La Repubblica Palermo – 2 ottobre 2019
Se un inchino non basta a raccontare i
quartieri
Francesco Palazzo
Nel giorno della ricorrenza di Padre Pio, 23 settembre, abbiamo registrato
la virtuosa fermata del fercolo, con la statua del santo, davanti alla stazione
dei carabinieri allo ZEN. Sabato l’operazione antidroga al Borgo Vecchio, con i
bambini e i ragazzini coinvolti nello spaccio e in qualità di vedette sul
territorio. Situazione della quale ci ha parlato ieri Salvo Palazzolo su
Repubblica Palermo, con un reportage da leggere se a qualcuno fosse sfuggito. Ieri
un’altra operazione di polizia sempre sul fronte stupefacenti. Che sembrano
tornati ad essere, dicono investigatori e magistrati, la fonte di più immediato
guadagno e di esponenziale approvvigionamento, visti i lauti introiti, per le
cosche. Questo intanto ci dice che la mafia, magari azzoppata, costituisce
ancora per tante famiglie un riferimento costante e quotidiano. Non soltanto da
un punto di vista culturale, ma proprio come possibilità di conduzione delle
vite familiari. La domanda seguente non ci pare perciò fuori posto. Cosa è
prevalente, tra racket, droga, omertà, da un lato, e voglia di riscatto
dall’altro, nei quartieri di Palermo, anche quelli vicinissimi al salotto della
città, come il Borgo o Ballarò? La risposta è abbastanza complessa e nessuno ha
il diritto di tagliare con l’accetta questa o quella comunità rionale. Una cosa
è certa, però. Si dovrebbe stare abbastanza lontani, mille miglia distanti,
dalle grida di giubilo per una statua che fa l’inchino giusto in mezzo ad altri
sbagliati, ma non meno sentiti, sotto certi balconi in altre processioni. Ma
subito, al mutare di una virgola, osserviamo rivendicazioni inneggianti a
cambiamenti di prospettiva e di vita, piene di retorica. Che non ci serve, se
non per i cinque minuti che occorrono a gonfiarsi il petto. Così come si
dovrebbe tenere a distanza la reazione di sostanziale silenzio per la
"fisiologica" (evidentemente ritenuta tale) e devastante situazione
di un quartiere, Borgo Vecchio appunto. Che però non è l’eccezione a Palermo,
ma purtroppo una fotocopia di altri contesti dove ti attendono guardie per
segnalare presenze scomode o non conosciute e perciò potenzialmente pericolose.
Sia chiaro, non possiamo disconoscere o sottovalutare quanto di buono c’è in
tutti i quartieri o quanto si sta facendo per promuoverli. Penso a Danisinni e
alla stessa zona di Ballarò. Ma, ecco, occorre prudenza, senso della realtà e capacità di saper
riconoscere i cambiamenti strutturali dalle evidenze contingenti e fuggevoli,
che sono come le singole rondini, non fanno primavera. Mentre molta parte di
Palermo, in periferia come al centro (basta vedere gli inchini che fa molta
borghesia palermitana agli estorsori parcheggiatori sotto casa), è ancora
impegnata con l’inverno di dinamiche sempre uguali a se stesse. Troppi inchini
e genuflessioni ci sono ancora verso la cultura e le dimensioni militare,
criminale ed economica di Cosa nostra per potere afferrare un filo più benigno
ed avvolgere il tutto come un pacco regalo con il primo foglio che capita.
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