Porta di Servizio
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23 settembre 2025
Biagio Conte, una vita spesa per gli altri
Francesco Palazzo
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Il giornalista napoletano Riccardo Rossi l’ho conosciuto tempo fa in cima all’imponente scalinata del Palazzo delle Poste a Palermo, in via Roma, mentre assisteva Biagio Conte nel suo digiuno, non il primo e non l’ultimo. Poi l’ho incrociato a piazzale Anita Garibaldi, in occasione di un altro digiuno del missionario laico, nel luogo dove è stato ucciso don Pino Puglisi nel giorno del suo 56mo compleanno, il 15 settembre di 32 anni fa.
Biagio Conte nasce un giorno dopo, il 16 settembre. La cronaca ci racconta, e Riccardo lo conferma, che Biagio il missionario e Pino il sacerdote si incontrarono proprio la mattina dell’ultimo giorno di vita del parroco di Brancaccio, nei luoghi della burocrazia per perorare le loro cause, che poi non erano le loro, perché nulla di personale mai chiesero, ma quelle degli altri.
Un cantiere mai chiuso
Della vita di Biagio Conte ne riparlo oggi con Riccardo, proprio a due passi da dove è sepolto dentro la chiesa di tutti i popoli presso la sede della missione di via Decollati. La chiesa presenta tre porte, ci spiega Riccardo, gli ingressi per musulmani, cristiani ed ebrei. Apprendiamo che il luogo dell’attuale tempio, prima appartenente alle forze armate, era un deposito di armi e di mezzi militari.
Venni in questo posto per un reportage nel 2004, si lavorava per costruire. Non si è mai smesso. Oggi di fronte la chiesa si sta definendo una struttura che ospiterà un teatro e altri posti letto. Accanto abbiamo un altro luogo che dovrebbe contenere i lungodegenti. Qui la messa è la domenica alle 18 e il mercoledì alle 7.
Ciò che lo ha colpito di Biagio, sottolinea il mio interlocutore, è la radicalità nel mettere “a terra” il messaggio evangelico. Una volta, mi racconta, durante una celebrazione eucaristica, dopo il passo del vangelo dove si legge “Se qualcuno vuole venire dietro a me prenda la sua croce e mi segua”, Biagio, in pieno Covid, va in sacrestia ed esce con la croce in spalla, dicendo: “Vado a testimoniare, prendo la mia croce e parto”.
Una vita spesa per gli altri
Da quando è sepolto qui, ci viene riferito, tanti e tante si presentano anche per chiedere un miracolo, una guarigione o semplicemente per dialogare con lui. C’è un libro di dediche pieno. Chiedo a Riccardo. Hai avuto la sensazione di essere al cospetto di un santo? Mi risponde di sì senza esitazione, raccontandomi che più di una volta ha visto persone sanate nel corpo e nello spirito dopo un contatto con lui o una sua preghiera.
Mi rivela che durante il digiuno a piazzale Anita Garibaldi vide accostarsi a Biagio una donna e un ragazzo giovanissimo in lacrime. Quando andarono via gli raccontò che il giovane era stato in coma sino a pochi giorni prima, lui era andato in ospedale ed aveva pregato per il ragazzo. Pare che questo episodio sia conosciuto, secondo il punto di osservazione di Riccardo; infatti, mi dice, tanti vengono qua con familiari che versano in stato comatoso.
C’è pure l’episodio del batterista, ci racconta Riccardo, che durante la messa ha un attacco cardiaco, viene chiamato il 118, quel giorno il vangelo parlava della suocera di Pietro che guarisce dopo che Gesù la prende per mano. Biagio inizia a pregare, il musicista sta bene, i soccorritori lo riportano dentro perchè si era ripreso e lui ricomincia a suonare. Pare che Biagio abbia detto: “Il Signore mi ha ascoltato, gli ho chiesto che gli succedesse come alla suocera di Pietro”.
Poi, continua Riccardo, c’è l’episodio della donna gravida con delle macchie sospette sulle lastre che potevano rappresentare problemi per il nascituro, sparite dopo che fratel Biagio ha modo di pregare con lei e per lei.
Tante persone si sono riconciliate grazie a lui. Tanti hanno ridimensionato la portata di disavventure esistenziali. Ad esempio una ragazza che aveva perso il lavoro, ci dice Riccardo, ma era contenta perché aveva scoperto una grande dimensione spirituale ed era andata a riferirlo a Biagio durante il suo digiuno sotto il portico della cattedrale di Palermo. Riccardo aggiunge che erano in tanti e tante coloro che si presentavano durante il digiuno in cattedrale, rivelando episodi davvero fuori dall’ordinario.
Chi scrive registra. Del resto, è o no un grande miracolo quotidiano ciò che Biagio ha costruito in vita e che continua con ancora più forza a quasi tre anni dalla sua scomparsa? Da Biagio, riflette Riccardo, che aveva vinto una selezione per diventare un militare paracadutista e oggi accoglie i pellegrini in visita nel luogo dove il missionario laico è sepolto, “ho imparato che la vita va spesa solo per Dio. E che quando ci appare ostica, quasi insuperabile, dobbiamo affidarci alla fede e tutto cambia in meglio”.
L’incontro col Papa
Biagio stesso si riteneva un miracolato, stava sulla sedia a rotelle, si è alzato dopo un viaggio a Lourdes. Da allora iniziarono le sue “acchianate” a monte Pellegrino per ringraziare pure Santa Rosalia. Non si può non parlare della visita di papa Francesco il 15 settembre del 2018. Al pranzo alla fine sono entrati tutti, apprendiamo, anche quelli sui quali all’inizio c’erano dei dubbi perché privi del permesso di soggiorno.
Nella chiesa dove ci troviamo Francesco entrò con Biagio e pochi religiosi, per il Papa venne preparata una sedia piccola realizzata per l’occasione. Nella chiesa di tutti i popoli ci sono dipinti di un tunisino musulmano, in forma di ringraziamento per aver accolto un suo fratello, la via crucis è stata realizzata da un ghanese evangelico, i dipinti dell’altare da una cooperativa di ragazzi e ragazze. Mentre dialoghiamo entra una signora, Riccardo sottolinea che tanti non vogliono parlare ma avere un rapporto silenzioso davanti al luogo dove stanno le sue spoglie mortali.
L’eredità
Colpisce all’ingresso della chiesa il fonte battesimale, una scala in discesa e in salita con al centro una piccola vasca per ricevere il battesimo. Negli ultimi tempi tutto lo feriva. L’ultimo digiuno prima della morte fu nell’Oasi della Speranza, sulle colline della periferia di Palermo. Si nutriva soltanto con l’Eucaristia.
Il pane lo dava alle formiche che metteva nel giusto percorso, centinaia di colombi andavano a mangiare da lui, in missione educava i gatti a non attaccare i piccioni.
Al suo percorso si sono avvicinati in tanti anche silenziosamente. Apprendo da Riccardo che don Pippo Russo, un prete palermitano in pensione e che da giovane appartenne al movimento dei preti lavoratori, sino alla fine della sua vita prestò servizio, anche come infermiere, oltre che da parroco, nella missione di via Decollati.
Esco fuori e trovo un presepe sotto una capanna. Mi sembra il luogo giusto che possa giustificarne la presenza anche in un periodo estivo. Mentre lo ammiro penso ad una cosa che mi è rimasta impressa. Un giorno del maggio 2019, durante il digiuno nel luogo dell’assassinio di 3P, mi squilla il cellulare, penso sia Riccardo, è il suo numero. Invece sento la voce di Fratel Biagio. Ha letto in quel giorno il mio reportage sulla missione del 2004. Mi dice che si è emozionato rileggendo i nomi dei tre cani, Birillo, Speranza e Libertà, allora in missione, con cui avevo iniziavo il pezzo quindici anni prima. Caro Fratello Biagio, difficilmente dimenticherò quella voce densa di attenzione e piena di calore.
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