La Repubblica Palermo
3 Gennaio 2014 - Pag. I
Grazie a quel video le parole di Peppino diventano globali
Francesco Palazzo
Si contano ormai sulle dita di molte mani le polemiche sull'utilizzo di simboli mafiosi o antimafiosi. Ogni qualvolta, ad esempio, va in onda una ricostruzione che racconta con la lente d'ingrandimento le gesta degli esponenti di Cosa nostra, opposti ai pochi che nello Stato o nella società l'hanno combattuta, si sottolinea, quasi sempre, che non è corretto fare emergere queste forti personalità criminali in quanto si rischia che l'opinione pubblica ne abbia un'immagine positiva e che i più giovani si sentano portati quasi ad emularli. Stesso discorso, mutatis mutandis, quando ci si cimenta nel tentativo di raccontare, mettendole in primo piano, le vittime della criminalità mafiosa. Coloro che sono stati più vicini a tali biografie, talvolta con buone ragioni, parlano sovente di mistificazioni o tradimenti. Il punto, in entrambi i casi, è che ci si scorda che tali opere parlano non ai vicini, ossia a coloro che possono, sulle singole vicende, spaccare il capello in quattro, ma a spettatori generalisti. Ai quali alcuni concetti, che richiederebbero un fiume di convegni per essere esplicitati a dovere, devono per forza di cosa essere trasferiti con poche immagini e con un certo trascinamento emotivo. Altrimenti si cambia canale o non si staccano i biglietti dei cinema. Anche la pubblicità ha sovente utilizzato questo tipo di medium per propagandare prodotti. Sinora, se ricordiamo bene, è accaduto che si sia fatto l'occhiolino compiaciuto alla cultura e alle parole del lessico mafioso. E ciò, ogni volta, è stato fatto notare con robuste rivendicazioni. Ora, proprio in questi giorni, si sta discutendo di un video pubblicitario in cui transita un messaggio sulla bellezza appartenuto (in realtà è un passaggio della sceneggiatura del giustamente fortunato film "I cento passi" ripreso dagli autori dello spot trasmesso in tv) a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia a Cinisi il 9 maggio del 1978. In questo caso il tentativo è opposto. Non si fa la corte al sentire mafioso ma si utilizza una frase di un antimafioso vero come Impastato. La cosa può essere valutata sotto diversi aspetti. I familiari di Peppino, il centro a lui intestato a Palermo, altre voci vicine all'antimafia militante, hanno espresso parole di forte critica verso l'accaduto. Che però, senza contrapporsi ad esse, può essere guardato anche da un altro punto di vista. Quello del grande pubblico, non infarinato in cose di mafia e antimafia, a cui lo slogan è principalmente diretto. È una cosa negativa che milioni di persone abbiano potuto ascoltare l'inno alla bellezza di Impastato, che altrimenti sarebbe rimasto conosciuto ai pochi che hanno approfondito la sua vita? Ciascuno può dire la sua. Tenendo conto della considerazione che l'arte pubblicitaria è un prodotto dell'ingegno umano, come può esserlo un film, un saggio, un romanzo, un racconto, un fumetto, un documentario, un videogioco. Prodotti, anche questi, che vengono realizzati per essere venduti. Si esprime nelle sue proprie forme, ossia cercando di convincere gli acquirenti della bontà di un prodotto, altrimenti non esisterebbe come genere. Va giudicata nelle sue singole manifestazioni. Così come ci esprimiamo criticamente nei confronti di un film, di uno sceneggiato televisivo o di una fiction. Non deve, quindi, essere ritenuta un'espressione artistica di serie b, solo perché cerca di piazzare sul mercato della merce. Da biasimare a prescindere se vuole intestarsi in maniera palese, senza sotterfugi, come in questo caso, l'operazione di utilizzo di un pensiero. Che era certo stato coniato con diverse finalità. Ma che può essere riproposto pure in contesti diversi, essendo ormai divenuto patrimonio dell' umanità. Così come le vite e le gesta di quanti hanno contribuito a rendere migliore questo mondo contrapponendosi alla signoria mafiosa. Basti pensare alla frase "E se ognuno fa qualcosa", di Don Puglisi, utilizzata ormai dappertutto. Ho guardato diverse volte lo spot sulla marca di occhiali in questione. Devo dire che, alla fine, potrebbe essere preferibile che passino certi messaggi, pur con tutte le cautele, i distinguo del caso e il massimo rispetto delle ragioni di coloro che si oppongono, che altre forme di sponsorizzazione in cui, passata la réclame, non rimane assolutamente nulla.
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