sabato 22 gennaio 2011

La mafia fa (ceva) schifo.

Repubblica Palermo
Dietro lo slogan rimane l' intreccio

16 novembre 2005 — pagina 1
Francesco Palazzo


«La mafia fa schifo». Lo slogan della presidenza della Regione intende rappresentare la voglia diffusa di liberarsi dal dominio mafioso, dando per scontato che tale aspirazione è ormai patrimonio dei siciliani. Inoltre vorrebbe comunicare che pezzi significativi della classe dirigente regionale si sono affrancati da legami, connivenze e collusioni. L' operazione potrebbe avere un fondamento se gli assunti fossero, per così dire, riscontrabili. E' quindi il caso di verificare se la doppia certezza abbia dei presupposti certi o se invece sia solo un grande abbaglio. Intanto occorre dire che l' iniziativa denuncia una visione folcloristica della mafia. La si considera come un oggetto esterno, piovra o cancro che sia, e su di essa ci si diletta a esprimere tutte le considerazioni di questo mondo. Può fare schifo e ribrezzo solo ciò che non ti appartiene, che non fa parte della tua cultura, un qualcosa che puoi guardare dall' alto in basso con commiserazione. Dal punto di vista culturale e storico sostenere che la mafia fa schifo è come affermare che gli scarafaggi fanno venire il voltastomaco o che quel particolare quadro è orribile. Ma la mafia è alla stessa stregua di un animale indesiderato e non voluto o di un opera artistica appesa a una parete, che si possono guardare e giudicare scrollandosi le spalle così come si fa con la forfora? La mafia, Cosa nostra, è sempre stata in Sicilia un fatto di classi dirigenti, che l' hanno pasciuta e fatta crescere, con rapporti bilaterali consenzienti e sistematici, che hanno visto coinvolti le istituzioni, i partiti, le professioni, l' economia. Allora più che dire la mafia fa schifo, occorrerebbe assumersi le responsabilità di eventuali errori o sottovalutazioni. Forte del benestare trovato in questi settori la mafia, ieri come oggi, ha cercato e trovato il consenso presso le fasce popolari. Basta ricordare le utenze pagate in silenzio a Cosa nostra da alcuni stabili dello Zen o è sufficiente farsi un giro nelle periferie palermitane, per verificare che non è proprio lo schifo il sentimento che il popolo prova nei confronti della criminalità organizzata. Il primo assunto, quindi, e cioè che il popolo siciliano provi schifo verso la mafia, è molto lontano dal verificarsi. Tale moto di ripugnanza appartiene solo a un esiguo spaccato di società isolana. Se tale minoranza si avviasse a diventare maggioranza, noteremmo tutti i segni quotidiani evidenti di tale inversione di tendenza. Che non ci sono. Il secondo assunto, ossia che la classe dirigente si è liberata da contiguità con il mondo criminale è ancora più indimostrato del primo. Proprio i fatti più recenti, come l' arresto ieri di un deputato, sono un segno evidente. La sensazione è che la mafia continua a prosperare proprio in quanto non si riesce a sciogliere il nodo che la lega alla politica. Le cronache giudiziarie, giornalistiche, il senso comune e ciò che sappiamo, ci dicono che la politica è ancora fortemente condizionata e condizionabile da Cosa nostra. Si badi bene, non si tratta solo di vicende personali, ma di un sistema forte, strutturato, del quale vediamo solo gli aspetti che giungono agli onori della cronaca. I partiti non sono ancora riusciti a darsi un codice etico di autoregolamentazione. Un insieme di regole condivise, in grado di dare autonomia decisionale alla politica rispetto all' azione repressiva e giudiziaria. Se non avverrà ciò, da un lato avremo la mafia come corpo esterno che fa schifo, dall' altro ognuno se la vedrà con il tribunale della propria coscienza e il cerchio si chiuderà. Ma poi, cosa significa affermare che la mafia fa schifo come fenomeno generale? Bisognerebbe restringere il cerchio e vedere se, allo stesso modo, facciano schifo anche i mafiosi in carne e ossa, gli affari legati alle loro attività e il consenso elettorale che sono in grado di determinare. I rapporti, le contaminazioni, gli affari si svolgono non con la «mafia» entità astratta, ma con specifici segmenti del mondo criminale. Da questi ultimi ci si deve emendare pronunciando parole precise, nei tribunali e davanti all' opinione pubblica. Per tutti c'è l' esempio di Peppino Impastato: lui scriveva che la mafia è «una montagna di merda», ma, poiché aveva la coscienza pulita non si limitava a un' accusa generica: combatteva i mafiosi in carne e ossa, anche a costo di pagare un prezzo altissimo verso gli affetti familiari. Che la mafia faccia schifo i mafiosi lo sanno già. è proprio questo schifo che vendono e che moltissimi ancora acquistano, facendo pagare a questa terra un prezzo altissimo.

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