mercoledì 15 aprile 2020

Tutti cittadini che capiscono, non insegnanti e mischini.


La Repubblica Palermo – 15 aprile 2020
Il vizio del giustificazionismo, dalla mafia alle arrustute
Francesco Palazzo

Nella vicenda delle arrostute fuori ordinanza nei quartieri popolari, Sperone, Zen o altri luoghi (ma ci sono state pure le silenziose riunioni familiari sotto i tetti o in ville esclusive di famiglie borghesi), registriamo il giustificazionismo avanzato da più parti. Storia vecchia, che ci ritroviamo servita pure in tempo di pandemia, tra una fetta di cassata, un pezzo di salsiccia e un bicchiere di vino. Insomma, ci risiamo. La gente dei quartieri periferici e/o popolari, mischina, lo fa sempre per necessità. Gli strati popolari sono innocenti per definizione. E invece, visto il momento di frontiera che stiamo vivendo, occorre ragionare. Sine ira et studio, senza simpatia e pregiudizio, come dicevano i latini. Capiamoci. Il filone è stato ampiamente visitato pure su una tematica più decisiva di alcune semplici, ma potenzialmente contagiose, grigliate di gruppo. Ad esempio, nei confronti degli atteggiamenti che si tengono verso Cosa nostra. Da una parte abbiamo la colpevole borghesia mafiosa, la sua parte connivente e complice dei mafiosi, che secondo lo schema in uso non ha attenuanti. Dall’altra il popolo dei quartieri che appoggia, parliamo sempre di una parte, le cosche perché minacciato e povero di poderosi strumenti culturali ed economici per tentare una contrapposizione. Scuserete una divagazione personale. I miei nonni sono nati a Brancaccio e hanno sempre lavorato spaccandosi la schiena. E tanti della zona come loro. Mio padre, che non era professore universitario, ma lavorava la terra e commerciava in frutta e verdura, nato e vissuto a Brancaccio, si alzava alle 4 e tornava dal lavoro alle 21. E tanti come lui. Io sono nato a Brancaccio, come tanti di diverse generazioni. Non ci siamo mai sentiti giustificati di nulla. Nessuno nasce giustificato. Se cominciassimo a fare mente locale su questo, anche in un momento d’emergenza, forse ci troveremmo tra le mani una chiave di lettura diversa di Palermo, per costruire il dopo coronavirus. Magari abbattendo gli angusti e obsoleti steccati tra centro e periferie, dirigendoci verso una moderna città multicentrica. E chissà quando sul decentramento amministrativo si passerà dalle parole ai fatti. Il giustificazionismo è secondo me fondato su una questione. Negare che i comportamenti delle persone, allo Sperone o in altri posti, siano coscienti. Non ritenere che le persone possano essere in grado di capire ciò che fanno è per me davvero guardare gli altri dall’alto in basso. Forse si tende a considerare alcuni strati sociali non in grado di autodeterminarsi perché così si può reiterare all’infinito "l’aiuto" compassionevole. Occorre ammettere che, in Via Libertà, allo Sperone, dove abita tanta gente perbene, colta e onesta, o in qualsiasi altro posto a Palermo, si possono mettere in campo, attraverso modalità palesi o discrete, giusti o errati comportamenti deliberati e consapevoli. Va detto, infine, che occorre evitare l’altra faccia del giustificazionismo, che è il colpevolismo ad ogni costo. L’approccio deve essere diverso. A tutti i cittadini e le cittadine di Palermo devono essere riconosciute le capacità di contribuire a modellare una città sempre migliore. Cercando di abbandonare i pulpiti dai quali si pretende d’insegnare, fornendo magari alibi perniciosi che diventano montagne, a esseri umani che capiscono molto bene.

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