La Repubblica Palermo – 2 novembre 2019
Quei laici bigotti che condannano le suore
mamme
Francesco Palazzo
Che novità viene a
rappresentarci la circostanza che due donne sono incinte? Capita in ogni
famiglia. In questi casi ci si felicita e si porgono i migliori auguri alle
future mamme e a coloro che verranno al mondo, conclusa, si spera bene, la
gestazione. Tranne che non accada a una suora. In Sicilia gli ultimi due casi.
Nel Messinese e nel Ragusano. Ovviamente i social network si sono scatenati. I
commenti, molto al di sotto della cintura e del minimo sindacale di decenza, si
moltiplicano. Si viene messi alla berlina, con espressioni irripetibili e
disumane, solo per il fatto che capita di vivere la cosa più naturale che possa
accadere: diventare madre. Anzitutto possiamo notare che a vivere la dimensione
sessuale come una colpa e un tabù non sono soltanto gli ambiti strettamente
clericali ma pure ampi, laicissimi e moderni strati di popolazione che vivono
fuori dalle sagrestie. Poi non si capisce il motivo dell’inconciliabilità tra
fede consacrata e amore per un’altra persona e per i figli, anche se da questo punto
di vista, e sul diaconato alle donne, buone notizie arrivano dal Sinodo
Panamazzonico. Inoltre, ci si può domandare perché quando un prete o un frate
vanno via per motivi sentimentali si dice che ha prevalso l’amore. Le donne,
invece, sono schiacciate sotto vagonate di violenza verbale, che è come quella
fisica. Altro aspetto da rilevare è che si tende a sottolineare in simili
occasioni, cosa che non si fa quando sono coinvolti uomini, sacerdoti o
religiosi, la bontà delle realtà ecclesiali in cui hanno svolto il loro
ministero: «Però era una brava ragazza...». Come se i frutti dell’amore che
crescono dentro un grembo sporcassero il terreno circostante. Ma per quale
motivo una donna in gravidanza dovrebbe pregiudicare il buon nome di qualcosa o
inquietare una comunità, quasi si trattasse di pedofilia o di reati gravi e
disonorevoli? Viene fuori un modello culturale, ancora dominante, che vede la
donna in una situazione di grave e persistente minorità. Sia tra i santi che
tra i fanti.
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