La Repubblica Palermo
3 marzo 2017
Campagna elettorale a Palermo. Più veleni che programmi chiari per la città.
Francesco Palazzo
A Palermo le candidature civiche a sindaco guidano la corsa e i partiti vanno al rimorchio. Più confusi che persuasi. Siamo sempre laboratorio come viene annunciato o è soltanto un nuovo vestito su storie vecchie? Vedremo. Intanto si registra un fatto abbastanza evidente. Il centrodestra del 61 a zero, ma anche quello delle vittorie di Cammarata, non esiste più. Il suo elettorato si spalmerà sui tre candidati più accreditati, Orlando, Ferrandelli e Forello. I cinque stelle, pur non facendo accordi con nessuno, drenano voti trasversalmente un po’ da tutte le parti. Gli altri due candidati, provenienti come estrazione dal centrosinistra, hanno dichiarato che il loro riferimento non sono le forze politiche organizzate ma Palermo e che chiunque sposi questo approccio civico è sostanzialmente il benvenuto. Del resto, quello che interessa ai cittadini, quando si tratta di governare una comunità, non sono le alchimie politiche, quelle infuocano una parte molto ristretta del mondo politico, ma se le virtuosità di cui sono piene le campagne elettorali avranno poi un riscontro concreto. Antonio Fraschilla su queste pagine, il 16 febbraio, ci ha mostrato che biografie del vecchio centrodestra, con il conseguente elettorato, si stanno spalmando in maniera trasversale. Del resto, non poteva che accadere così, visto che berlusconiani e destre non hanno per Palermo alcun progetto e nomi da spendere. Si è sempre detto, in casa del centrosinistra palermitano, che per vincere occorreva pescare in altri bacini elettorali. Considerazione ovvia. Questo è quanto sta avvenendo, abbastanza alla luce del sole. La dote più apprezzabile di chi vuole governare è quella di convincere più gente possibile della bontà del proprio percorso. Allora, francamente, non si capisce la fatwa che da diversi ambienti si è calata sull’accordo che Ferrandelli ha fatto con Micciché e Cantiere Popolare.Talvolta il furore quasi religioso prevale sull’analisi della politica, che invece deve essere laica. Per tutti valgono le stesse regole. Si valuteranno le liste, quando si conosceranno nella loro completezza, ed ancora è presto, e i programmi, nel momento in cui passeremo dai titoli allo svolgimento nel dettaglio durante la campagna elettorale. Senza fare del sospetto, perché è una pagina che dovremmo esserci lasciata alle spalle, l’anticamera della verità. E poi, ovviamente, si seguirà il percorso del sindaco eletto e della sua squadra e si esprimeranno giudizi sulle cose fatte in coerenza con quanto promesso prima del voto. Sperando che i programmi non diventino militi ignoti, come accade quasi sempre, dopo la chiusura delle urne. Le carte della politica palermitana, come riflesso anche della fase politica nazionale, dal 2012, anno delle ultime elezioni amministrative nel capoluogo siciliano, si sono molto rimescolate. Occorre prenderne atto e navigare a vista. In realtà, le due candidature che cinque anni fa si affrontarono al ballottaggio, presentano più elementi di somiglianza che di differenza. A prescindere dagli slogan elettorali, che indicherebbero ragionamenti corali (“Facciamo squadra” e “Solo per i palermitani”) si vedono in campo al momento due singolarità. Sia al Golden che al Politeama strapieni abbiamo visto solo i leader parlare. Andando al quaglio, la domanda è la seguente. Cosa devono aspettarsi i cittadini di questa città nel quinquennio 2017-2022? La città sarà più pulita, i marciapiedi saranno riparati, rispunteranno quei bei cuscini blu elettrico sulle panchine del foro italico, i trasporti funzioneranno meglio, le circoscrizioni serviranno a qualcosa oltre che essere un costo, spariranno i posteggiatori abusivi, la Favorita chiuderà, ci sarà una chiusura permanente sull’asse Piazza Croci-Stazione, saranno attenzionate le sacche di povertà, si metterà mano all’illegalità diffusa, le periferie saranno curate, i servizi saranno efficienti e rapidi? E potremmo continuare. La politica, per i cittadini, è tutto questo e tanto altro. È vita quotidiana che l’azione amministrativa, qualsiasi sia la casacca che indossi, deve rendere più semplice e decente utilizzando al meglio le risorse finanziarie pubbliche. Il resto è solo fumo.
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