venerdì 16 gennaio 2009

L'antimafia degli scandali

LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 16 GENNAIO 2009

Pagina XXIII
REGIME CARCERARIO E MAFIA LO STATO NON DEVE ARRETRARE
Francesco Palazzo

L´ennesima sospensione, poi revocata, del regime carcerario del 41 bis per un soggetto condannato a più ergastoli, ha fatto gridare ancora allo scandalo. La proposta di soppressione dell´ergastolo per la quale i detenuti italiani sono da qualche mese in sciopero della fame a staffetta, sembra invece non preoccupare più di tanto. Tale provvedimento fu sostenuto nella passata legislatura dal centrosinistra. Tanto che un suo esponente presentò, all´inizio del 2007, un disegno di legge per sostituire il carcere a vita con la pena di trent´anni. Sul tavolo di Prodi, a metà 2007, c´era anche un´ipotesi di riforma del codice penale. Anch´essa contemplava l´abolizione dell´ergastolo e la sua sostituzione con la carcerazione di 38 anni. La protesta attuale degli ergastolani vuole sensibilizzare l´opinione pubblica affinché si ritiri fuori il disegno di legge. Che non faceva alcuna differenza tra chi ha commesso un delitto per questioni personali, che niente hanno a che vedere con le mafie, e chi invece nel mettere in atto una strage per conto di un´organizzazione criminale ha fatto saltare in aria giudici e forze dell´ordine. Dunque si protesta opportunamente per un detenuto cui viene affievolito il regime carcerario, ma non si fa una piega nel pensare che un domani, quello stesso detenuto, se si cancellasse l´ergastolo, potrebbe addirittura essere scarcerato. Una palese contraddizione.Il famoso papello, ossia la lista di richieste che Cosa nostra avrebbe presentato allo Stato per finirla con la strategia stragista dei primi anni Novanta, prevedeva ai primi posti sia la cancellazione dell´ergastolo sia l´abolizione del regime carcerario speciale per i mafiosi. Partendo da questo dato storico, dobbiamo prendere atto - lo dicono gli esperti nonché diverse indagini - che i mafiosi continuano a comandare dal 41 bis. Che sembra ridotto a una specie di colabrodo, dove passa di tutto e di più. Dobbiamo altresì rilevare che il progetto di abrogazione dell´ergastolo ha fatto breccia culturalmente in tutte le forze politiche, anche in quelle più a sinistra. Sia chiaro. È giusto consentire il recupero alla società di persone che trenta o quarant´anni hanno spento una vita per questioni private. Ma è la stessa cosa se il carcere a vita è stato inflitto a soggetti che hanno portato avanti disegni criminosi legati alle mafie e che mai hanno collaborato con le istituzioni? Si potrebbe obiettare: ma i mafiosi non devono essere recuperati alla società? Certo, basta che collaborino pienamente con lo Stato. Il ragionamento dovrebbe essere scontato e lineare. Così, evidentemente, non è. In fondo, non ci troviamo in un periodo caldo. Le cosche hanno quasi del tutto abbassato, da più di un quindicennio, il mirino, un tempo puntato verso le istituzioni. Non pianificano stragi e quindi la fase è calante. Una storia sin troppo conosciuta. Che avrà il suo termine nella malaugurata ipotesi di un ritorno alle armi del potere mafioso. Evenienza che, visto l´attuale stato d´incertezza che pervade Cosa nostra, gli inquirenti non escludono affatto. Se accadesse, state sicuri che tutti, nessuno escluso, ricomincerebbero a stracciarsi le vesti, invocando le più severe misure repressive. Non si parlerebbe più della cancellazione indiscriminata dell´ergastolo e il carcere duro tornerebbe a essere tale. In attesa, beninteso, della risacca successiva. Quando si torneranno a chiudere uno o entrambi gli occhi. O ad aprirli a giorni alterni, seguendo ciò che più impressiona l´opinione pubblica. Ci chiediamo. È proprio così difficile, una volta per tutte, attuare un metodo coerente e di lungo periodo contro le mafie? In 150 anni non si è mai fatto. Sino a quando non ci si metterà nella lunghezza d´onda che le mafie non sono un´emergenza, ma una drammatica quotidianità, sarà pure inutile continuare a chiedersi perché abbiano avuto sinora così lunga vita.

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