Oggi è forse il caso di riprendere la vicenda dell’albero di via Notarbartolo. Certo. Se non oggi, quando? Vi ricorderete. Ci siamo buttati a corpo morto su quella povera magnolia prima di capire cosa fosse successo. Era stata la mafia o una ragazzata? Inquietanti entrambi le ipotesi. No, era stata una persona sofferente, una delle tante che vediamo in giro per la nostra città. Che ignoriamo e che ci ignorano. E che probabilmente con questo gesto sconsiderato ci ha voluto dire, ci sono anch'io. Forse si poteva evitare tutto quel parapiglia, bastava che funzionasse la telecamera piazzata davanti a quella che fu l'ultima dimora terrena di Giovanni Falcone. Strano, no? Quel luogo è uno dei simboli più gettonati, nel panorama nazionale e mondiale, della lotta alla mafia e non c'è uno straccio di video sorveglianza funzionante. Non è la prima volta che accade e non è questo il punto. Ormai l'allarme era partito e molta gente si è recata a riempire nuovamente l'albero. Tantissimi, bambini, giovani, adulti, animati dai più buoni propositi, non c'è dubbio. Ma tanti anche mossi dalla possibilità di fare bella figura a buon mercato. Come dice la pubblicità: ti piace vincere facile? E che ci vuole, quasi un gioco da ragazzi, fare l'antimafia in questo modo, non ci si sporca neanche il vestito della domenica. E oggi è proprio domenica. Soprattutto se si rappresentano istituzioni che non si fanno funzionare come dovrebbero. Sarebbe questa la vera antimafia? Certo, lo sanno pure le pietre, ma è meglio evitare. Questo è un campo dove è difficile, molto complicato, vincere facile. E, infatti, ci perdiamo un po' tutti. Eppure quell'albero svuotato, qualcosa voleva pur dire. Non soltanto a quelli che hanno subito cercato oscenamente visibilità gratuita sotto i suoi rami. Ma pure a quello che una volta si definiva movimento antimafia e che oggi non saprei come chiamare. Disperso, com’è, in mille rivoli, l'un contro l'altro armati o, se va bene, non comunicanti. Le cose difficilmente accadono per caso, o a volte la casualità si fa carico di scoprire qualcosa che, per tutta una serie di motivi, alcuni nobili, altri meno, si preferisce tenere ben nascosta. E cosa voleva comunicare quella magnolia denudata? Difficile rispondere adesso. E' stata, da subito, ricoperta. In fretta, prima che sorgesse qualche domanda e ci si dovesse dare qualche risposta. Seria, onesta, non retorica. Subito ho avuto la sensazione che stava accadendo come quando si ha vergogna di qualcosa verso la quale ci si sente, in fondo, corresponsabili e perciò si tende a rivelare, ossia a velare nuovamente, ricoprire, nascondere, occultare. Quando invece si dovrebbe avere la forza di svelare, ossia di rendere visibile a tutti la sostanza, tralasciando di occuparsi della forma, affinché questa torni, pulita e candida, al suo posto e plachi le coscienze. Si doveva avere la forza di lasciare quell'albero così com'era stato ridotto. Malconcio, nudo, pieno di ferite. Non per sempre, sia chiaro. Sarebbero bastate alcune settimane, magari sino all'anniversario di oggi, 23 maggio 2010, il diciottesimo. Mettiamo che l'albero sofferente sia la lotta alla mafia, condotta nella politica e nella società. Cosa ci poteva dire in questa domenica quella grande magnolia denudata, violata, se solo gli avessimo dato il tempo di parlarci? E' un punto di domanda che ciascuno, se vuole, può portarsi appresso sino a lunedì. Oppure, se infastidito, può scaricare immediatamente con una scrollata di spalle. Magari mentre apprende, proprio oggi, domenica di passione, con una dolorosa, per l'albero, puntina di metallo il suo bel cartello sul tronco dell’albero Falcone. Sì, forse quella povera signora, come il bambino della favola, ci ha voluto indicare che il re è nudo. Ma abbiamo avuto troppa paura. E subito l’abbiamo rivestito. Francesco Palazzo
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