mercoledì 13 maggio 2020

Dopo il Covid 19 cercheremo il passato o andremo avanti?


La Repubblica Palermo – 12 maggio 2020
Come sfruttare la tecnologia quando finirà l’emergenza
Francesco Palazzo
Tutti sentiamo la necessità di una vita con ritmi diversi e nuove consapevolezze. Non possiamo proseguire come se la pandemia non ci stesse interpellando nel profondo. La tecnologia, in questo passaggio storico, è una fondamentale alleata. Sarebbe, ad esempio, non comprensibile se ritornassimo alla vita lavorativa con i vecchi arnesi. Stiamo scoprendo, ma in fondo lo sapevamo già, che si può lavorare dalle nostre dimore. Per le pubbliche amministrazioni questo vorrebbe dire, pensando al dopo, se ben gestito, un aumento della qualità del lavoro e un risparmio di risorse. I bilanci sono ingessati da spese correnti, legate anche al funzionamento delle strutture. Lo smart working consentirebbe di avere notevoli abbattimenti in termini di possesso e mantenimento di tali luoghi. Rendendoli più snelli e liberando fondi da destinare allo sviluppo. Si dovrebbe procedere a una riorganizzazione del lavoro. Siamo in emergenza, ma successivamente si potrà pianificare meglio il lavoro agile, sfruttando a pieno regime reti, piattaforme, software e processori, al fine di rendere più agevoli e veloci servizi ai cittadini. Anche l’aspetto spirituale ha mutato forma. Grazie a dispositivi sempre più sofisticati, che ormai pure i nostri anziani maneggiano bene, abbiamo visto che la religiosità può essere vissuta pur nel distanziamento fisico. Prendiamo atto che la Chiesa cattolica, la quale con le chiese vuote è riuscita a parlare al mondo meglio di prima, anche a coloro che non le frequentano, si sta mettendo al sicuro tornando il 18 maggio alle celebrazioni, legittime e necessarie per i credenti, sia chiaro, nei templi con i fedeli. In un momento, però, in cui nessuna assemblea pubblica è autorizzata e non attendendo dunque che tutto il popolo fuori dalle sagrestie sia nelle stesse condizioni di agibilità. A parte la forma, c’è sostanza sulla quale riflettere. Tornare a chiudersi nelle chiese è uno schema vincente? Sarebbe più conducente aggiungere altre dimensioni più orizzontali nel rapporto Chiesa-mondo, tema centrale del Concilio Vaticano II. Un sacerdote, in questi mesi, ha mandato messaggi segnalando le letture domenicali da meditare nello stesso momento e poi commentare condividendo i pensieri. È un modo, tra i tanti, per rendere la vita delle comunità cattoliche sempre meno legata alle gerarchie clericali. Un altro settore toccato dall’impossibilità di stare insieme è quello della scuola. Limitandoci alle superiori e alle università, perché per i più piccoli il ragionamento sarebbe complesso, si è visto che l’insegnamento e l’apprendimento possono essere validati senza l’interazione fisica. Che non va eliminata, ma tarata secondo criteri che non siano "io parlo e voi ascoltate", perché si può fare pure da casa. Risparmiando, pure in questo caso, soldi pubblici, da investire sempre nella scuola, per utilizzare al meglio le tecnologie e consentirne a tutti l’accesso. Chiedevo l’altro giorno a mio nipote se i video delle lezioni rimangono memorizzati per approfondire meglio in seguito. No, la cosa finisce, da quello che ho capito, col bello della diretta. Il dopo-coronavirus dovrà farci ricalibrare pure le istituzioni scolastiche, la didattica, i modi con i quali viene proposta e probabilmente molti suoi contenuti. Il tutto va riconsiderato più a misura di chi apprende, pensando che può farlo in tanti modi e che i banchi e le cattedre sono soltanto un approccio. Lavoro, spiritualità e scuola sono tre aspetti. Altri ne potremmo introdurre, sempre parlando del dopo, su ambiti non meno importanti, come salute e cultura rispetto alle conquiste tecnologiche che permettono accessi dalle proprie abitazioni, per citare altri due soli settori. Accanto a questi percorsi da remoto, occorre poi costruire in tutti gli ambiti rinnovati momenti di contatto fisico, sviluppando più la qualità che la quantità. Il Covid ci ha fatto mettere il piede sull’acceleratore dell’innovazione. Sarebbe non saggio, quando tutto sarà finito, che scendessimo dall’auto ripercorrendo a piedi all’indietro le nostre passate orme.


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