LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 14 APRILE 2007
Pagina XVII
FRANCESCO PALAZZO
Pagina XVII
FRANCESCO PALAZZO
Il congresso regionale dei Democratici di sinistra, che si terrà oggi e domani a Palermo, segue quello della Margherita e segna un altro passo verso il partito democratico. Sappiamo bene che il dibattito sulla nuova formazione partitica è influenzato notevolmente da quanto avviene oltre lo stretto. In una regione come la nostra, dove il centrosinistra riformista deve fare i conti con consensi non maggioritari, il rischio è che si ripropongano in fotocopia, senza un minimo d´originalità locale, le divisioni in correnti che registriamo a livello nazionale. Per la costruzione del partito democratico ciò, per la verità, accade più nei Democratici di sinistra che nella Margherita. In quest´ultima, in ambito regionale, al di là delle dispute interne sui posti di comando, non c´è parso di registrare divisioni nette circa la nascita del nuovo partito. Al contrario di ciò che accade nella Quercia siciliana, come riflesso appunto di quanto avviene altrove: qui la porzione di partito che si oppone al matrimonio con i moderati ha addirittura la sua roccaforte, e quella che senz´altro aderisce al nuovo percorso presenta numeri minori rispetto a quanto accade in altre regioni. Un fatto del genere potrebbe essere fisiologico in una regione con un partito robusto. Accade invece in un contesto che vede i Ds oscillare dal 14 per cento delle regionali del 2006 al 12,7 per cento delle ultime politiche. Numeri non certo fallimentari, ma sicuramente non entusiasmanti. Allora, il pericolo di questo congresso regionale che va ad aprirsi è di guardare più a Roma e agli equilibri in formazione nella capitale che a Palermo e alla Sicilia. Eppure, la nascita di un nuovo partito potrebbe dire e dare tanto in una regione nella quale l´asse del consenso di massa è quasi costantemente sul centrodestra. Non è di grande rilievo sapere se il nuovo partito vedrà la luce nel corso di una fusione a freddo tra gruppi dirigenti. Questa, peraltro, è una lettura parziale, essendosi svolti tutti i congressi e i dibattiti intermedi con la partecipazione degli iscritti. Poi c´è da rilevare che l´appuntamento storico tra le due eredità politiche, lungi dall´apparire una forzatura, come taluni vorrebbero far credere, giunge con un ritardo di almeno dieci anni rispetto a ciò che negli ultimi tempi è accaduto nella base dei due partiti e nella consapevolezza dell´elettorato di riferimento. Quindi, è forse anche un processo a freddo in alcune sue parti, ma è connotato geneticamente della calda e pressante esortazione a fare presto che giunge dal basso. Ora occorre trasformare quella che sino a oggi è stata una precaria ed episodica alleanza elettorale, in un progetto politico forte e aperto a quanto di meglio si esprime nella società. Questo lo chiede, soprattutto, una regione come la Sicilia. Nella quale, più che il muro di divisioni ideologiche, si stagliano quelli ben più spessi e visibili di altre situazioni strutturali e quotidiane. Un consenso malato di favori e ricatti, una politica che non sa spogliarsi della connivenza con la sfera criminale, un territorio che viene utilizzato per fini personali o di gruppo e non per farne motore di sviluppo, un mondo giovanile che può solo staccare il biglietto d´andata verso un lavoro dignitoso e non clientelare, periferie abbandonate per farne facili serbatoi di voti in cambio di elementari diritti. Su tutte queste cose, e su tanto altro, c´interessa sapere cosa si propongono i futuri azionisti di maggioranza del Partito democratico siciliano e, in primo luogo, un grande partito come i Democratici di sinistra. Tutto il resto, ci perdonino coloro che s´interessano d´alchimie partitiche e posizionamenti individuali vari, c´importa poco. Come singoli e come popolo siciliano.
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