La Repubblica Palermo
7 luglio 2015
SE IL VESCOVO FOSSE SCELTO DAI FEDELI
Francesco Palazzo
L'UNIVERSITÀ di Palermo, chiamando a raccolta 2.559 elettori, ha un nuovo rettore. Un esercizio di democrazia che darà forza e autorevolezza, anche per il grande consenso raccolto alla nuova guida dell'Ateneo palermitano. C'è un'altra istituzione, la diocesi di Palermo, che, dopo le dimissioni per limiti di età dell'attuale arcivescovo Paolo Romeo, attende da tempo l'indicazione del nuovo pastore della Chiesa. Non sappiamo che tipo di riforma e con quali tempi si potrebbe configurare una situazione in cui una platea di sacerdoti, religiosi e religiose, laici che hanno incarichi nelle parrocchie, diaconi, ministri straordinari dell'eucaristia, catechisti e catechiste, capi di gruppi scout presenti in vari contesti parrocchiali, rappresentanti di parrocchie e altre figure interne alla gerarchia ecclesiastica palermitana, possano eleggere da una rosa di nomi, proposti da Roma, almeno tre, di cui uno espressione della Chiesa locale, il loro capo spirituale. L'attuale Pontefice ci sta abituando a tante novità teoriche e pratiche su diversi campi. In questo settore, peraltro, non ci sarebbe da inventarsi nulla di nuovo. Né dal punto di vista della prassi né da quello teologico. Nella Chiesa delle origini il vescovo era eletto dal clero e dal popolo. Non si tratterebbe di consentire a chiunque di partecipare alle elezioni: l'elettorato attivo sarebbe composto soltanto da alcune migliaia di votanti che vivono, con diversi carismi e funzioni, la realtà ecclesiale di determinati contesti geografici, sociali e pastorali. Spesso dai pulpiti delle cattedrali si ascoltano condivisibili critiche, da parte di vescovi e cardinali, nei confronti del potere civile eletto nelle istituzioni che talvolta, e in Sicilia spesso, non fa il proprio dovere di amministratore oculato ed efficiente. Ma ci si dimentica in questi casi che, pur proferendo parole di vera e viva preoccupazione verso le comunità civili, si considera il proprio essere immersi nel mondo e nella società come un qualcosa di distaccato, che non è tenuto a rispettare neppure l'elementare regola della democrazia interna nella scelta dei vertici delle diocesi. Conosciamo le obiezioni principali a questa proposta. La prima è che la fase elettorale tende a essere divisiva e che la Chiesa deve conservare, apparentemente, l'unità attraverso una scelta proveniente dall'alto. Sennonché le divisioni all'interno delle varie comunità diocesane, e persino parrocchiali, sono all'ordine del giorno. Spesso si alimentano di dicerie e anonimi che confermano l'esistenza di un universo frammentato di fatto. La scelta dal basso comunque avrebbe il timbro di un corpo elettorale che potrebbe rafforzarsi e trovare unità praticando un metodo condiviso e inclusivo, rispettando poi l'esito della consultazione. Una seconda obiezione è che questa pratica sarebbe uno scimmiottamento della politica, dove non sempre gli eletti sono i migliori, sia dal punto di vista dello spessore umano e morale che da quello professionale e operativo. Questo può rispondere talvolta a verità. Ma sarebbe un buon motivo per sospendere i procedimenti elettorali e accettare nominati dall'alto a tutti i ruoli di vertice, solo per scongiurare il rischio che i peggiori abbiano la meglio sui migliori? E poi chi lo dice che un nominato, seppure dal soglio papale, sia più adeguato di un eletto? Insomma, questo papato potrebbe (re)introdurre, anche in tempi non necessariamente lunghi, una pratica di questo tipo. Darebbe un ruolo non di mero esecutore a un vasto potenziale elettorato cattolico e avvicinerebbe, in un frammento cruciale, la democrazia praticata, e anche rischiosa, le istituzioni civili e quelle religiose. E renderebbe anche più credibili le critiche che spesso i principi della Chiesa svolgono nei confronti degli amministratori della cosa pubblica.
Come hai anche tu sollineato, non sempre le scelte della maggioranza sono le migliori; ma credo che una prassi di scelte, di prassi e di condivisione democratica nella Chiesa cattolica sia ineludibile, urgente e necessaria.
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