La Repubblica Palermo - Pag. I
13 ottobre 2016
Se il ponte è un alibi
Francesco Palazzo
Il dibattito riguardante il ponte sullo stretto celebra sempre la sua penultima puntata. Ora le acque si stanno calmando dopo l’ultima presa di posizione favorevole del presidente del consiglio Matteo Renzi. Ma state certi che il battaglione dei siciliani, che sanno dalla a alla z di cosa è priva la nostra regione, sparerà sempre come un sol uomo. Le risposte negative dei siciliani sulla questione sembrano essere due. Ma la sentenza è sempre la stessa. Al fondo, come cercheremo di argomentare, c’è una ragione consistente quanto una balla di zucchero filato. Ci sono i siculi che esordiscono: premetto che sono d'accordo. Ed è come quando il tuo interlocutore inizia con l'excusatio non petita di avere un sacco di amici gay, che tu ti allarmi subito e fai bene. Dopo la premessa ti sciorinano una serie interminabile di cose che mancano nella nostra regione e che andrebbero fatte prima. Tanto che non capisci più cosa voglia dire quel sì. Poi ci sono i no da cui ottieni ragioni tecniche e ambientaliste, che sono però soltanto un preambolo per dipingere, che ve lo dico a fare, la solita lista della spesa di ciò che non c'è in Sicilia. Non vogliamo accennare ai risvolti tecnici e ambientalisti della grande opera. È un ginepraio dal quale è difficile uscire in buona salute. Basta dire che altri ponti simili, o più sfidanti dal punto di vista delle condizioni ingegneristiche o ambientali, sono stati innalzati in altre parti del mondo senza mettere in tavola tragedie da cavalleria rusticana. Per fare un solo esempio, ma potrebbero essere diversi, potremmo riferirci alla grande opera che collega la Svezia alla Danimarca. Realizzata con l'ingegno italiano e che un'amica ci descriveva entusiasta di ritorno da un viaggio. Chiedendosi perché in altri posti sì e da noi no. Altrove le cose semplicemente si fanno o non si fanno, qui ci ubriachiamo da tempo immemore di parole, chiacchiere e distintivi. Che se ci fanno il ponte test in qualche posto di blocco ci ritirano macchine, patenti e salvagenti. Ma il punto su cui vogliamo riflettere è un altro. Ed ha la forma della consueta litania, prima descritta, che si alza alta in cielo ogni volta che qualcuno pronuncia la parola ponte. Ma come, in Sicilia manca tanto e voi ci volete costruire il ponte sulla testa? Scherzate o dite vero? Il punto è capire perché quello di cui siamo sprovvisti non si è fatto nei 70 anni di autonomia speciale. Chi lo ha impedito? Probabilmente la dea bendata, o il destino cinico e baro, hanno reso vani gli sforzi. Eppure sono passati e passano sotto il nostro naso miliardi provenienti dallo stato e dall'Unione Europea. In altri posti hanno utilizzato questi fondi per progredire e tenersi i giovani che da noi fuggono, come riportato da questo giornale citando dati recenti della Fondazione Migrantes. In realtà, e lo sappiamo bene, questo contrapporre quello che non c'è all'idea del Ponte è solo una grande ipocrisia. Diciamolo chiaramente, allora. I soldi per fare altro in Sicilia in questi sette decenni repubblicani sono arrivati a fiumi e ne continuano ad arrivare. Se non si sono fatte le cose che ci servirebbero, ma anche qui si potrebbe discutere, perché non tutto in Sicilia è con il segno negativo, l'innocente ponte non c'entra assolutamente nulla. La questione del ponte richiama dunque non le colpe di Roma su quanto non ci ha concesso, ma le responsabilità di tutti noi abitanti di questa regione. Quello che siamo o non siamo, che abbiamo o che non abbiamo rappresenta la biografia di un intero popolo. Una decina di anni addietro venni invitato da un'associazione di sinistra a discutere di alcuni argomenti. Tra questi il ponte. Dissi, di fronte ad un uditorio che si aspettava parole diverse, che quel no al ponte era una battaglia ideologica di retroguardia e che avremmo fatto bene a guardare le nostre eventuali disattenzioni su tutto il resto. Fui redarguito e si guardarono bene dall'invitarmi una seconda volta. Molti siciliani da quella posizione di retroguardia non si sono più mossi invecchiando insieme ad essa.
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