La Repubblica Palermo – 17 ottobre 2019
Mandare al voto i sedicenni farebbe bene
alla democrazia
Francesco Palazzo
Sulla proposta di estendere a chi ha
compiuto sedici anni il diritto di presentarsi alle urne, moltissimi elettori
maturi hanno aperto, anzi tanti sembra che proprio vogliano scriverli, i
trattati di pedagogia. Volete, del resto, che in una nazione colma di ottimi
allenatori della nazionale, non vi siano pure milioni di soggetti con
straordinarie teorie educative da propinare al mondo intero? Senza por tempo in
mezzo e con estremo sprezzo del pericolo (mentre quelli che mancano, come qui
scriveva Stefania Auci, sono semmai i buoni esempi), ci si è subito attrezzati
per alzare muri tra i ragazzi e le ragazze che hanno sedici anni e i seggi.
Motivazione? Non hanno le basi per capire e scegliere. E qua ci pare che molti
mettano in rilievo le proprie carte d’identità formative. Perché almeno i
sedicenni a scuola ci vanno. E qualcosa, più o meno, se noi adulti siamo bravi
(ma lo siamo?) a fare emergere il loro spirito critico e la curiosità ad
approfondire, la imparano. Al contrario, dobbiamo ammetterlo, c’è molta ignoranza
— ad esempio non toccano un libro o un giornale da prima che cadesse il muro di
Berlino — tra chi ha superato i quaranta. Insomma, forse sarebbe meglio non
usare questa argomentazione. Sia chiaro, capire la politica non è semplice,
social a parte, è ovvio. Perché, ad esempio su Facebook, e sempre nel mondo di
quelli che hanno qualche capello bianco, si vede e si legge di tutto. Molti
potrebbero pure non pranzare e cenare, considerata la voracità di fake news che
possiedono. E pure quando, sempre gli adulti, pensano di capirne qualcosa,
quasi mai che discutano di politiche specifiche. Parlano solo di persone:
quella mi piace, quell’altra meno. Dimenticando che la politica è composta al
90 per cento da come spendi i soldi pubblici e solo in minima parte coincide
con quanto dichiarano i rappresentanti di istituzioni e partiti. Ma anche
l’istruzione elevata non è, parliamo sempre dei grandi, garanzia di buona
comprensione dei numeri delle politiche e di conseguente voto coerente. Per
dire, in una regione come la nostra, malata di assistenzialismo, molti elettori
colti seguitano a votare, mistero della fede, per coloro che quelle misure
assistenzialistiche continuano, per carità in maniera legittima, a proporre. Allora,
piuttosto che sostituirci ai sedicenni, decidendo dai precari pulpiti dell’età
vegliarda ciò che possono fare sull'argomento specifico, vediamo direttamente
cosa ne pensano chiamandoli all'elettorato attivo. E, perché no, almeno nei
comuni, dai sedici e sino alla soglia dei diciotto, a quello passivo,
preparando sul campo nuova classe dirigente. Sicuramente ciò comporterebbe un
innalzamento di attenzione verso le cose della politica e accrescerebbe il
bagaglio conoscitivo di tutto il Paese, a patto che pure gli adulti
ricomincino, ammesso che l’abbiano mai fatto, a studiare. In Sicilia c’è una
grande questione: i giovani se ne vanno pieni di sapere o per andare a
conquistarlo altrove insieme al lavoro. Invece di far decidere solo ai padri,
che per inciso gli stanno consegnando un debito pubblico enorme, o ai nonni,
che magari sono andati in pensione a 50 anni lasciando un bel buco da riempire
ai nipoti, quali possano essere le politiche più adatte per arginare tale
esodo, facciamo che anche quelli che si preparano ad andarsene possano votare
per questa o quella parte politica che propongano strumenti, più o meno
adeguati, per fermare tale emorragia. Poi, sul diritto di voto in generale,
sarebbe meglio non avanzare impedimenti a nessuno. Anzi, proprio per stimolare
crescita culturale in campo politico e partecipazione, il passaggio alle urne
dovrebbe essere obbligatorio. Tanto c’è persino, oltre le scelte di annullare
il voto o lasciare la scheda bianca, la possibilità di rifiutarla non entrando
nel numero dei votanti. Piena libertà d’espressione, ma un cittadino non può
starsene sul divano il giorno in cui si vota. Estendere ai sedicenni il diritto
di voto favorirebbe nel Paese un dibattito e un avvicinamento verso quella che
rimane la pratica più importante nei sistemi democratici.
Caro Francesco, nel tuo articolo metti tanta carne al fuoco. Bisognerebbe analizzare le questioni una per una. Perchè non proponi o organizzi un dibattito pubblico in tal senso? A mio sommesso avviso, il diritto/dovere di voto andrebbe ripensato. Ma bisognerebbe, appunto, discuterne in un contesto adeguato.
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