giovedì 11 marzo 2010

Palermo, una violenza che viene da lontano

LA REPUBBLICA PALERMO
Giovedì 11 Marzo 2010 – Pagina XIX
Ma Palermo non è mai stata una città senza violenza
Il delitto di Enzo Fragalà non segna affatto una discontinuità criminale, isolabile, folle e improvvisa
Francesco Palazzo

Dopo l´omicidio di Enzo Fragalà, che è difficile inquadrare nella vendetta di un singolo, visto che la missione di morte è stata perseguita con lucida e criminale determinazione, hanno colpito le dichiarazioni di coloro che non riconoscono più Palermo dopo un fatto così grave. Si è anche parlato di una città serena prima della mortale aggressione. Si tratta di reazioni che vorremmo condividere. Poiché, però, dobbiamo fare i conti con ciò che viviamo oggi, e abbiamo vissuto nel passato, e non con quelli che possono essere i nostri desideri o il legittimo orgoglio di una città nuovamente ferita, ci troviamo costretti a fare un´analisi diversa sul capoluogo siciliano. Quando, negli ultimi decenni, Palermo è stata una città serena, pacificata? Potremmo partire dal 1959, quando venne abbattuta, in una sola notte, Villa Deliella, che possiamo prendere come simbolo di quello che fu il sacco di Palermo. Ossia il deturpamento violento del territorio cittadino. Negli stessi anni si svolgeva la prima guerra di mafia, che vedeva la mafia di campagna di Ciaculli, alleata già con i corleonesi, combattere contro le cosche del centro di Palermo. Decine di morti e giuliette al tritolo. Una mafia, quella, che se ne uscirà assolta da ben due processi, alla fine degli anni Sessanta. Non cominciarono con minore ferocia gli anni Settanta, con l´assassinio, nel 1971, del procuratore Scaglione e con una mafia che diventava sempre più ricca e sottovalutata. Non è il caso di fare il lungo elenco di morti violente che ognuno di noi conosce bene. Sono stati uccisi preti, magistrati, figure istituzionali, segretari di partito, giornalisti, bambini, imprenditori. Città serena? Ma di cosa stiamo parlando? Possiamo solo dire che era mafia, ma non solo mafia. Ossia che questa città ha prodotto, e continua a produrre, veleni, compromissioni, connivenze, silenzi, che hanno aumentato il tasso di imbarbarimento della vita pubblica. Cosa sono state, infatti, le biografie di due uomini come Falcone e Borsellino, se non il risultato di un tessuto urbano dove ha prevalso la violenza? E non parliamo di quella mafiosa, abbastanza visibile, ma di quella, sia dei colletti bianchi che della cultura popolare, che ha consentito ai due magistrati di restare isolati e, forse, consegnati ai boia di cosa nostra. Il modo in cui sono morti, ancora coperto di misteri per quanto riguarda i mandanti esterni, le cointeressenze che portarono a quelle stragi, rimandano infatti a un mosaico omertoso e criminogeno, di cui l´esercito criminale mafioso è solo un tassello, abbastanza visibile a chi abbia occhi per vederlo. Negli ultimi due decenni il potere mafioso ha trovato nuovi equilibri e rapporti con la politica. E non ci riferiamo alle sentenze di condanna, che pur ci sono state insieme a quelle di assoluzione. Ma a un giudizio politico e storico, su cose e persone, che è abbastanza evidente a tutti noi. Non c´è stata solo la criminalità politico-mafiosa a rendere angosciata Palermo. C´è stata anche la politica, intesa come pura gestione dell'amministrazione. Cosa è oggi, questa, se non una città disgregata, che ha perso, se mai l´ha avuto, un minimo senso comune di cittadinanza condivisa, che permette di riconoscere l´altro come appartenente alla mia stessa comunità? Oggi ognuno di noi ha la sue idee, e soprattutto la sue pratiche, di Palermo. Le periferie sono lande desolate, il centro è composto da mille egoismi che, proprio perché tali, vanno ognuno per proprio conto. La politica, nel luogo istituzionale dove è rappresentata in conseguenza di libere elezioni, dovrebbe fornire questo riferimento comune. Ma è a tutti evidente che non ce la fa. No, questa non è una città serena. Non lo era ieri, non lo è oggi. Il delitto di Enzo Fragalà non segna affatto una discontinuità criminale, isolabile, folle e improvvisa. Non sappiamo se sia vera la frase attribuita a un politico palermitano di lungo corso, il quale avrebbe dichiarato che questa è la Palermo di sempre, una città di accoltellatori. Siamo però abbastanza convinti che l´uccisione di un brillante avvocato e uomo politico, avvenuta di fronte a uno dei palazzi di giustizia più presidiati d´Italia, non ha a che fare esclusivamente con la ricerca di una vile mano assassina. Ma pone i palermitani, ancora una volta, di fronte a tutta la loro storia recente.

1 commento:

  1. E' così. Palermo è una città pesantissima da vivere. A me viene la voglia di scappare. Mi fanno pena i miei figli, che vivono in un contesto violento, incivile, senza regole. Senza onestà, senza giustizia. Mi fanno pena tutti i nostri figli, costretti a misurarsi con pesi troppo grandi.

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