venerdì 25 febbraio 2011

"Dico cattolici per modo di dire...."

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 8 del 25 Febbraio 2011
Pag. 2
Ma che c'entrano i catttolici
Francesco Palazzo

“Dico cattolici per modo di dire, mai conosciuto in vita mia qui un cattolico vero, e sto per compiere novantadue anni. C'è gente che in vita sua ha mangiato magari una mezza salma di grano maiorchino fatto a ostie, ed è sempre pronta a mettere le mani nelle tasche degli altri, a tirare un calcio nella faccia di un moribondo, e un colpo a lupara alle reni di uno in buona salute”. Cosi, il professore Roscio, nel romanzo A ciascuno il suo di Sciascia, parlando dei siciliani. Mi veniva in mente questo passaggio mentre leggevo del dibattito che si sta sviluppando, oltre che sul simbolo pagano presente nella bandiera siciliana, la triscele, sulle unioni civili. Ma cosa c'entrano il cattolicesimo e il cristianesimo, che non sono affatto sinonimi, con il riconoscimento di alcuni diritti alle coppie di fatto, omo o eterosessuali? Nulla, ovviamente. Anzi, come dimostrato dall'appello di don Cosimo Scordato, prete nel quartiere Albergheria del capoluogo, il quale sostiene che "gli omosessuali sono persone normali, non errori di natura o dei malati, hanno tutto il diritto di amare e di essere amate e di formare delle famiglie", il professare un credo religioso dovrebbe essere soltanto un buon punto di partenza verso un'umanità più matura e includente. Non un intralcio. Vediamo, invece, che sul disegno di legge presentato all'ARS sulle coppie di fatto, omo o etero, molti obiettano, dentro e fuori il parlamento siciliano, che l'essere cattolici impedirà loro di votare o condividere questo provvedimento legislativo. Quindi, una fede non impedisce affatto di alimentare il clientelismo, la corruzione, i rapporti con le cosche mafiose, l'occupazione sistematica dei posti di potere, lo sperpero di risorse pubbliche, ma è un baluardo, una montagna, quando si tratta di riconoscere diritti fondamentali. Un altro parroco della chiesa palermitana, don Francesco Romano, dice a chiare lettere che, nel caso in questione, l'assemblea regionale siciliana non deve legiferare in nome della chiesa ma in nome del popolo sovrano. Ci vuole un prete per ricordare le basi dello stato liberale. Si badi bene, Scordato e Romano sono due mosche bianche nel presbiterio siciliano. L'appello di Scordato è stato accolto con malcelato fastidio da alcuni prelati, che almeno hanno detto pubblicamente come la pensano, per il resto un gelido silenzio. Sulla sortita di Padre Romano, è calata più pesante la cortina d'indifferenza all'interno del mondo cattolico. Sarebbe interessante, su entrambe le questioni, diritti per gli omosessuali e per le coppie di fatto, sapere cosa ne pensa il primate di Sicilia, il cardinale di Palermo Paolo Romeo e, con lui, tutta la conferenza episcopale siciliana. Perché, vedete, è semplice rimbrottare in continuazione le istituzioni pubbliche, comuni, province e regione, affinché facciano sino in fondo il loro dovere verso gli esclusi e nei confronti di tutta la collettività. E' come sfondare una porta aperta. Si tratta di politica estera a buon mercato. Quella che importa è la politica interna. Sin quando si parla degli altri e agli altri è facile esercitare il ruolo di guida morale. Ma il punto è che se poi non si è coerenti nella politica interna, nel governo del proprio campo d'azione, tutte le rampogne e le critiche verso l'esterno rischiano di trasformarsi, bene che vada, in puro distillato di inutile retorica. Lo sappiamo. Ci sono modi diversi di vivere la fede cattolica. Sia tra i politici praticanti, sia tra gli stessi chierici e il popolo dei fedeli. Così come vi sono differenti modalità nell'interpretare la laicità dentro le istituzioni, nei partiti, nella società e all'interno della stessa chiesa. Diciamolo, però, chiaramente. Pure se fossero pochi i cattolici che sostengono certe posizioni oltranziste, e non sono affatto una minoranza, utilizzare l'appartenenza confessionale al fine di negare diritti basilari, consistenti, nel caso specifico, nell'occuparsi del compagno/a nella malattia, oppure di poter disporre di un contratto di locazione o chiedere un alloggio popolare, prima che un controsenso evangelico, è quanto di più inumano possa esistere. Perché per il cattolico e la sua chiesa, come sottolinea Scordato, che difficilmente vedremo arcivescovo di Palermo, dovrebbe contare “la capacità di amare della persona che, in quanto tale, deve essere rispettata e riconosciuta nella propria dignità umana”.

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