LIVESICILIA
31 10 2012
PD, NIENTE DA FESTEGGIARE
Francesco Palazzo
C'è chi addirittura, per commentare la vittoria di Pd e Udc alle regionali del 28 ottobre, ha scomodato l'affermazione delle liste del Blocco del Popolo dell'aprile del 1947. Ma dovrebbe essere chiaro un po' a tutti gli attori della scena politica che al massimo possono provare a scrivere la cronaca. La storia è un'altra cosa. Anche la vittoria di Orlando era stata salutata dall'attuale sindaco come un passaggio dalla seconda alla terza repubblica. Ora il suo partito, Italia dei Valori, non arriva neppure al cinque per cento alle regionali e supera, di pochissimo tale asticella soltanto a Palermo. Elezioni che vanno, elezioni che vengono. Stiamo alla cronaca, per la storia c'è tempo. E la cronaca ci dice che i due grossi partiti che si erano dati battaglia nell'assemblea regionale della legislatura appena finita, ossia il Pd e il Pdl, perdono consensi e deputati. Per i berlusconiani è un tracollo, ma anche i democratici, appena finiscono di festeggiare, potrebbero avere motivo di riflessione su tale esito uscito dalle urne di fine ottobre. Il partito di Bersani, a livello nazionale, viaggia al 27 per cento e quello siciliano viene relegato ad una cifra che è esattamente la metà. Poi c'è la questione della Sicilia laboratorio, che anticipa sempre. In realtà, proprio per la frammentazione che ha caratterizzato queste elezioni siciliane, è davvero difficile che tale quadro possa ripetersi quando si voterà alle politiche. Idv e Sel sono ai minimi termini.
Ormai la sinistra nella nostra regione ha davvero un rilievo di pura testimonianza. Nelle stesse elezioni amministrative palermitane di primavera, una parte si è persa dietro la candidatura di Ferrandelli, l'altra non è riuscita neppure a sfruttare l'onda lunga del successo di Orlando, fermandosi sotto la soglia di sbarramento. E' una famiglia politica, quella della sinistra siciliana, vecchia, con poche idee, molto settarismo e appena una manciata di voti. Ci vorrebbe qualche iniezione di modernità nel linguaggio e di riformismo nelle azioni. Ma non c'è neppure un minimo di furbizia elettorale. Nelle regionali del 2006, dipietristi e sinistra, uniti, andarono oltre il 5 per cento, oggi e nel 2008 hanno deciso di cambiare schema e per la seconda volta consecutiva sono fuori dall'Ars. Una novità il voto di domenica ce la consegna. Per la prima volta, era accaduto con Orlando, con la Borsellino, e in misura minore con la Finocchiaro, il candidato del centrosinistra, con solo uno 0,1% in più, prende sostanzialmente quanto il suo schieramento. In genere stacca i partiti che lo sostengono, anche se per poco, come accaduto nel 2008. C'è da dire, però, che in questa occasione la lista del presidente (6,2%) raggiunge il risultato più rilevante rispetto a quanto avvenuto con la Borsellino (4,9%) e con la Finocchiaro (3,1%).
Il fenomeno contrario si è verificato per il candidato del centrodestra, Musumeci. Generalmente, in questo schieramento politico sono le liste a trascinare i candidati alla presidenza, che si posizionano diversi punti sotto le loro coalizioni. Stavolta, al contrario, Musumeci ha staccato di un punto la somma delle liste alle quali era collegato. Perciò ha più di una ragione ad avercela con il Pdl. Dal punto più strettamente politico, molti osservatori preconizzano un sistema di alleanze molto simile a quello appena archiviato. Può essere che accada, ma adesso è il Pd, che è riuscito ad entrare al governo dalla porta principale, e non gli autonomisti, ad avere il coltello dalla parte del manico. E potrebbe non essere esattamente la stessa cosa del film già visto. Occorrerà vedere la squadra completa degli assessori e poi le politiche che si realizzeranno nei vari settori. Sperando che si cominci col dire la verità sulla situazione finanziaria della regione. Ovviamente, sul banco di prova sono anche i quindici deputati grillini eletti. Dal dire al fare c'è spesso di mezzo il mare, in Sicilia può esserci anche l'oceano. Sull'astensionismo, non è il caso di arrovellarsi più di tanto. Pensate che con il 64,1 per cento, nel 2008, si è parlato di una partecipazione record alle elezioni presidenziali americane. Che contano un po' di più delle regionali siciliane. Con tutto il rispetto per chi si sente già nella storia e che ci auguriamo sappia invece regalarci qualche sprazzo di buona cronaca. Un dato certo già c'è. Il presidente eletto dovrebbe regalarci cinque anni tranquilli dal punto di vista giudiziario. Non sarà tanto, ma intanto accontentiamoci di questo. Ora è il momento di passare dagli slogan ai fatti. Prima di dire che la mafia può fare le valigie è andare via, ne deve passare di acqua sotto i ponti della politica siciliana.
Ormai la sinistra nella nostra regione ha davvero un rilievo di pura testimonianza. Nelle stesse elezioni amministrative palermitane di primavera, una parte si è persa dietro la candidatura di Ferrandelli, l'altra non è riuscita neppure a sfruttare l'onda lunga del successo di Orlando, fermandosi sotto la soglia di sbarramento. E' una famiglia politica, quella della sinistra siciliana, vecchia, con poche idee, molto settarismo e appena una manciata di voti. Ci vorrebbe qualche iniezione di modernità nel linguaggio e di riformismo nelle azioni. Ma non c'è neppure un minimo di furbizia elettorale. Nelle regionali del 2006, dipietristi e sinistra, uniti, andarono oltre il 5 per cento, oggi e nel 2008 hanno deciso di cambiare schema e per la seconda volta consecutiva sono fuori dall'Ars. Una novità il voto di domenica ce la consegna. Per la prima volta, era accaduto con Orlando, con la Borsellino, e in misura minore con la Finocchiaro, il candidato del centrosinistra, con solo uno 0,1% in più, prende sostanzialmente quanto il suo schieramento. In genere stacca i partiti che lo sostengono, anche se per poco, come accaduto nel 2008. C'è da dire, però, che in questa occasione la lista del presidente (6,2%) raggiunge il risultato più rilevante rispetto a quanto avvenuto con la Borsellino (4,9%) e con la Finocchiaro (3,1%).
Il fenomeno contrario si è verificato per il candidato del centrodestra, Musumeci. Generalmente, in questo schieramento politico sono le liste a trascinare i candidati alla presidenza, che si posizionano diversi punti sotto le loro coalizioni. Stavolta, al contrario, Musumeci ha staccato di un punto la somma delle liste alle quali era collegato. Perciò ha più di una ragione ad avercela con il Pdl. Dal punto più strettamente politico, molti osservatori preconizzano un sistema di alleanze molto simile a quello appena archiviato. Può essere che accada, ma adesso è il Pd, che è riuscito ad entrare al governo dalla porta principale, e non gli autonomisti, ad avere il coltello dalla parte del manico. E potrebbe non essere esattamente la stessa cosa del film già visto. Occorrerà vedere la squadra completa degli assessori e poi le politiche che si realizzeranno nei vari settori. Sperando che si cominci col dire la verità sulla situazione finanziaria della regione. Ovviamente, sul banco di prova sono anche i quindici deputati grillini eletti. Dal dire al fare c'è spesso di mezzo il mare, in Sicilia può esserci anche l'oceano. Sull'astensionismo, non è il caso di arrovellarsi più di tanto. Pensate che con il 64,1 per cento, nel 2008, si è parlato di una partecipazione record alle elezioni presidenziali americane. Che contano un po' di più delle regionali siciliane. Con tutto il rispetto per chi si sente già nella storia e che ci auguriamo sappia invece regalarci qualche sprazzo di buona cronaca. Un dato certo già c'è. Il presidente eletto dovrebbe regalarci cinque anni tranquilli dal punto di vista giudiziario. Non sarà tanto, ma intanto accontentiamoci di questo. Ora è il momento di passare dagli slogan ai fatti. Prima di dire che la mafia può fare le valigie è andare via, ne deve passare di acqua sotto i ponti della politica siciliana.
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