martedì 18 marzo 2025

Palermo Città del Volontariato 2025. I dati del terzo settore in Sicilia.

 Il MEDITERRANEO 24 - 17 marzo 2025

Dal Terzo Settore un’opportunità per la Sicilia: il punto sul non profit nell’isola

Francesco Palazzo

https://www.ilmediterraneo24.it/buone-notizie/dal-terzo-settore-unopportunita-per-la-sicilia-il-punto-sul-non-profit-nellisola/



Palermo, dopo Bergamo, Cosenza e Trento, è Capitale italiana del volontariato 2025. L’inaugurazione sarà il 24 marzo alle ore 10 al Teatro Politeama di Palermo. Il CSVnet, associazione nazionale dei centri servizi per il volontariato, dal 2021 pubblica un bando con l’obbligatorietà che vi siano le adesioni di comune, Caritas diocesana e Forum del terzo settore, visto che i promotori oltre che il CSVnet sono l’ANCI, l’Associazione dei Comuni, la Caritas italiana e il Forum Italiano del terzo settore. Il CeSVoP (Centro Servizi per il Volontariato di Palermo) ha partecipato ed è arrivato l’importante riconoscimento. Il lancio dell’evento sarà fatto in due momenti. Il 18 marzo alle 9 e 30 nel Quartiere Sperone presso il Giardino delle parole con l’inaugurazione della Casetta dei Libri. Il 21 marzo a Pallavicino alle 9 presso Attia Taliu – Giardino di via Pallavicino durante la Festa di Primavera. Il programma annuale vede tante iniziative, molte in capo al CeSVoP, altre in collaborazione con gli altri due Centri servizi per il volontariato siciliani: il CSVE, Centro Servizi per il Volontariato Etneo (province di Catania, Siracusa, Ragusa ed Enna) e il CESV, che si occupa della provincia messinese.

Il CeSVoP comprende le province di Palermo, Agrigento, Trapani e Caltanissetta. Insieme, nel programma Palermo Città del Volontariato 2025, cureranno alcune iniziative sul volontariato siciliano, sul protagonismo civico dei giovani e sulla protezione civile. I tre Centri Servizi siciliani fanno comunque fisiologicamente azioni comuni, campagne comunicative, eventi giovanili, corsi di formazione.

Riavvolgendo il nastro di quello che è un grande movimento a livello nazionale, che mobilita in vario modo quasi 7 milioni di volontari, cerchiamo di aprirne la carta d’identità di come si svolge in Sicilia la vita del cosiddetto terzo settore. Terzo perché posto dopo il settore pubblico e quello privato. Lo abbiamo fatto con Nunzio Bruno, coordinatore dell’area comunicazione del CeSVoP, presso la sede che si trova a Palermo in Largo Villaura, 27. Abbiamo analizzato con attenzione dal sito del CeSVoP (cesvop.org) il Barometro RUNTS Sicilia. Il RUNTS è il Registro unico nazionale del terzo settore, istituito nel 2017 e attivo dal novembre 2021. Al 31 gennaio 2025 risultano sul RUNTS 9906 enti siciliani, anche se tale numero è destinato a calare poiché è in atto una procedura di cancellazione per oltre 800 enti che non hanno più i requisiti. Il dato siciliano è il 7,49% del totale degli iscritti in Italia (132.264), con un incremento del 17,37% in un anno (8.499 il 31 gennaio 2024). Ma di che natura sono questi enti? Abbiamo le Organizzazioni di Volontariato – ODV (2143), le Associazioni di Promozione Sociale – APS (3525), le Imprese Sociali (3399), gli Enti Filantropici (18), le Società di Mutuo Soccorso (8) e altri Enti di Terzo Settore (810). Rispetto alle altre regioni italiane si registra in Sicilia una preponderanza di Imprese Sociali e una presenza minore di Organizzazioni di Volontariato e Associazioni di Promozione Sociale.

Per quanto riguarda le singole province i numeri sono i seguenti. Ad Agrigento abbiamo 378 Imprese Sociali, 362 APS, 172 ODV e altri 45 Enti di Terzo Settore. A Caltanissetta 205 APS, 167 Imprese Sociali, 132 ODV e altri 27 Enti di Terzo Settore. A Catania 784 Imprese Sociali, 674 APS, 456 ODV e altri 148 Enti di Terzo Settore. A Enna 180 APS, 109 Imprese Sociali, 99 ODV e altri 18 Enti di Terzo Settore. A Messina 550 APS, 400 Imprese Sociali, 264 ODV e altri 102 Enti di Terzo Settore. A Palermo 823 Imprese Sociali, 823 APS, 547 ODV e altri 292 Enti di Terzo Settore.  A Ragusa 187 APS, 175 Imprese Sociali, 99 ODV e altri 47 Enti di Terzo Settore. A Siracusa 271 APS, 258 Imprese Sociali, 172 ODV e altri 71 Enti di Terzo Settore. A Trapani 305 Imprese Sociali, 273 APS, 202 ODV e altri 60 Enti di Terzo Settore. I dati numerici complessivi per provincia vedono avanti Palermo, Catania e Messina. Poi Agrigento, Trapani e Siracusa. Nelle ultime tre posizioni troviamo Caltanissetta, Ragusa ed Enna. Facendo una riflessione sui grafici, Nunzio Bruno ci fa notare un dato diverso sulla provincia di Palermo rispetto alle altre. Solo nel palermitano la presenza degli enti del terzo settore è prevalente nel capoluogo rispetto al resto della provincia. In tutte le altre province accade invece il contrario. Nei comuni capoluogo vi sono meno realtà di terzo settore rispetto al resto delle province. Le APS Associazioni di Promozione Sociale e le ODV Organizzazioni di Volontariato hanno ambedue scopi solidaristici, la differenza è che le ODV svolgono attività prevalentemente in favore di terzi (non soci), possono assumere lavoratori dipendenti solo nei limiti necessari al loro funzionamento, il numero dei volontari deve essere prevalente rispetto al numero dei lavoratori; le APS svolgono attività prevalentemente in favore dei propri associati, familiari o terzi e possono assumere lavoratori dipendenti con maggiore flessibilità rispetto alle ODV. L’Impresa Sociale è un ente privato che esercita in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, finalizzata all’inserimento lavorativo.

Per quanto riguarda la presenza più elevata in Sicilia di imprese sociali si potrebbe spiegare con il fatto che questo spezzone di terzo settore sembra assumere un ruolo di “ammortizzatore sociale”: laddove c’è poco lavoro si cerca di creare lavoro con l’impresa sociale. L’impresa sociale può fare convenzioni a pagamento, può avere affidati dei servizi tipo casa famiglia con convezioni con comuni e tribunali. I centri di servizio per il volontariato (CSV) sono autonomi, nascono con la Legge 266 del 1991. Le fondazioni di origini bancaria devono destinare un quindicesimo del loro patrimonio in denaro da trasformare attraverso i CSV in servizi gratuiti agli enti del terzo settore. I CSV vengono gestiti e orientati dagli stessi volontari che stabiliscono quali sono i servizi più adatti. Per diventare centri servizi per il volontariato occorre partecipare a un bando.  

La maggiore difficoltà delle associazioni di volontariato è il ricambio e la difficoltà ad attrarre giovani per il calo demografico, la desertificazione della partecipazione, e anche per le modalità di partecipazione più informali, liquide. Spesso i ragazzi rifiutano il tipo tradizionale di volontariato, lo identificano con la carità. Il loro è un volontarismo più episodico, legato allo scopo e non alla partecipazione continua, poi magari nasce una nuova esigenza e si riattiva un altro gruppo, che è una modalità tipica dei social. Parlare di volontariato in generale è molto approssimativo; c’è una galassia di volontariati che poi si cerca di unificare unendo le caratteristiche comuni. Per quanto riguarda la formazione, va specificato che alcuni interventi specifici, tipo protezione civile, ambito ospedaliero, carceri, accompagnamento ai minori stranieri non accompagnati, affido familiare e disabilità mentale, richiedono una specifica formazione preventiva. Altre forme di volontariato più spontaneistiche hanno meno contatti con la formazione, però man mano che si confrontano sui problemi sono costretti a mettere nel loro bagaglio conoscenze teoriche e pratiche. Negli ultimi tempi i CSV hanno adottato un metodo formativo più legato ai territori e .i loro bisogni. Quindi più una formazione induttiva che deduttiva.

I CSV collaborano anche a individuare leadership di comunità, non persone messe da fuori.  E’ la comunità che genera i propri leader e a quel punto si interviene con la formazione e si facilita una continuità nel tempo. Le associazioni di volontariato hanno un certo ciclo di vita legato alle persone che ci lavorano.  Dopo il covid è aumentata la crisi economica, ci sono associazioni di volontariato che affrontano questa emergenza e altre che puntano più al cambiamento. Nei rapporti con le istituzioni, a partire dai comuni, i centri servizi hanno adottato i nuovi principi della coprogrammazione e della coprogettazione. Ci si siede attorno allo stesso tavolo, a pari livello amministrazioni pubbliche ed enti del terzo settore, non per mettere le pezze dove il pubblico non arriva, ma per disegnare insieme le politiche sociali coinvolgendo i cittadini. Il CeSVoP ha lavorato attorno al termine amministrazione condivisa attraverso un regolamento, nel massimo della trasparenza, e chiede ai comuni di fare patti di collaborazione con i cittadini.

Nelle province di interesse del CeSVoP oltre 30 comuni hanno sposato tale metodo. Grazie a questo approccio, ad esempio, a Bagheria è stato recuperato un bene confiscato. Gli enti del terso Settore hanno, proponendo un progetto al comune, hanno proposto allo stesso di utilizzare i fondi europei per il recupero e il riutilizzo sociale dei beni confiscati. Il bene è stato restaurato e restituito ai volontari. Si chiama Centro giovanile don Milani. Il Comune paga alcune spese, altre le affrontano il CeSVoP e i volontari stessi. Pure Palermo ha approvato il regolamento per la sperimentazione condivisa anche se esperienze significative ancora non ve ne sono. Il CeSVoP per fare in modo che le realtà si conoscano e si riconoscano ha istituito case e sportelli del volontariato nel territorio. I servizi base che queste strutture di secondo livello danno alle organizzazioni di terzo settore sono diversi. Informazioni per fare volontariato, consulenze amministrative, fiscali, normative e statutarie, indicazioni per realizzare progetti sociali e per fare formazione, assistenza nelle necessità di supporto logistico e per le esigenze di comunicazione. Tali servizi vengono forniti pure ai non iscritti.

Alla fine dell’anno di Palermo Capitale Italiana del Volontariato 2025, nei giorni attorno al 5 dicembre, giornata internazionale del volontariato, si organizzerà una convention del volontariato siciliano e vi sarà il passaggio di testimone alla capitale italiana del Volontariato 2026. Per l’occasione è stato invitato il Capo dello Stato, il presidente Sergio Mattarella. Infine, per lasciare un “monumento” a Palermo Capitale del Volontariato, si tenterà di creare una Fondazione di comunità: un ente che possa promuove e sostenere azioni di rigenerazione della città. Ciò perché la capitale del volontariato ha il seguente motto: “Il volontariato che non ti aspetti… il tuo”. L’obiettivo è quello di mettere il cittadino in una posizione attiva, in modo che prenda in mano le proprie capacità di trasformazione e di partecipazione e le utilizzi per migliorare la città.


Palermo Cremonese. Tre gol in un quarto d'ora.

 Rosalio Il blog di Palermo 

14 marzo 2025

Palermo – Cremonese, dal Barbera e dintorni è (quasi) tutto

Francesco Palazzo 

          https://www.rosalio.it/2025/03/14/palermo-cremonese-dal-barbera-e-dintorni-e-quasi-tutto/


Prima della partita

Anticipo di Serie B. Il Palermo torna a giocare al Barbera nella stessa posizione di classifica che aveva prima di andare a Genova a vedersela con la Sampdoria. Inutile dire che una vittoria contro i blucerchiati valeva oro ed era assolutamente alla portata del Palermo. Inutile dire che una vittoria oggi con la Cremonese consentirebbe al Palermo di mettersi nella scia della quarta posizione. Inutile, tuttavia, affermare pure che una sconfitta della Cremonese potrebbe rendere sempre più ampia la distanza dalla terza Spezia, un distacco tale che si potrebbero non celebrare i play off. Inutile dire che una sconfitta aprirebbe ampi scenari di crisi. il Palermo vinse all’andata fuori casa. Il ritmo sotto Monte Pellegrino dei rosanero torna ad essere quello dei tempi migliori. Abbiamo 16 punti nelle ultime 8 gare disputate al Barbera. Peraltro proprio dentro casa il Palermo ha subito soltanto 10 reti. Nessuno ha fatto meglio tra le mura amiche. Dunque le cinque gare in casa saranno decisive per individuare il piazzamento del Palermo nei play off. Dopo la Cremonese, i rosanero ospiteranno il Sassuolo, che magari potrebbe aver cucito già sul petto lo scudetto della promozione. Il 21 aprile, a Pasquetta, il Palermo se la vedrà con la Carrarese, per la festa dei lavoratori scenderanno nel catino del Barbera i sudtirolesi, il 9 maggio la regular season sotto lo sguardo del Castello Utveggio raggiungerà l’ultima puntata contro il Frosinone. Alcune di queste gare sono abbastanza “facili”. Occorre però sapere che in serie B non ci sono gare semplici e che alcune squadre potrebbero trovarsi in zona play out e dunque per nulla consenzienti a fare la parte delle vittime sacrificali. Ho letto da qualche parte che questa tra Palermo e Cremonese è la partita tra le due squadre dove c’è stato un più elevato turn over tra quanti hanno fatto gol. Il Palermo scende al Barbera con 39 punti, la Cremonese con 45. Nelle ultime cinque Palermo imbattuto, Cremonese con una sconfitta. L’unione Sportiva Cremonese ha quasi la stessa età di nascita del Palermo (1903), i colori del club sono il grigio e il rosso, e come grigiorossi sono individuati i calciatori cremonesi. Il terzo portiere del Palermo, Sirigu, 18 anni fa ha giocato nella Cremonese. Gigliorossi sono stati pure il compianto Gianluca Vialli e il campione del mondo spagnolo, Antonio Cabrini. Anche l’ex commissario tecnico della nazionale, Cesare Prandelli, ha indossato la maglia grigiorossa negli anni settanta. In organico alla Cremonese c’è l’ex rosanero Franco Damián Vázquez, elegante ed estroso trequartista che a Palermo ha segnato 22 reti in 91 partite tra il 2013 e il 2016. Leggiamo che l’accordo fra il Comune di Palermo e il Palermo FC per la gestione dello stadio è pronto. Si attende il nulla osta del Consiglio Comunale. La concessione dovrebbe essere di 80 anni con scadenza nel 2105. Quando il mondo non sapremo come sarà e che impatto avrà il gioco del calcio nella società. Il Palermo dovrebbe presentare entro due anni un progetto di ammodernamento per adeguare l’impianto agli standard UEFA in vista degli Europei del 2032. Il canone annuo include pure l’uso del Pallone di viale del Fante e dell’ex campo nomadi della Favorita. Intanto il Palermo ha ottenuto il via libera per gli interventi necessari a garantire l’idoneità statica dell’impianto entro il 18 marzo. Per tornare al prepartita, va detto che Cremonese e Palemo si somigliano abbastanza. Partite per avere un ruolo da protagoniste di prima fascia, hanno alternato cose buone ad altre molto meno. Qualità nella discontinuità, potremmo dire.

La partita

Sotto un cielo sciroccoso e una temperatura agostana si inizia. Nei maxischermi scorrono le cose che non è possibile fare, cioè il 90% di quelle che vengono fatte, compresa quella di non pronunciare slogan offensivi contro altri. E infatti subito dopo «catanese pezzo di merda» parte dalla nord. Se non sei in grado di fare rispettare le regole, inutile declamarle. Spettatori in aumento. Ceccaroni ammonito al 7mo. La Cremonese sembra più in palla. Più volte si sono presentati pericolosi nell’area avversaria. Al 14mo Brunori servito da Pohjanpalo da fuori fa la barba alla traversa. Il Palermo attacca verso la nord. Al 20mo quasi gol della Cremonese a due passi dalla porta, Audero si oppone. Al 23mo stesso quadro. Rosanero poco reattivi e propositivi. Al 24mo altra parata di Audero. I grigiorossi affondano facilmente verso la porta rosanero. Ammonizione di un grigiorosso. Mezz’ora di gioco, nessun tiro del Palermo che abbia centrato lo specchio della porta. Verso la fine del primo tempo il Palermo tenta qualcosa ma non si finalizza nulla. La Cremonese è molto più decisa e pericolosa. A Pohjanpalo giungono pochi palloni. Audero esce bene. Se i rosa non hanno subito gol il merito è suo. Nell’intervallo ciascuno ha la sua tesi vincente. Non c’è mestiere più facile e appagante che fare il commissario tecnico dagli spalti.

Al 50mo errore della difesa rosa, “calcio di rigore” dal limite dei grigiorossi, che sbagliano. Giallo per Brunori, pare per simulazione. E come fu e come non fu al 56mo Gomes, il migliore in campo, buca la rete grigiorossa. Audero si fa male alla gamba. Al 68mo rosanero pericolosi. Al 69mo fallo in area cremonese e rigore per il Palermo. Il VAR conferma e Brunori mette il secondo sigillo. Due tiri in porta due gol. Verre ammonito per un fallo a centrocampo. Al 74mo dormita della difesa rosa e i grigiorossi dimezzano le distanze. Al 76mo entrano Ranocchia, Segre e Vasic. Escono Gomes (uscita fischiata), Verre e Ceccaroni. Ancora dieci giri d’orologio. Ammonito Vasic. All’86mo i grigiorossi riprendono il Palermo. Negli ultimi minuti la Cremonese cerca di fare tombola. Brunori e Diakité fanno posto nei sei minuti di recupero a Le Douaron e Lund. Quasi sul finire i grigiorossi fanno tombola e si prendono i tre punti. Buio. E non perché sia sera.

Dopo la partita

Il Palermo, in attesa delle partite di sabato e domenica, che potrebbero peggiorare la situazione, va a letto con gli stessi punti di quando era entrato in campo ma adesso di nuovo fuori dai play off superato dal Bari. Ma non è questo il punto. Una squadra con un minimo di velleità di promozione, sapendo quando contano le partite in casa, non può giocare una gara così. Primo tempo brutto e secondo ancora molto peggio, allucinante, un incubo, perché i tre gol subiti sul 2 a 0 sono molto più pesanti di quelli fatti. I cambi proposti dal Palermo alla fine sono stati controproducenti, inspiegabile l’uscita di Gomes. Quelli fatti dalla Cremonese sono stati invece risolutivi. Con la vittoria, la Cremonese si avvicina allo Spezia e scongiura il mancato svolgimento dei play off. Bisogna vedere se li farà il Palermo. Alla fine i fischi sono arrivati a Bagheria, insieme al Dionisi vattene. È chiaro che sono adesso diversi gli incontri che il tecnico non ha letto bene nei momenti cruciali. Ma prendere un altro tecnico a poche partite dalla fine, ammesso e non concesso che il City Group metta il pollice verso, non è semplice. Il 30 i rosa vanno a Salerno, il 6 aprile scende al Barbera il tritatutto capolista Sassuolo. La società avrà il coraggio di rischiare un altro bagno di sangue casalingo con lo stesso tecnico? Una cosa va detta alla fine. Questa partita la stavano vincendo anche abbastanza casualmente i giocatori in campo. L’hanno persa dalla panchina. Ora il punto è che la società, visto che ha i denari, oltre che prendere pezzi grossi per il campo, deve soprattutto individuare dal prossimo anno un tecnico con caratteristiche molto diverse.

Un francescano nella chiesa di don Puglisi

 Porta di Servizio

Notizie Chiesa locale e universale

13 marzo 2025

Brancaccio, a “tu per tu” con don Gabriele Virga

Francesco Palazzo

  https://www.portadiservizio.it/2025/03/13/brancaccio-a-tu-per-tu-con-don-gabriele-virga/



Don Gabriele Virga è un sacerdote diocesano che guida la comunità di San Gaetano a Brancaccio. Quella dove Puglisi ha vissuto gli ultimi tre anni della sua vita. Recentemente è andato via, dopo una malattia, don Maurizio Francoforte. Molto vicino a Biagio Conte, i cui funerali si sono svolti presso la chiesa della missione Speranza e Carita dove è sepolto il frate laico.

Ci vediamo nel tardo pomeriggio di martedì 11 marzo presso la parrocchia. Don Gabriele è puntualissimo. Mi avvicino a lui mentre sta aprendo la porta per entrare in chiesa. Nel frattempo si sta congedando da due suore con le quali è stato in giro a visitare le famiglie. Non è un luogo privo di significato la chiesa di San Gaetano per chi scrive. Sono nato nel quartiere, ho frequentato la parrocchia da piccolo e sino all’età adulta.

L’incontro

Don Gabriele l’ho conosciuto in ascensore a fine ottobre 2022. Ho capito che andavamo nella stessa casa dopo il penultimo piano. Stava portando l’estrema unzione a un mio zio che se ne stava andando. Mi colpirono le sue profonde parole e lo sguardo partecipe una volta seduto dopo aver impartito il sacramento. Al telefono mi aveva detto che non poteva prima di un certo orario perché sarebbe stato in giro appunto con le suore nelle case del quartiere.

Mi è parsa una buona notizia. Le suore furono chiamate da don Puglisi, prima ancora che il Centro Padre Nostro di fronte la parrocchia, quello pensato e voluto da don Pino, entrasse in funzione.

Prima di incontrare don Gabriele mi soffermo davanti al Centro. Nella targa c’è scritto: Centro Parrocchiale di Accoglienza Padre Nostro, fondato dal Beato Padre Pino Puglisi il 16 luglio 1991 ed inaugurato dal Cardinale Salvatore Pappalardo il 29 gennaio 1993.

In questa palazzina c’è l’essenza di don Pino. Un centro parrocchiale, cioè in piena sintonia con la parrocchia che si trova dall’altra parte della strada, meno di quaranta metri, di accoglienza, completamente slegato da prebende e finanziamenti. Entrati in chiesa, sento il coro che si esercita.

Don Pino e don Maurizio

Don Gabriele deve affrontare con una volontaria l’accesso problematico in una casa. A volte occorre pure capire e incassare i no di chi non vuole il tuo aiuto. Mi ospita nell’archivio. Le foto di Puglisi e di don Maurizio si trovano una accanto all’altra. Don Gabriele, mi parli di queste due preti.

“Per quanto riguarda don Puglisi a me sembra di riscontrare in molti la sua eredità, la sua ispirazione, il suo modo di servire il quartiere.  Cerchiamo di incarnare il suo modo d’essere, non nel senso di fare quello che ha fatto lui, ma nel senso di provare a vivere le cose come le ha vissute e viste lui. La sua dedizione, il suo spirito di sacrificio. L’altra cosa in cui si vede la sua traccia indelebile è l’interesse delle famiglie verso l’istituzione scolastica. Poi c’è, nel suo nome, un flusso continuo, l’invasione di tanti ragazzi e ragazze, scuole, gruppi, movimenti. Mi sono chiesto cosa cercano. Secondo me l’uomo di fede che ha vissuto per la giustizia, per la legalità”.

“Il centro e il legame con la parrocchia”

Parliamo brevemente del mio casuale incontro serale o meglio notturno a metà luglio del 1993 con 3P.  Prosegue don Gabriele. “Il centro lui l’ha voluto di fronte la chiesa in modo che ci fosse uno stretto legame con la parrocchia. Al centro si fa catechismo e tre volte la settimana vengono i ragazzi del liceo Danilo Dolci, che si trova a cento metri, per il recupero scolastico dei bambini del quartiere. I ragazzi del liceo non possono stare da soli, quindi ci sono sempre dei volontari della parrocchia che fanno da supervisori. Il Centro Padre Nostro, come voleva don Puglisi, è completamente slegato da finanziamenti pubblici”.

L’esempio di don Maurizio

Don Gabriele parla cercando le parole giuste ad ogni passaggio. “Maurizio Francoforte aveva una personalità fortissima, anche se silente, molto silente, non era l’uomo mediatico, ma lui ha lavorato tantissimo proprio nel silenzio, con tenacia. Ho ammirato la sua praticità, cercava e trovava soluzioni per la parrocchia, per il territorio”.

Gli chiedo quali sono le attività parrocchiali. “Oltre quelle classiche, prima del Covid abbiamo fatto molti campi scuola con altre parrocchie del nord, con altri volontari che venivano per esempio dagli oratori delle chiese del nord. Stavano qua una settimana, andavano a prendere i bambini per esempio nella zona cosiddetta degli Stati Uniti e li portavano al Padre Nostro, si cucinava, i ragazzi dormivano lì. Questo ha funzionato molto”.

Il territorio

Stati Uniti e Via Hazon e dintorni sono i luoghi più sofferenti del territorio parrocchiale. “Il problema – sottolinea don Gabriele – è che le due zone dialogano pochissimo e non collaborano, ci sono problemi diversi anche se non molto differenti, ma sono due povertà diverse. La parrocchia è come se fosse composta da tre anime che non interagiscono, quelle più problematiche degli Stati Uniti e di Via Hazon e la terza parte, preponderante, composta da famiglie che potremmo definire della classe media. Ciò a livello parrocchiale rende molto difficile costruire la comunità, anche se noi giriamo casa per casa, con un servizio che stiamo assicurando a tappeto. Nelle zone più difficili molti non aprono, le famiglie disponibili hanno comunque dei punti di riferimento religiosi pregressi”.

Don Gabriele si ferma un attimo per argomentare meglio. “Noi lo facciamo per far capire alle persone che la parrocchia è vicina a loro e che in qualunque momento ci siamo”. Mi racconta che c’è un problema di divario generazionale che non si riesce a colmare.

“Ci sono pochi giovani e molti over sessanta – precisa Don Gabriele -, quei pochi sono i figli o i nipoti del periodo di quando la comunità era fiorente con Padre Ignazio Acquisto, Don Giuè, Don Puglisi, Don Mario Golesano e Don Maurizio. È un periodo di crisi sul quale secondo me incide, per quanto riguarda i giovani, l’eccessivo utilizzo dei cellulari già da piccoli. Fanno fatica a ragionare, a lavorare sul proprio vissuto. E non è una cosa che riguarda soltanto Brancaccio”.

“Ricreiamo un tessuto comunitario”

Percepisco che la parte di parrocchia non irrilevante numericamente che appartiene al ceto medio non collabora più come nel passato. Don Gabriele concorda. “Stiamo cercando con pazienza di ricreare un tessuto comunitario”. Ma oltre le ombre, che probabilmente riguardano la vita di tutte le parrocchie, ci sono pure le luci nel racconto di don Gabriele.

“C’è il bel gruppo del coro, un gruppo famiglie, coppie di persone sposate che camminano insieme al diacono, don Angelo. Poi c’è un ottimo servizio agli ammalati, li vanno a trovare portando anche la comunione. Non c’è più la confraternita. Si collabora molto con la scuola media, con il liceo Danilo Dolci, con la scuola elementare e con qualche associazione come ad esempio Quelli della Rosa Gialla“.

Oggi più attenzione per la legalità”

Parliamo di un gruppo attivo nel sociale che ha prodotto musical che hanno fatto il giro d’Italia con migliaia di spettatori. Non possiamo certo non toccare il tema delinquenza e della mafia. Il sacerdote ha le idee abbastanza chiare.

“La delinquenza ha un andamento sinusoidale, ci sono delle fasi più acute e delle fasi in cui il fenomeno è meno rumoroso. Ora per esempio temo quello che ogni anno si scatena contro le forze dell’ordine con le vampe di San Giuseppe. Riguardo all’antimafia, invece, c’è anche a Brancaccio una coscienza diffusa che prima non c’era. E c’è un po’ più di attenzione verso la legalità. Poi c’è sempre, non solo a Brancaccio, il virus culturale mafioso che continua a vivere”.

Un passato francescano

Prima di transitare verso l’impegno diocesano, don Gabriele ha attraversato il deserto. “Ero un fratello francescano, lo sono stato per 28 anni, a un certo punto mi è stata stretta quella forma di vita troppo rigida e per me è diventato tutto insostenibile, sia psicologicamente che fisicamente. Mi sono dovuto fermare per tre anni e chiedermi per quale motivo mi stava succedendo questo. Tale lungo periodo è stato però prezioso perché ho scoperto che il Signore mi stava chiamando ad un altro tipo di servizio. Sono in diocesi da quasi tre anni e questo di Brancaccio è il primo incarico che mi è stato assegnato. All’inizio è stato traumatico. Uscire da una forma di vita eremitica e trovarsi in trincea è stato duro durante il primo anno. Oggi devo dire che sono onorato di calpestare un territorio segnato dal sangue di un martire e di servire la gente che ha servito don Pino. La mia lunga crisi mi aiuta a stare vicino alla gente che soffre”.

“Facciamo ponte”

Da come scruta l’interlocutore durante l’ora del dialogo, questo appare chiaro. Don Gabriele cerca di catturare ogni esigenza di chi si trova di fronte a lui. Ma cosa può chiedere una comunità come quella di Brancaccio alla città e alla chiesa di Palermo?

“Bisogna rilanciare la fiducia in noi stessi come comunità, magari coinvolgendoci in piccoli gesti dove ci si chiede a vicenda un minimo di collaborazione. Nei confronti della chiesa diocesana occorre tenerla aggiornata, coinvolgerla, non isolarci, fare da ponte”.

Dalla morte di don Maurizio, dicembre 2024, la comunità aspetta che le venga assegnato un nuovo parroco, ma nel frattempo don Gabriele cerca di accompagnarla nel miglior modo possibile. Con le altre parrocchie della zona dialogate?

“Con le altre parrocchie vicine si collabora. Segnalo che intorno alla chiesa esistente nell’ex deposito delle ferrovie, che noi amministriamo, c’è una bella comunità da curare. Noi andiamo ogni domenica”.

La fede, un terzo occhio”

Ma cosa è la fede adesso per un francescano eremita di stretta osservanza passato a lavorare sul territorio? “La mia fede è un terzo occhio. Prima la fede era con meno responsabilità, un cammino di perfezionamento spirituale personale. Oggi la mia fede si sta arricchendo di un percorso di attenzione maggiore verso gli altri. Quando si chiude il portone della parrocchia a me continuano a rimanere in testa le persone con i loro problemi e l’impegno che ci vuole per tentare soluzioni possibili. L’occhio della fede è dinamico tuttavia, cresce sempre, si arricchisce di continuo”.

Il ricordo del Papa

Nel 2018 Papa Francesco pellegrino a Palermo nei luoghi del martirio di don Pino, entrò quasi da solo a San Gaetano. Chissà quali pensieri e meditazioni si è portato appresso. Nella facciata della chiesa, che per la precisione si chiama Maria Santissima del Divino Amore e San Gaetano, ci sono da quel giorno le gigantografie del Papa e di don Puglisi. Chiedo a Don Gabriele due parole sul pontefice.

“Papa Francesco ha segnato il futuro della chiesa, che dopo di lui non può più tornare indietro. Per quanto riguarda me, spesso mi sono stupito che la mia crisi spirituale e la sua soluzione è coincisa con questo papato e con Brancaccio. Non riesco a non collegare questi due aspetti”.

La porta sull’altare

Poi mi porta un po’ a visitare la chiesa. Rivedo la porticina che sbuca sull’altare. Da chierichetto entravo e uscivo da lì. Facciamo una foto davanti la mensa in legno semplice che fu di Puglisi. Siamo alla porta. “Quando verrà eletto il nuovo parroco lo saprai dai giornali”. Replico. “Magari, chissà…”. “Quello che vuole il Signore”, è il suo saluto finale.

Vado a riprendermi l’auto, ripasso dal Centro Padre Nostro. Prima era chiuso adesso è aperto con tanti giovani e un frate in visita. Don Pino è ancora in questo centro pagato a caro prezzo.

La sera del 15 settembre 1993 telefonò dalla cabina che c’era sul marciapiede di fronte al centro. Il commando mafioso di morte vedendolo decise di agire subito. Ma non sapevano che, poverini, come recitano Ficarra e Picone nel loro bellissimo pezzo su don Puglisi, ci sono diverse nascite. Parto naturale, cesareo, in acqua e parto per uccisione. Ci auguriamo che la vita di don Pino, che non è finita, riesca ad indicare alla sua parrocchia e alla Chiesa palermitana sempre più la strada da percorrere.

martedì 4 marzo 2025

Palermo Brescia, da Carducci ai play off.

 ROSALIO - Il Blog di Palermo 

2 Mar 2025

Palermo – Brescia, dal Barbera e dintorni è (quasi) tutto

Francesco Palazzo

https://www.rosalio.it/2025/03/02/palermo-brescia-dal-barbera-e-dintorni-e-quasi-tutto/ 


Prima della partita

Il Palermo si presenta al Barbera, nel mese in cui già la primavera si sente, anche se la domenica è fredda, reduce da un tondo 3 a 0 in quel di Cosenza. Ma pure da due brutti pareggi contro Spezia e Mantova e dalla sconfitta in casa con il Pisa, nonché dalla sconfitta con la Reggiana fuori casa. Cinque punti in cinque partite, le ultime, appunto. Media più da play out che da play off. Qual è il Palermo che giocherà le ultime undici gare? Pare che gli innesti di portiere, difensore e attaccante dovrebbero da un lato rassicurare nel gioco difensivo, dall’altro consentire di guardare la rete avversaria con meno problemi. Visto che peraltro i rosanero proprio nel numero di gol fatti rispetto a quelli presi presentano maggiori difficoltà. I rosa sono noni con 35 punti prima di scendere nel catino del Barbera, dunque di un pelo fuori dalla zona play off. Ed è molto probabile che ci restino pure con una vittoria contro i bresciani. Considerato che la posizione ottava, quella del Bari, è a due punti e che le altre formazioni ancora più sopra non possono essere raggiunte dal Palermo anche vincendo. Se poi non si dovesse vincere, siccome il Modena, che gioca in casa con l’ultima in classifica, è a un punto del Palermo, la squadra di Dionisi alla tirata dei conti si potrebbe trovare decima stasera. Con un distacco dall’ottava che, nella peggiore delle ipotesi, ossia sconfitta dei rosanero, si cristallizzerebbe a cinque punti. Insomma, al punto in cui siamo, se il Palermo vuole rimanere agganciato al gruppo dietro le prime tre, di queste undici incontri deve vincerne almeno sei, con due o tre pareggi, limitando al minimo le sconfitte. E magari sperare, a partire da oggi, perché no, che le altre facciano peggio o non meglio in blocco. Sotto il cielo comandato dal dio del calcio tutto può accadere. Se però il Palermo farà quasi la media di 2 punti a partita. Adesso è 1,29. Del resto il numero sei non è scritto a caso, essendo esattamente la quantità di partite che da oggi alla fine del torneo giocherà in casa la squadra di capitan Brunori. Oggi assente, sostituito da Le Douaron, per un’ammonizione abbastanza ingenerosa. L’ultima affermazione tra le mura amiche risale al 19 gennaio, contro la Juve Stabia. Quindi quanto accadrà nel rettangolo verde di Viale del Fante, condizionerà l’accesso o meno ai play-off. Il problema è che sinora in casa su tredici partite ci sono state soltanto cinque vittorie, quattro pareggi e quattro sconfitte. Dunque, oltre che col Brescia, le partite casalinghe contro Cremonese, Sassuolo, Carrarese, Sudtirol e Frosinone saranno fondamentali. Ma qua va segnalato un problema che riguarda non l’aspetto tecnico ma politico. C’è incredibilmente una concreta possibilità che il “Barbera” resti sbarrato agli spettatori dal 19 marzo, a causa della scadenza del certificato di idoneità statica dell’impianto. La società è in grado di fare tutto da sola al posto del Comune, proprietario dell’impianto. Attende soltanto che il consiglio comunale produca l’atto convenzionale necessario. Entrando allo stadio notiamo che un disegno, tra i tanti interessanti e belli da vedere, lungo il perimetro del Barbera, manda un bel messaggio. Vediamo un uomo che si reca in curva con quello che sembra un bambino sulle spalle e accanto la scritta “di Padre in Figlio”. Il messaggio è chiaro. Lo stadio di calcio deve essere sempre più una struttura dove le famiglie, di generazione in generazione, devono sentirsi a proprio agio portando tranquillamente figli e nipoti. Un luogo frequentato da famiglie non può che essere sereno, senza pericoli. Un posto dove le tensioni sono cancellate e la violenza, verbale e non, deve essere bandita. E purtroppo invece in tutti i settori degli stadi la violenza verbale campeggia tuttora alla grande. Il punto è che immediatamente accanto a tale virtuoso invito alle famiglie, troviamo una frase che pare rimandare ad un ragionamento diverso. Ad un approccio con gli stadi che sembra radicalmente opposto. Recita chiaramente, a caratteri cubitali, «DIFFIDATO NON MOLLARE». Non, «diffidato hai sbagliato», oppure «diffidato non lo fare più». O magari «diffidato ti aspettiamo per un tifo sano». No, diffidato non mollare. Cioè, diffidato torna e resta fermo nelle tue convinzioni che ti hanno portato ad essere allontanato dallo stadio perché noi le appoggiamo. Certamente tale solidarietà ai “fratelli” diffidati corre di stadio in stadio, di curva in curva, di striscione in striscione. Il problema è che non si tratta in questo caso di molto opinabili opinioni personali che vengono affidate ad uno striscione. Ma di una scritta che perennemente sta sotto gli occhi di tutti i passanti nell’inferriata perimetrale del Barbera. Ora dobbiamo capire quale messaggio deve arrivare alla cittadinanza che passa dalle parti dello stadio. Se quello di portare i piccoli e le famiglie allo stadio. Oppure, l’altro che manda, nella sostanza e nella forma, la solidarietà ai diffidati. Insieme, e a maggior ragione a pochi centimetri, non possono stare. Forse il Comune, proprietario della struttura, dovrebbe intervenire. Il Brescia, 30 punti, tredicesimo, si presenta sotto Monte Pellegrino con la stessa media del Palermo nelle ultime cinque partite. Una vittoria, due pareggi e due sconfitte. Fondato nel 1911, il club figura al quindicesimo posto nella graduatoria della tradizione sportiva italiana secondo i criteri della FIGC e detiene i record di partecipazioni totali e di partecipazioni consecutive ai campionati di Serie B. Tra i ventitre campionati di Serie A disputati, il miglior risultato è stato l’ottavo posto ottenuto nella stagione 2000-2001. Nello stemma delle rondinelle troviamo il leone. Brescia, la Leonessa d’italia contro l’oppressione austriaca, è stata immortalata dal Carducci nella poesia Alla Vittoria del 1877: «Lieta del fato Brescia raccolsemi, Brescia la forte, Brescia la ferrea, Brescia leonessa d’Italia beverata nel sangue nemico». Vedremo se prevarrà l’Aquila o la Leonessa.

La partita

All’inizio una voce, tra le tante cose vietate, prescrive che è vietato sporgersi dagli spalti. Cosa che ovviamente viene consentita al tifo organizzato. Di Francesco nuovamente tra i titolari, Ranocchia in panca, non sta bene. Le rondinelle maglia blu con la tradizionale V bianca. I padroni di casa consueto completino rosanero. A due minuti dall’inizio Palermo a due passi dal gol. Il Palermo c’è. Al quinto di nuovo quasi gol. All’ottavo Pojanpalo conquista una punizione dentro l’area dopo un contrasto con il portiere, occasione sprecata. Sul successivo calcio d’angolo rosa ancora pericolosi. Primo quarto d’ora solo Palermo che pressa, costruisce, tira, vede la porta. Primi cinque minuti del secondo quarto d’ora stessa cosa. Solo il Palermo può vincere o pareggiare, viste le cose in campo escludiamo la sconfitta, questa partita. C’è questa piccola postilla fastidiosa che nel calcio occorre segnare. Intanto 25mo. In questo secondo quarto d’ora la leonessa ha dato qualche zampata verso la porta rosanero, meno protagonisti della prima frazione. Ombrelli aperti nelle curve e in gradinata. Al 31mo i rosa impegnano il portiere bresciano. Che al 34mo prende in sicurezza un tiro da fuori area dei rosa. Al 35mo di nuovo prende un tiro partito dentro i sedici metri. Palermo più sprecone che bravo. E non è la prima volta. Al 38mo Pohjanpalo vede l’angolo di testa ma il portiere delle rondinelle si supera. Al 42mo Palermo ancora pericoloso. Di Francesco migliore in campo nei primi 45 giri d’orologio. Fine primo tempo tra qualche applauso. Rispetto ai fischi delle partite precedenti, è una notizia. La squadra di Dionisi vince ai punti abbondantemente. Ma è calcio, non pugilato. Gli spettatori non aumentano, i sostenitori del Brescia non pervenuti.

Nel secondo tempo il Palermo attacca verso la curva sud. Il Brescia sembra partire più vispo rispetto all’inizio del primo tempo. Al 53mo e 55mo Rondinelle pericolose. Al 59mo i rosa ci provano ma non vedono la porta. Al 61mo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, sì, ma il portiere bresciano si oppone. Fa lo stesso al 62mo con una miracolosa parata, quasi gol per i rosa. Il Palermo, che sembrava aver iniziato uno dei secondi tempi in versione dimessa cui ci ha abituati, cresce ma non è quello del primo tempo. Al 67mo altra occasione persa dei rosa sopra la traversa. Vasic e Segre in campo. Al 71mo i rosa ancora minacciosi. Ma un gol, anche malandato, vale più di cento buone azioni. E quel gol, a 18 minuti dalla fine, non c’è ancora. Al 74mo e al 75mo altri due giri a vuoto dei rosa in attacco. Stessa cosa al 78mo. A 12 dalle fine entrano Lund (che farà la sua parte) e Diakité, esce l’ottimo Di Francesco. Dalla panchina del Palermo firmano a quel punto per il pareggio? All’85mo la dea bendata, o qualcosa del genere, decreta che è rigore per i rosa. Pohjanpalo buca la porta del valoroso portiere bresciano che c’era quasi arrivato. Solo così si poteva segnare. Vantaggio meritato per quello che si è visto in quasi novanta minuti. Nei sei minuti di recupero entra Insigne, che gioca bene, esce tra gli applausi Le Douaron. I rosa sfiorano il 2 a 0 con Insigne. Poi lo stesso serve Pojanpalo che ci prova con una rovesciata tipo Fuga per la vittoria. Il triplice fischio dice che può bastare.

Dopo la partita

Vittoria doveva essere e vittoria è stata. Se non c’era il rigore neppure a martellate i rosa avrebbero gonfiato la rete del Brescia. C’è un’enorme difficoltà a fare gol tra le mura amiche, ma i tre punti sono in cascina. Alla fine Pohjanpalo manda baci a tutti. Sabato si va a Genova contro la Samp. Il 14 marzo si riceve in casa la Cremonese. Potrebbe essere uno scontro diretto per i piani alti. Seconda vittoria consecutiva al Barbera. È già accaduto a gennaio, vediamo di arrivare a tre, quattro.

Possiamo scrivere che il Palermo ha giocato una buona partita. La differenza con la Leonessa d’Italia si è vista tutta. Il solito tridente dei neo acquisti, Audero, Magnani e Pohjanpalo, più un ottimo Di Francesco, un buon Gomes e un deciso Ceccaroni, hanno preso per mano i rosa. Ma anche Insigne nei minuti di recupero ha tenuto alta la squadra. I due esterni di attacco, Di Francesco e Insigne, che parevano archiviati, insieme a Di Mariano, che abbiamo visto in tribuna e che rientrerà presto dopo l’intervento, possono dare una grossa mano in questo finale di stagione. Per quanto riguarda la classifica va detto che tra i contendenti il quarto posto solo il Cesena ha vinto, Cremonese e Catanzaro hanno pareggiato, la Juve Stabia ha perso peraltro in casa, il Modena che era a un punto dal Palermo ha pareggiato in casa con l’ultima in classifica. La quarta posizione è a cinque punti. A fine giornata il Bari, che sopravanzava prima di questa giornata il Palermo di due punti all’ottavo posto, pareggiando in casa con la Samp, prossimo avversario del Palermo, finisce al nono e dunque il Palermo rientra in zona play off. Si realizza al meglio una delle ipotesi, la migliore, che avevamo fatto nella sezione Prima della partita. Quel rigore realizzato oggi al Barbera non ha segnato soltanto la vittoria, ma ha in qualche modo rimesso il Palermo al centro del villaggio.

sabato 1 marzo 2025

Padre La Grua. Una strada di ascolto e cura per tutti.

 PORTA DI SERVIZIO 

Notizie Chiesa locale e universale

28 febbraio 2025

Ascolto e cura sulle orme del Vangelo, l’eredità di Padre La Grua

Francesco Palazzo

https://www.portadiservizio.it/2025/02/28/ascolto-e-cura-sulle-orme-del-vangelo-leredita-di-padre-la-grua/



Abbiamo letto che il 3 marzo si apre il processo di canonizzazione di Padre Matteo La Grua, morto a 97 anni nel 2012. L’ho conosciuto, o meglio, l’ho intravisto prima da lontano in uno dei suoi affollatissimi incontri dentro la chiesa della Noce e poi più da vicino un’altra volta.

Attorniato da tante persone, bambini, giovanissimi, adulti, anziani, vecchi. Ciascuno o ciascuna accompagnati dalle famiglie con carichi di dolore, fisico o spirituale, da affrontare sicuramente, da risolvere se possibile, e comunque da alleggerire.

Perché se hai qualcuno che per un momento prende su di sé il tuo carico di dramma, la tua sofferenza e a questo aggiunge quantomeno un tentativo di trovare se non la risoluzione, almeno un riparo, almeno vai via con un’altra prospettiva e con punti di domanda meno acuminati. E non è neppure necessario, figuriamoci obbligatorio, che tu condivida la prospettiva teologica o di fede di chi interviene.

Una porta sempre aperta

Quando un medico si china su chi soffre non chiede la carta d’identità. I biografi di padre Matteo ci raccontano che sino agli ultimi giorni della sua esistenza vegliarda, chiunque, da qualsiasi parte del mondo, bussava alla sua porta. Che veniva regolarmente aperta per essere sorretti, per pregare insieme o solo per un colloquio. Il religioso affermava che “i bisogni della gente non vanno mai in pensione. Di conseguenza, nemmeno i sacerdoti”. Possiamo dire che il processo di canonizzazione inizia per una persona che si è spesa trasversalmente per il popolo.

Visto che il dolore, i passaggi in mezzo al guado, gli strappi delle esistenze, democraticamente bagnano sia le case povere sia quelle ricche. C’era una porta dove si bussava, in palermitano si “tuppuliava” nel cortile di via Ruggerone da Palermo, era un accesso del convento dove il padre viveva, proprio sul retro della chiesa Sacro Cuore di Gesù, alla Noce.

Il segno nella Chiesa di Palermo

Nel Vangelo di Luca (11, 5-13) troviamo scritto: “Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Certamente chiunque bussava per chiedere, per cercare, trovava aperto e riceveva. Ma pure dava.

Non c’è nessun dialogo, neppure il più chiuso e impenetrabile, che non abbia tale processo bilaterale sempre attivo. Il cardinale Salvatore Pappalardo, che ha reso un servizio fondamentale in tempi durissimi alla Chiesa di Palermo, evidentemente riconoscendolo come guida, gli conferì il mandato di guidare i carismatici a Palermo.

Un altro arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, il giorno dei funerali ebbe modo di constatare il lascito di Matteo La Grua dal fatto che la cattedrale era strapiena di laici e credenti come poche volte è accaduto. Ammesso che si possa mettere sulle vite di ciascuno di noi un marchio, un bollo univoco.

Quando mi chiedono se credo a qualcosa riferendosi ad una confessione religiosa, rispondo che credo in tante cose. Forse troppe. Recentemente soltanto con un altro personaggio di uguale spessore come Biagio Conte, che ha pure lui curato i corpi dilaniati in altro modo dalla fame e dall’indigenza, il duomo palermitano è stato stracolmo.

Quando sei morto e ricevi un tributo di folla forse è il segno che la direzione era quella giusta. Vedi anche i funerali di Falcone, Borsellino, don Pino Puglisi, Peppino Impastato.

Adesso tocca a un altro arcivescovo, don Corrado Lorefice, che in piazza Pretoria il giorno del suo insediamento, ero sotto il palco, citò l’articolo 3 della costituzione, presiedere all’avvio del processo di canonizzazione di Padre La Grua.

Segno che la sua figura sino ad oggi ha toccato, da Pappalardo in poi, più di cinquant’anni di storia della Chiesa palermitana. E ancora questa storia proseguirà.

Ascolto e cura

Un libro pubblicato nel 2001 e scritto a quattro mani anche da Padre La Grua ha il seguente titolo: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. È un richiamo alla vita e alle parole di Gesù. Ma è pure un forte incitamento, mi piace pensare, a ciascuno a farsi ascolto e perciò cura.

Credo che alla fine sia il percorso che una figura come Padre La Grua indica a tutti. Certamente a chi scrive. Magari a pochi è dato di avere lo spessore di santità del sacerdote della Noce, nativo di Castelbuono. Ma a tutti, basta volerlo, può essere riconosciuta la capacità, se non di guarire, di provare a lenire le angoscianti salite di chi arranca sui viali non illuminati dell’esistenza.

Palermo Stadio Barbera. Famiglie o diffidati?

 Palermo Today 

27 febbraio 2025

Due messaggi molto diversi all'ingresso del Barbera

Francesco Palazzo

https://www.palermotoday.it/social/segnalazioni/due-messaggi-molto-diversi-all-ingresso-del-barbera.html 



I simpatici disegni che campeggiano lungo il perimetro esterno dello Stadio Barbera a Palermo, sono tutti da guardare perché interessanti. Uno è molto significativo. Abbiamo un uomo che si reca in curva con quello che sembra un bambino sulle spalle e accanto la scritta "di Padre in Figlio". Potrebbe essere la cosa declinata pure al femminile. Sia per quanto riguarda la persona adulta che per quanto attiene a chi sta a cavalcioni. Ma va bene pure così. Quando cambiaremo le nostre teste muteremo pure le parole per descrivere tutto includendo anche il genere femminile. Che è molto presente al Barbera. Il messaggio è comunque chiaro. Lo stadio di calcio deve essere sempre più una struttura dove le famiglie, di generazione in generazione, devono sentirsi a proprio agio portando tranquillamente figli e nipoti. Un luogo frequentato da famiglie non può che essere sereno, senza pericoli. Un posto dove le tensioni sono cancellate e la violenza, verbale e non, deve essere bandita. E purtroppo invece in tutti i settori degli stadi la violenza verbale campeggia tuttora alla grande.

Il punto è che immediatamente accanto a tale virtuoso invito alle famiglie, troviamo una frase, come vedete nella foto a corredo di quello che leggete. Che pare rimandare ad un ragionamento diverso. Ad un approccio con gli stadi che sembra radicalmente opposto. Recita chiaramente, a caratteri cubitali, "DIFFIDATO NON MOLLARE". La cosiddetta “diffida” può avere una durata minima di 1 anno e una massima di 5 anni. Ed è legata al Daspo (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive). È una misura comminata ai singoli che si sono resi protagonisti di comportamenti scorretti, usiamo un eufemismo, nei luoghi degli eventi sportivi ed ha lo scopo di impedire tali comportamenti, tenendo lontane per un lasso di tempo variabile determinate persone precedentemente individuate dalla forza pubblica. La normativa è stata inserita nella legislazione per contrastare la violenza in occasione di manifestazioni sportive e nasce in particolare per le partite di calcio.Il Daspo vieta al soggetto ritenuto pericoloso di accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.

Il provvedimento viene emesso dal questore e può avere la prescrizione della presentazione alle forze dell'ordine contemporaneamente allo svolgimento delle manifestazioni vietate. Tale vicinanza ai diffidati la troviamo pure in altre parti dello stadio e anche sugli spalti in occasione delle partite. Quindi, accanto all'invito "di Padre in Figlio" abbiamo "DIFFIDATO NON MOLLARE". Non, "diffidato hai sbagliato", oppure "diffidato non lo fare più". O magari "diffidato ti aspettiamo per un tifo sano". No, diffidato non mollare. Cioè, pare di capire, diffidato torna e resta fermo nelle tue convinzioni che ti hanno portato ad essere allontanato dallo stadio perché noi le appogiamo. Certamente tale solidarietà ai "fratelli" diffidati corre di stadio in stadio, di curva in curva, di striscione in striscione. Il problema è che non si tratta in questo caso di molto opinabili opinioni personali che vengono affidate ad uno striscione. Ma di una scritta che perennemente sta sotto gli occhi di tutti i passanti nell'inferriata perimetrale del Barbera. Ora dobbiamo capire quale messaggio deve arrivare alla cittadinanza che passa dalle parti dello stadio. Se quello di portare i piccoli e le famiglie allo stadio. Oppure, l'altro che manda, nella sostanza e nella forma, la solidarietà ai diffidati. Insieme, e a maggior ragione a pochi centimetri, non possono stare.