La Repubblica Palermo
21 aprile 2018
L'antimafia della chiesa deve ripartire dalle parrocchie
Francesco Palazzo
Il maggio, a 25 anni dal monito agrigentino di
Giovanni Paolo II («Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il
giudizio di Dio»), i vescovi siciliani emaneranno un documento contro la
criminalità organizzata, con un appello alla conversione e una decisa scomunica
per i mafiosi. Non è la prima volta che accade. Già nel lontano 1993 con un
convegno e nel 1994 con un altro documento dissero e scrissero parole
importanti. Senza dimenticare la stagione, insuperata, del cardinale
Pappalardo. L’arcivescovo Lorefice ha chiesto perdono per l’atteggiamento della
Chiesa verso la mafia, affermando che il mafioso non può essere credente,
avendo in odio la fede. Anche queste considerazioni non sono una novità. Resta
da capire se davvero le mafie si muovano «in odium fidei»,
formula utilizzata per la beatificazione di don Puglisi. Ho l’impressione
che siano più pragmatiche e reagiscano seguendo altri stimoli. Ma una domanda
dobbiamo farcela. Queste prese di posizione dei vertici hanno mai avuto una
rilevanza uniforme nelle 1.800 parrocchie siciliane? Dai tempi del cardinale
Ruffini tutto è cambiato. Che la mafia sia da condannare lo sostiene chiunque.
Che poi dalle parole si passi ai fatti, smettendo, in ambienti popolari e
borghesi, i vestiti della connivenza o dell’indifferenza, è un altro discorso.
Così come, appunto, bisogna verificare quanto transiti dai vescovi alle
comunità parrocchiali, sparse sul territorio in maniera capillare e pertanto
decisive perché parlano a tutti. Quando si discute di una pastorale specifica
sulla mafia, si dovrebbe fare riferimento a ciò che può
essere implementato concretamente in questi luoghi. Un vero impegno della
Chiesa in questo campo può solo passare da lì. Se ci si dovesse ancora limitare
ai pur importanti appelli o alle scuse dei porporati, rimarremmo fermi a
decenni addietro. Cosa si potrebbe, dunque, mettere dentro le comunità
parrocchiali per affrontare al meglio la presenza mafiosa? Una consulta su
mafie, società ed economia con dentro tutti i parroci e due o tre membri per
parrocchia, a livello regionale e per diocesi potrebbe servire ad approfondire,
con l’ausilio di esperti, la tematica. Progettando cosa fare in concreto, in
maniera duratura, perché le mafie non si combattono una tantum, con interventi
spot, in tutti i templi cattolici. Per evitare che più spiccate sensibilità
vengano, come accadde a Puglisi e non solo a lui, isolate.
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