venerdì 8 ottobre 2010

Vista del Papa: tra latino e repressione, un pallido ricordo di Agrigento

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 38 del 8 10 2010
Pag. 47
Papa, Agrigento è lontana
Francesco Palazzo

Diciamolo chiaramente. Agrigento è rimasta distante da Palermo. Più dei centoventisei chilometri che separano i due capoluoghi di provincia. Sì, alla fine la parola mafia l'ha pronunciata il pontefice, ha anche fatto riferimento a Pino Puglisi. Non chiamandolo servo di Dio però, come quando ha indicato il giudice Livatino. Non è un volere spaccare in quattro il capello. Ma un preciso segno che la causa di beatificazione del parroco di Brancaccio resta impantanata a Roma. Per il resto, questo papa ha letto diligentemente, sia nell'omelia che nel discorso ai giovani, i testi che gli avevano preparato, senza mai lasciarsi andare a qualche spunto spontaneo e personale. In fin dei conti, ciò che è rimasto del grido di Giovanni Paolo II ad Agrigento, è stata proprio la sua capacità di mettere da parte il catechismo e guardare negli occhi la Sicilia. Poi si deve dire che questo riferimento alla mafia, come un generico male cui opporsi, è datato. Wojtyla aveva inveito contro i protagonisti della stagione stragista. Domenica ci si attendeva un salto di qualità, un accenno deciso alla dimensione politica della questione. E non è che nelle primissime file, durante la messa mattutina, mancassero soggetti ai quali far giungere qualche colpo, s'intende cristiano e pacifico, di fioretto. Da punto di vista liturgico, poi, non si può non rilevare che la liturgia eucaristica, ossia la seconda parte della messa, pronunciata in latino, davanti a un pubblico così vasto, non fa che veicolare un tipo di chiesa abbastanza preciso. Da una parte i chierici, che anche nel linguaggio si differenziano, dall'altra tutto il popolo. Poi c'è da dire che l'apparato di sicurezza è sembrato in certi momenti esagerato. Pensate, quando il papa è arrivato la mattina a Palermo, i due piccoli che erano lì pronti con due doni, si sono avvicinati loro presso la papamobile, a Benedetto XVI non è stato permesso di fare neanche pochi metri per andare lui verso i due pargoli. Stessa separatezza per i prelati, i vescovi delle diocesi siciliane. Mi è sembrato davvero esagerato che non sia venuto loro spontaneo, dopo la messa, fare a piedi, in mezzo alla gente, con i fedeli, quelle poche centinaia di metri che separano il Foro Italico dal Duomo palermitano. Sono passati chiusi in un pullman, benedicenti e salutanti, come tanti burocrati del vangelo che non vogliono mischiarsi con la folla. Motivi di sicurezza anche in questo caso? E, in ogni caso, va detto che una cosa è mettere in moto l'apparato di controllo e prevenzione che il caso richiedeva, un'altra procedere, come è stato fatto, a indiscriminate e ingiustificate azioni di vera e propria repressione. Come quella che ha permesso, all'intelligence disseminata sul territorio palermitano, di sequestrare ad una libreria, Altroquando, un cartello, sistemato all'interno della vetrina del negozio, e le locandine della mostra “La papamobile del futuro”. Così come è stato fatto togliere, con telefonate durante la notte, ed infine con l'intervento dei vigili del fuoco, uno striscione sistemato al Foro Italico che citava, nientemeno, un passo, evidentemente ritenuto blasfemo, del vangelo di Matteo. “La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri”, ecco la frase. La vogliamo citare perché almeno da qui nessuno la può togliere. Sino ad oggi. Perché in Sicilia, e qui la visita del papa c'entra poco, si è inaugurata la prassi della censura preventiva ai giornali che ancora devono andare in stampa. Ma questa è un'altra storia. Fa parte della normalità alla quale ci dobbiamo riabituare dopo una giornata in cui Palermo, e con essa tutta la Sicilia, è sembrata una bella città. Pulita, lucida, ordinata e tranquilla. E forse il vero scandalo, più che in quanto si è speso per la visita papale, sta proprio nel constatare che quando si vuole, cioè per nove ore in dieci anni, anche un'amministrazione, incapace a tutto e capace di tutto, può, ma solo se costretta, fare il proprio dovere.

Nessun commento:

Posta un commento