai palermitani. Almeno nella settimana del Festino si potrebbe, si poteva, procedere a una pulizia generale. Come in genere si fa per ospitare, nella notte tra il 3 e il 4 settembre, decine di migliaia di palermitani.

Lungo le rampe

All’apice della prima rampa il porto si può quasi toccare e si può ammirare la costa sud. La secondo rampa, parte della prima e sino alla quarta, presentano una strada liscia, nella terza e quarta rampa si vedono degli archi. Dalla quinta rampa comincia il classico pavimento acciottolato, alberi di fichi d’india dappertutto. Dalla sesta si domina meglio la zona porto. Nella settima si vede più da vicino uno dei tanti tralicci sui quali viaggiano i fili della luce elettrica. Nel corso dell’ottava, ai bordi, i resti rinsecchiti di un albero caduto su un fico d’india. Se ne vedono diversi lungo tutto il percorso. Dalla nona si vedono più da vicino le nuvole sopra Palermo e alla fine della decima seduti su un muretto si può ammirare meglio la città. Dall’undicesima rampa spiccano due navi da crociera. La dodicesima rampa finisce con l’edicola votiva del 17 maggio 1905 voluta dall’arcivescovo Lualdi. Vengono concessi 100 giorni indulgenza a chi reciti una preghiera dinanzi l’immagine di Rosalia. Sbirciando leggo che nel 1963, a sue spese, il signor Baiamonte l’ha ricostruita.

Si prosegue con la tredicesima rampa, a sinistra un rudere, chissà cos’era, sarebbe meglio toglierlo. Alla fine il primo incrocio con la strada dove transitano le auto, i pullman, i motori e le bici. Per la verità queste ultime si avventurano, pericolosamente per i pellegrini appiedati e a velocità sostenuta in discesa, oltre che in salita, nella strada vecchia nonostante uno specifico divieto di transito per i velocipedi. Bellamente ignorato, come tante cose a Palermo.

Qua finisce la parte più impegnativa dell’acchianata. La vista su Palermo merita un’altra foto. La 14esima breve rampa inizia con  una cappella chiusa di una certa grandezza. Si intravedono sedie,  dipinti, foto private, simulacri della santa, testi sacri e altro. Accanto  il ricordo dell’ispettore Ninni, uno sportivo. Ci si imbatte nella prima  croce di legno riportante la scritta Itinerarium rosaliae. Qua spesso vedo colombi e gatti che consumano insieme il cibo portato da una signora. Alla fine panchine panoramiche, sosta dei pullman per foto spettacolari e ricordi incivili dei palermitani. Dalla quindicesima rampa inizia ad apparire con evidenza il Castello Utveggio, altra intersezione con la strada. In genere gli attraversamenti, brevissimi e sicuri, sono segnati dalle strisce. Nel corso della 16esima breve rampa un materasso abbandonato e altro incrocio con la strada. La 17esima è più lunghetta ma non ripida, si incontra un altro rudere e un albero dove prendere fresco.

Una poesia

Spesso si vedono i muretti delimitanti la strada divelti ma non c’è alcun pericolo. Dopo l’ennesimo incontro con la strada inizia la18esima rampa, poi una deviazione verso l’Utveggio. Nella 19esima contenitore pieno, ce ne sono diversi in tutto il percorso ma non sempre svuotati, e tanti fazzoletti a terra. Dopo la strada inizia il 20esimo tornante, altro rudere e graziosa installazione di marmo con incisa la poesia di Quasimodo. «Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera».  Si passa poi davanti a indicazioni che conducono a sentieri o punti panoramici. Ve ne sono diversi nel percorso. Dopo l’ennesimo attraversamento stradale inizia la 21esima rampa, lunga ma non molto impegnativa. Foto d’obbligo su Palermo, l’Utveggio e il mare. Ultimo incrocio con la strada. La 22esima sezione presenta una ancora più superba visione della città, del castello e del mare. Altra indicazione di sentieri e punti panoramici.

Al cospetto della Santuzza

Pizzo volo  d’Aquila, ex postazione contraarea, e Pizzo Monaco. D’ora in poi nessun altro incrocio con la strada sino alla piazza del santuario, mancano 1,2 chiliometri, da giù sono 2,5 a questo punto. Di fatto l’ultima parte è un unico lungo ma abbordabile sentiero. Un po’ più avanti a sinistra altri ruderi o simili, a destra il Piano della Ciotola, indicato da una torretta. Proseguendo è d’obbligo una sosta.

Da qui si può dipingere il ritratto di una parte della città e del mare di Mondello che sbuca da due montagne. Siamo a 100 metri dall’arrivo, tocco la sbarra verde per tradizione. A sinistra un piccolo balconcino panoramico e poi un punto di osservazione, al momento interdetto, da dove si scorge la parte di città, stadio compreso, che non si vede percorrendo il sentiero principale della Scala Vecchia. Un breve tratto di strada adesso asfaltata, Via al Santuario Croce, e si arriva in piazza con tanti turisti. A sinistra l’incrocio con la strada e poi la scala che porta al cospetto della Santuzza.

Le intenzioni

Percorsa con diversi stati d’animo, insondabili per definizione. Molto spesso vedo persone in ginocchio o scalze fare quest’ultimo tratto, così come tutta l’acchianata ho visto fare senza scarpe. C’è chi viene per turismo, per un ringraziamento, portando un dolore, per devozione,  per una passeggiata. In tempi lontani gli sposi novelli venivano in queste scale a farsi le foto, ad esempio i miei genitori.

Si entra nella chiesa giubilare, in un tavolino il quaderno con le intenzioni e i ringraziamenti. “Grazie Santa Rosalia per aver guarito mio figlio”. “Voglio fare una preghiera perché santa Rosalia protegga tutti”. “Guarisci la mia mamma e allevia le sue sofferenze”. “Oggi sono venuta a trovarti per l’anniversario di morte della mia mamma”. “Ti affidio mio nipote”. “Ti chiedo tanta pace”.

“Per la conversione del mondo intero” “Ti prego per tutti i giovani”. “Ti affidio mia sorella”. “Proteggi coloro che indossano una divisa”.  “Viva Palermo e Santa Rosalia”. “Ti prego per i miei nipotini”. “Una persona cara a tutta la comunità Tamil sta combattendo per ritrovare salute. Ti chiediamo la grazia”. I Tamil, di religione Indù sono molto legati alla santa, acchianano ogni domenica. “Fammi affrontare bene le due prove scritte e l’orale”. Gli ex voto, un marmo che ricorda la visita di Goethe e poi, dentro la piccola grotta, Lei. A sinistra, a pochi metri dall’ingresso, sotto un baldacchino, in una teca in vetro, vi è l’altare con Santa Rosalia giacente, circondata dagli ex-voto. Sfolgorante di preziosità e ricoperta con una lamina d’oro successivamente applicata, con un angelo che l’assiste e sovrastata da un prezioso altare alla cui sommità c’è un tabernacolo e un’altra riproduzione sua.

Al suo cospetto si riflette e si prega in tante lingue. Un ragazzino disabile e una bambina piccola in salute vengono avvicinati. La ruota casuale della vita, che misteriosamente dà e toglie senza possibili spiegazioni. Fuori una panchina con la scritta: Affidiamo Laura, Sara e tutte le vittime di femminicidio a Santa Rosalia, simbolo di donna libera.

Il Belvedere

Le mie acchianate finiscono al Belvedere, qualche chilometro a piedi sempre in salita ma leggera verso piazzale Salvatore Pappalardo, dove il mare è accecante e Santa Rosalia domina nell’ultimo piccolo tratto alla sommità. Dopo di che non si può che scendere verso la città.

Ciascuno si porta appresso scendendo il suo carico di riflessioni, con più leggerezza e consapevolezza. Del resto come diceva mia nonna “o scinniri tutti i santi aiutano”. E nel salire che le cose si fanno nella vita più complesse. I palermitani per affrontare e dipanare la complessità delle salite hanno scelto la Santuzza. Ma, miracoli a parte, potremmo tutti e tutte fare molto di più per Palermo. Santa Rosalia, dall’alto del sacro monte, non potrebbe che esserne contenta e sollevata.


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