venerdì 19 febbraio 2010

Tifosi in fuga

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 7 del 19 2 2010
Pag. 54
Palermo, quegli strani tifosi
Francesco Palazzo

Si può essere tifosi sfegatati, di quelli che mai al mondo si perderebbero la partita interna della squadra del cuore, andando allo stadio col solleone e con la tempesta, e disinteressarsi del risultato finale? Per quanto riguardi solamente lo sport e non i massimi sistemi, l’enigma deve essere in qualche modo affrontato. Almeno da quanti, come me, abitano nei dintorni dello stadio palermitano. Perché già subiamo l’inconveniente di non vivere le sorprese legate allo sviluppo dei momenti più avvincenti. Guardi un’azione importante in televisione e cinque secondi prima, a causa del lieve ritardo con cui giungono le immagini, sai come finisce. Un boato assordante e prolungato vuol dire che i nostri hanno segnato. Uno secco e brevissimo, sottolinea un tiro che non si è insaccato nella porta avversaria. In mezzo vi sono tanti rumori gutturali che descrivono, prima ancora che il video rimandi le immagini, un fallo non fischiato, un’azione capovolta e via dicendo. Sino ad arrivare al silenzio assordante che fa capire, sempre anzitempo, al malcapitato telespettatore che dimora nei pressi dello stadio, che la squadra avversaria ha fatto gol. Tanto che nell’ultimo quarto d’ora, visto che l’acustica precede la visione diretta, preferisco affacciarmi in balcone e percepire da quella postazione come sta andando a finire nel catino del Barbera. Ed è proprio in quel frangente finale della partita, dove in genere la tifoseria si scalda tantissimo, soprattutto se il risultato è in bilico, che vedo uscire dallo stadio almeno un migliaio di persone. Non tutte insieme, ma è un flusso costante. Si allontanano senza girarsi, alcuni sveltissimi, sembra che fuggano dal luogo del delitto. Ora, posso capire se lasci un cinque a zero contro e mandi tutti a quel paese. Oppure se ti basta un tre a zero a favore e non vuoi più umiliare gli avversati. Lo capisco, ovviamente, sino a un certo punto. Perché per un tifoso doc, per il quale i colori rosanero, o di qualsiasi altra formazione, sono qualcosa che si avvicina alla religione, la partita è qualcosa da assaporare sino all’ultimo nanosecondo. Come il ghiacciolo che si è soliti consumare sugli spalti succhiando pure il legnetto e che il venditore-titatore scelto ti fa planare sulle mani, a molti metri di distanza, non sbagliando mai mira. Ma una partita, e ve ne sono tante, quasi tutte, il cui esito è in bilico sino all'ultimo secondo, che non ti fa respirare sino all’ultimo, come si fa ad abbandonarla sul più bello? Ci vogliono motivi più che seri. Può essere che i nostri circa mille tifosi, (saranno, poi, sempre gli stessi?), si ricordino improvvisamente che a loro del destino calcistico dei rosanero non gliene può fregare di meno. Sono lì per caso (il nipote o il cognato cui non si poteva dire di no, ma che a un certo punto si abbandonano furtivamente avanzando poi malori incontenibili) o per abitudine familiare, di quelle che si tramandano di generazione in generazione. Che il Palermo vinca, perda o pareggi, non importa loro più del buco nell’ozono. Oppure, seconda ipotesi, tra le tante possibili, un sms perentorio della consorte comanda il rientro precipitoso perché la suocera aspetta. Forse questi sono quelli che vengono fuori dal campo sportivo a testa china, visibilmente frustrati. C’è anche da considerare, come terza possibile supposizione, che i mille in fuga non escano affatto dallo stadio. Potrebbero essere i posteggiatori abusivi, presenti in massa e in alta uniforme per onorare l'evento. Nell’attesa che i possessori dei mezzi, lasciati in loro custodia dietro pagamento del pizzo, vengano a riprendersi quanto di loro proprietà, tornano alle loro postazioni di lavoro dopo la consueta riunione sindacale quindicinale. Tutte queste domande, ovviamente, non ho motivo di farmele quando il Palermo gioca lontano dal Barbera. Nessun boato, proveniente dallo stadio, che spezza un’emozione, che anticipa la traiettoria di un tiro in porta, di un cross. Ogni azione è una sorpresa, sino alla conclusione dell’incontro. A meno che non decida, così, improvvisamente, per vedere l’effetto che fa, di spegnere tutto un quarto d’ora prima della fine.

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