mercoledì 12 settembre 2007

Le donne e le piazze siciliane

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ, 12 SETTEMBRE 2007

Pagina VIII


L´assenza delle donne nelle piazze dei paesi siciliani

FRANCESCO PALAZZO






Nel periodo estivo, vuoi per qualche settimana di vacanza in Sicilia, vuoi per spostamenti prolungati nei luoghi di villeggiatura, capita spesso di attraversare molti paesi della nostra isola, dell´entroterra o costieri. Ogni paese, piccolissimo, medio o più grandicello che sia, dispone, almeno, di un corso principale e di una piazza centrale. Punti di riferimento quasi forzati della vita comunitaria, scenari sociali in cui si va per guardare e farsi vedere. Ebbene, passando di corsa o soffermandosi per una breve pausa, non importa la provincia, che tutte sono comprese, hai la sensazione che il tempo si fermi. Il fotogramma che passa nelle memorie di aggeggi elettronici o quello che rimane impresso nell´umano e personale ricordare, è sempre uguale a se stesso. Si tratta di un´immagine antica. Un copione tuttora invariato, che viene da lontano. Evidentemente condiviso sia dai protagonisti, tanto è rappresentato con naturalezza, sia dai casuali osservatori, i quali ormai lo considerano parte del paesaggio e probabilmente si sorprenderebbero se un bel giorno tutto mutasse. Il fatto è presto detto. Nelle piazze e nei viali principali, davanti ai bar e nei locali di svago, nei circoli e nei dopolavori troviamo uomini e solo uomini. A meno che non si tratti della passeggiata festiva domenicale nella via centrale o siano in corso i festeggiamenti per la ricorrenza del santo patrono. In questi casi il mondo torna a ricomporsi nelle sue naturali proporzioni di genere. Ma nelle mattine o nei pomeriggi dei giorni feriali, vale a dire nella normale vita quotidiana, nel palcoscenico pubblico la mela di genere torna a mostrarsi con una sola faccia, spaccata a metà come se fosse stata tranciata. Quindi solo maschi. Una volta erano solo con la coppola, assisi in quelle sedie dei circoli che potrebbero raccontare storia. Adesso di coppole se ne vedono meno, il bianco e nero di pantaloni, camicie, bretelle e copricapi resiste ancora. Trovano però sempre più spazio le magliette colorate e altre varianti, marchi del consumismo imperante. Sono, tuttavia, solo dettagli, niente di fondamentale si è trasformato. Per dirla tutta, anche in alcuni quartieri popolari di una grande città come Palermo si può assistere al fenomeno. Nei paesi la cosa è più eclatante. La scena di una piccola cittadina, al confine tra Messina e Catania, dove qualche settimana addietro si andava per prendere i giornali e per gustare superlative granite accompagnate da soffici e sproporzionate brioscine, era la seguente: uomini che giocavano a carte già alle nove del mattino sui tavolini disposti all´esterno del bar principale, di femmine neanche l´ombra. Solo alcune donne, a distanza di sicurezza, si occupavano di lavorare ai ferri, di schiacciare noci per preparare qualche dolce, di sovrintendere alla gestione del tabacchi edicola e di stare appresso ai pargoli. Ci diranno che oggi molte donne siciliane fanno carriera e che riescono a sfuggire a questi meccanismi. Osservazione vera quanto trascurabile, trattandosi di numeri davvero minimi. Resta il fatto che una larghissima percentuale di donne sicule sta dentro lo schema divisorio e fortemente discriminate prima accennato. Che non spiega tutto, è chiaro, ma che è un simbolo, una traccia, la punta di un iceberg del molto che c´è dietro. Il sintomo apparente di una malattia profonda. Leonardo Sciascia, se non ricordiamo male nel libro intervista "La Sicilia come metafora", rifletteva sul fatto che i figli dei contadini da un certo momento in poi cominciarono a farsi "vedere" con il vestito buono per le vie dei paesi alla pari dei figli dei benestanti. Lo scrittore di Racalmuto considerava tale cambiamento non una rivoluzione, ma, ancor di più, una fondamentale premessa perché cambiassero anche tanti altri aspetti della vita associata verso una sempre maggiore uguaglianza e giustizia. Anzi, diceva che forse proprio quella novità era il simbolo che tante cose stavano cambiando o erano già mutate. Che le donne, dunque, comincino nei vari paesi delle nostre contrade a comparire ai visitatori casuali e feriali, mescolandosi alle coppole nei bar, nei circoli, sedendosi sulle sedie disposte sui marciapiedi parallelamente alle strade, oppure inventandosi qualcos´altro, ma apparendo, potrebbe già essere un passo verso cambiamenti più profondi. O la spia, per dirla con Sciascia, che quelle trasformazioni sono già avvenute o stanno già verificandosi.

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