La Repubblica Palermo
3 settembre 2015 - Pag. I
Il silenzio sul futuro di Palermo
Francesco Palazzo
Nel capoluogo siciliano, poiché si è votato nel maggio 2012, si andrà a
nuove elezioni esattamente tra ventuno mesi, nella primavera del 2017. Troppo
presto per parlarne? Non sappiamo. E’ molto strano comunque il silenzio assoluto
che avvolge la città in vista di tale appuntamento. Non andò così per le ultime
elezioni. Almeno nel centrosinistra. Già a inizio settembre del 2010, quando
dunque c’era lo stesso spazio di tempo che ci separa dalle future elezioni,
c’era un certo fermento in giro e si cominciavano a delineare, seppure con
mille distinguo, le primarie. C’erano già dei candidati in campo a quella data,
il renziano, anche all’epoca, Davide Faraone e Ninni Terminelli. Ma non solo
nel PD c’era movimento. Anche Italia dei Valori si era mossa concretamente.
Dialogando con un ampio movimento civico palermitano, che puntava al governo
della città, composto da dodici associazioni. Anche da parte di Sinistra
Ecologia e Libertà c’era stata una risposta positiva alla chiamata al risveglio
da parte di Italia dei Valori. Ora
non sappiamo se le primarie, visto com’è finita l’ultima volta, con polemiche
al vetriolo e la candidatura successiva di Orlando, siano lo strumento giusto
da mettere sul tavolo. Ma, al di là dello strumento concreto con il quale poi
si arriverà a un nome, quello che sorprende è il silenzio politico che pervade
la città. A parlare è soltanto l’amministrazione in carica, poche e scarne
notizie ci giungono dal consiglio comunale. Potremmo trovarci di fronte alla
replica, mutatis mutandis, di quanto avvenne nel centrosinistra tra il 2000 e
il 2001. Quando ci s’incartò sino alla fine nell’individuazione del successore
di Orlando, dimessosi perché intenzionato a candidarsi alle regionali, e si consegnò
con un plebiscito la città al centrodestra dell’era Cammarata. Questa volta i
conquistatori potrebbero essere quelli del Movimento Cinque Stelle, i grillini,
che pare godano di un consenso presso l’elettorato siciliano sempre più
radicato e motivato. Ma a prescindere da chi poi conquisterà lo scettro di
guida della città, che è una cosa di cui potremmo prendere solo atto, sarebbe
interessante, oltre che utile, che qualcuno, almeno nel centrosinistra, buttasse
una pietra nello stagno e cominciasse a riparlare di Palermo, anche in vista
dell’appuntamento elettorale. Ma né dalla cosiddetta società civile, né dai
partiti, né dai singoli sentiamo giungere nulla che assomigli a un pur timida
volontà di protagonismo. Eppure Palermo avrebbe bisogno, per tanti motivi, non
ultimo il fatto che pare una comunità in cerca di una nuova identità, di una rinnovata
lettura, di una giovane classe dirigente che possa mettersi in cammino per
governare con nuove idee una metropoli che non più identificarsi soltanto con
il proprio passato e che non sappiamo cosa potrà diventare in futuro. Il
presente quadro politico che l’amministra, che sta cercando di mettere a posto
i conti e sta tentando di condurre la città verso mete che le facciano compiere
qualche passo in avanti, è fermo, probabilmente, a una gestione dell’esistente.
Non riesce a spiccare il volo, sconta anni di amministrazione non proprio
virtuosa e non è capace di dare ai palermitani una meta, un sogno, dei veri
segnali di cambiamento effettivo che segnino uno scarto deciso rispetto al
passato e facciano vedere che si va verso un futuro diverso. Chi potrebbe, ci
chiediamo e chiediamo, fare un primo passo, sia esso un singolo, sia una forza
politica, sia la cosiddetta società civile, rompere questo silenzio e
cominciare pubblicamente a percorrere questi ventuno mesi che ci separano dal
voto? Palermo ha bisogno di essere amministrata adesso, e stiamo vedendo che la
cosiddetta primavera è ormai consegnata per sempre alla storia che fu, ma ha
ancora più bisogno di un percorso che la porti sempre più a essere una città
europea. E, per tanti versi, troppi, ancora non lo è.
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