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4 settembre 2025
Cronaca di una “acchianata”, percorso di fede tra le luci di Palermo
Francesco Palazzo
Nel giorno in cui si ricorda l’eccidio mafioso che vide morire il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il 3 settembre di 43 anni fa, proprio nelle stesse ore ogni anno, i palermitani fanno, e io tra loro, la “acchianata” sul monte Pellegrino verso la Santuzza. Di cui il 4 si ricorda il giorno della morte (era il 1170) e in cui le tante Rosalie palermitane festeggiano l’onomastico.
Non è il Festino del 15 luglio, fantasmagorico, brillante, con il pienone di gente dal piano del Palazzo dei Normanni al piano della Marina. Nella nottata tra il 3 e il 4 settembre, questa volta insolitamente fresca, il clima è più di riflessione, silenzio, in compagnia delle stelle, della luna e, caso raro, di qualche nuvola. Anche in questo 3 settembre 2025 il serpentone di devoti e devote che sale e scende è abbastanza trasversale.
Un contesto inusuale
Il contesto, per uno come me, “acchianatore” seriale alla luce del sole nei giorni in cui Rosalia non viene festeggiata, e dunque si incontrano poche persone nei tornanti verso l’alto e verso il basso, è inusuale. Non soltanto per i numeri ma anche perché di sera, di notte, di Palermo vedi le luci. Che delineano forme e immagini davvero belle da ritrarre.
C’è Julian vestito con un completino del Palermo e c’è una bambina con il palloncino rosso a forma di cuore. Don Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, ricorda Dalla Chiesa e le vittime del 3 settembre 1982, sottolineando il no alle mafie. Il vescovo saluta e abbraccia cordialmente e fraternamente molti e molte.
È la prima volta, superati i 60, che Mariagrazia e Sabina hanno deciso di fara il percorso a piedi, sono della parrocchia di Santa Rosalia. Per loro la santa è il legame con Palermo, sia religioso, devozionale che popolare. Paola sale con le stampelle, c’è andata pure a Lourdes. È un ex catechista di Acqua dei Corsari. Chiede salute e che si dia testimonianza cristiana ai giovani.
Un messaggio di speranza
Mi avvicino a don Corrado e gli chiedo com’è cambiato, in questi 10 anni in cui è arcivescovo, il rapporto con la santa. Mi dice che c’è intanto una conoscenza sempre più profonda, che lo appassiona per quello che è il suo messaggio di fede, soprattutto di speranza che dà alla città. E che la sente sempre presente nella sua vita, insieme a don Pino Puglisi e a Biagio Conte.
Per la città cosa chiederebbe il suo vescovo a Rosalia? Un senso di responsabilità maggiore per gli adulti nell’accompagnare i giovani – mi risponde – perché non si lascino nelle mani di predatori che li illudono. Dobbiamo dire loro – aggiunge – che la droga è morte e però noi dobbiamo dare loro altra sostanza.
Le voci di chi sale
Una ragazza e un ragazzo inglesi salgono mano nella mano. Le luci messe per l’occasione in alcuni punti abbagliano, ma è la città che rimanda forme accese che affascinano. C’è chi sale recitando il rosario, chi parlando di storie personali, chi non sbaglia un verbo, chi non va oltre il palermitano stretto. Rosalia è ancora lontana nei primi tornanti ma è pronta ad accogliere tutti e tutte.
Elena mi dice che chiederà tranquillità, serenità, salute personale e familiare e per gli amici. Ma poi evidenzia che “la storia della Santuzza può esserci d’aiuto nella prospettiva di indipendenza femminile, se è riuscita ad essere libera lei tanto tempo fa possiamo farcela pure noi”.
Due giapponesi si inerpicano fotografando tutto. Tiziana non è religiosa, ma ci tiene a dire che il rapporto con Rosalia è per lei importante, di stima, “perché vede che smuove le folle e le coscienze. Poi è una donna libera, quindi il suo spirito lo apprezza in toto. Dovrebbe illuminare le menti dei palermitani affinché amino di più la città”.
Un uomo mi chiede se è vero che ci siano ancora 27 chilometri per arrivare. La compagna se la ride per averlo preso in giro. Filippo ha la maglietta di Santa Rosalia realizzata su un suo disegno. Da quando è nato è un “acchianante”, i suoi genitori lo portavano da piccolissimo. Da 18 anni la fa da solo. Rosalia, credi o non credi, è lì – mi dice – come punto di riferimento per tutti. Collabora col Festino e ha realizzato la statua bianca della Santa che si trova in cima.
I volontari e le forze dell’ordine in tutto il percorso sono abbastanza presenti. Così come l’assistenza sanitaria. Rosalia, con un passato in Comunione e Liberazione, con la famiglia e il cane Baltica, sale per la prima volta il 3 settembre. Come donna libera è stata un esempio – afferma – chiede a Lei che i giovani possano rimanere e che ci sia un lavoro per loro e per tutti.
Norma è filippina, sorride sempre, la rispetta come protettrice della città e ha offerto anche le bavette dei suoi figli nati a Palermo.
Siamo quasi a metà percorso. C’è chi si ferma un attimo per riprendere forze. José Antonio Sabino è della Congregazione di Gesù e Maria ed è da quattro anni parroco a Nostra Signora della Consolazione di via dei Cantieri. Sono in 4, due colombiani, un messicano e lui. Che è alla quarta acchianata. Ha un viso e un sorriso empatici e accoglienti. Santa Rosalia è la patrona della parrocchia di sua madre in Venezuela. Anni fa, appena arrivato a Palermo, si è ammalato di Covid. È stato più di un mese ricoverato e ha chiesto alla patrona la guarigione.
Bisogno di pace
Ci sono tantissimi ragazzi e ragazze che salgono. Due suore fanno strada insieme. Una, Mena, è filippina, opera allo Sperone in parrocchia e insegna a scuola. L’altra, Lidia, è originaria del Benin, è infermiera, presta servizio presso una casa di cura ed è impegnata nella parrocchia di Santa Lucia al Borgo Vecchio.
Lidia chiederebbe, come ha detto il vescovo, sottolinea la pace nel mondo. Mena un aiuto per i ragazzi dello Sperone e le loro famiglie che spesso sono in difficoltà, coinvolte in storie di droga. Federica fa l’acchianata a piedi scalzi, come tanti, anzi tante, perché sono soprattutto donne ad andare senza scarpe. Di Santa Rosalia la colpisce il coraggio, chiede salute, serenità e pace.
Non è possibile evitare di riprendere le immagini di luce che provengono dalla città. Valentina sale col marito e col figlio piccolo nel passeggino. L’acchianata l’ha fatta l’ultima volta prima della nascita di Giuseppe, adesso che ha 5 anni ci riprovano. Per suo figlio chiede una buona condotta di vita, onestà, trasparenza e tanta pace.
In compagnia di don Natale
Un pezzo di percorso lo faccio con don Natale Fiorentino, parroco del Santuario dal settembre 2023. È un religioso del Don Orione, realtà che da 80 anni cura il Santuario. Il mio rapporto con lei – mi dice – è mediato dal Vangelo, nel senso che leggi il Vangelo e ritrovi dappertutto lei. Contemplazione, servizio, silenzio, amore della natura la definiscono secondo il suo punto di vista. Aggiunge che Rosalia può essere imitata da tutti, nelle case, nelle famiglie, nei quartieri, perché con semplicità ha vissuto il vangelo. Piuttosto che chiedere grazie dovremmo fare di più noi, chiosa. La vera devozione è l’imitazione dei santi. Chiediamo allora a Santa Rosalia – mi dice – di poterla imitare.
La sua è una parrocchia particolare. Il Santuario, sostiene don Natale, è una parrocchia che ogni giorno cambia parrocchia. I parrocchiani cambiano. La sfida – conclude don Natale – è che in pochi minuti devi dare un messaggio, una freccia d’amore del Signore nel cuore di chi viene, perché chi sale è già molto ben disposto.
Quel che conta è il viaggio
Sono quasi arrivato. Un ultimo sguardo su Palermo e già inizia la piccola discesa asfaltata verso il Santuario. Matteo lo trovo sotto l’ultimo pezzo di scala che porta all’entrata del Santuario. Abbraccia una grande statua di Santa Rosalia attorniato dalla sua famiglia e dai nipoti. Ha lavorato per tanto tempo in Germania, nei pressi di Stoccarda, adesso è in pensione ed è rientrato in Sicilia. Ed è qua, lo dice alla palermitana, per una “promisione'”.
La coda per entrare al Santuario è molto lunga. Scelgo di non varcarla perché questa volta conta il viaggio. Che ho fatto molto lentamente. Da soli si arriva prima, ma insieme si arriva meglio.
Chiudo il taccuino elettronico e inizio la discesa. Sino alla fine c’è ancora tanta gente in salita. Palermo la ritrovi giù. Nelle cure miracolose della Santuzza, ma anche quotidianamente nelle mani dei palermitani.
Concludiamo con don Corrado. Nel suo discorso iniziale chiedeva che la città sia più umana, più vivibile, luogo di incontri veri dove non prevalgano interessi personali. Ne saremo capaci? Abbiamo, al netto della protezione di Rosalia, ampi margini di miglioramento.