venerdì 20 novembre 2009

Tempi dei palermitani, tra privato e pubblico

CENTONOVE
Settimanale di politica, cultura, economia
20 11 09
Pag. 53
Viabilità, il far west dei palermitani
Francesco Palazzo

Non so cosa accade a Catania, a Messina o a Trapani. Ma il tempo, pubblico e privato, dei palermitani presenta caratteristiche davvero strane. L’altro sera riprendo l’auto posteggiata davanti a un ristorante e a un pub, tra i più frequentati ed esclusivi. Una macchina non mi permette di uscire. Attendo una manciata di secondi e già mi pare di aver passato lì la giornata. Neanche il tempo di scendere dall’auto e si presenta il posteggiatore abusivo, con una tempistica da centometrista. Dotto’, un attimo. Entra nel ristorante super lussuoso. Passano due, tre minuti. Riesce fuori, l’orologio gira, non voglio fare questioni, mi limito a suonare timidamente il clacson e attendo. Il nostro uomo del fischietto entra nel pub ed ecco che esce fuori il nostro uomo. Civilmente stava sorseggiando il suo aperitivo. Ovviamente rinforzato. Sono già trascorsi cinque minuti. Faccio capire che qualche parola potrebbe spenderla. Allora, come trafitto da un raggio di luce, spadella con un ghigno, preparato alla colluttazione verbale, la frase tipica del palermitano. Ma perché, è assai che aspetta? Non ho mai capito quanto è questo assai, quanti giri d’orologio devono consumarsi perché il niente passi al poco e questo si trasformi in molto. Forse è solo questione di prospettive. Per esempio, quelle culinarie amplificano le sospensioni sino all’inverosimile. Il giorno successivo all’attesa, per me lunga, per il posteggiatore normale, per l’incivile bevitore di aperitivi inesistente, ecco che ci troviamo davanti a una bancarella di pane con la milza. Il "consatore"di panini si è allontanato da non più di cinque minuti. Facciamo l’ordinazione e attendiamo il suo ritorno per qualche minuto. Nel frattempo arriva una signora, attende meno di un giro d’orologio. Appena il nostro amico si ripresenta nella sua postazione, ecco che gli lancia la più classica tagliatina di faccia sicula. E’ mezz’ora che aspetto, me lo vuole dare questo panino? Il richiamare la mezz’ora è il segnale che fa capire quanto il palermitano sia infastidito oltre ogni limite e pazienza. Non ha importanza se è solo passato qualche minuto, la mezz’ora è una misura dell’anima, soprattutto quando a patirne è lo stomaco vuoto e le papille gustative della signora che già pregustavano la milza. Per la verità, l’imprecazione, per rendere al massimo, deve essere pronunciata in siciliano-panormita stretto. "Avi menzura c’aspiettu, cama a cumminari". Che dobbiamo combinare, deve proseguire ancora quest’offesa? E, arrivati a questo punto, quello cui la frase è diretta, o se la prende in criminale, oppure, come il nostro imprenditore della milza, risponde a tema con ironia. Signora, fa lui, se il tempo lo misurassimo così, camperemmo niente. La serve per prima, in pochi secondi, e la cosa si chiude lì. E sin qui siamo a questioni private. Perché va detto che anche nella dimensione pubblica il tempo è un fattore molto umorale. Prendete le “mezzorate” della legalità. Con esse si riempiono per giorni le pagine dei quotidiani. Sono quei brevissimi spazi temporali in cui qualcuno degli addetti ai controlli sul territorio, decide che in quel caso va sospeso il far west delle regole e si deve applicare la legge. Tutto dura mezz’ora, in questo caso reale. Se la eviti sei a posto. Un esempio. L’altro giorno passavamo dal mercato palermitano domenicale dell’usato di Piazza Marina. Alcuni mesi addietro, dopo una decina d’anni, dal comune avevano obiettato che lì non poteva più stare. Si alzò il fumo della polemica, poi non se n’è saputo più niente. Il tempo della legalità era già scaduto. Anche sulle regole più stringenti, tipo le zone blu a pagamento, a Palermo il tempo è abbastanza elastico. Ne hanno istituite di nuove nella zona residenziale. Perfettamente inutili, servono solo a fare cassa. Ma la data in cui inizieranno a serrare i controlli è stata posticipata. Multe per ora non se ne fanno se si trasgredisce. Serve un periodo di adattamento, come se quella del parcheggio a pagamento fosse una novità mondiale. Non si sa quanto durerà la fase buonista. Ancora continua. A meno che non si capiti nella mezz’ora sbagliata.

1 commento:

  1. Non vale! Avevo intenzione di scrivere un pezzo del genere in "150 parole dalla periferia di Palermo".... Pazienza...mi hai preceduto di una buona mezz'ora! L'articolo è scritto benissimo, complimenti. Quest'anno, a Udine, rimproverata perchè, mentre la mia amica comprava il giornale, sostavo a motore acceso davanti a un passo carrabile, mi chiedevo se poteva esserci una terza via tra l'esasperata e formalistica osservanza della regola da parte dell'udinese e la totale mancanza di senso civico da parte del palermitano...Ci penserò per almeno mezz'ora. Magari scrivendo 150 parole. Abbracci.

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