venerdì 9 marzo 2012

Il nodo che i gazebo non potevano sciogliere e la solita solfa dei problemi che vengono da Roma.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
9 3 2012 - Pag. 47
PD, l'intricata matassa
Francesco Palazzo

Parliamoci chiaro. Anche se non ci fossero stati i 151 voti di vantaggio di Ferrandelli sulla Borsellino, e quest'ultima avesse prevalso sul filo di lana, il dato politico di queste primarie non sarebbe poi cambiato di molto. Il male è preesistente al voto nei gazebo. Questo centrosinistra è profondamente spaccato in due parti. A far da spartiacque l'esperienza del PD alla regione. Il consenso espresso nei gazebo, non ha fatto altro che registrare e immortalare questo quadro. Chi si aspettava che le primarie potessero fare da unguento su una ferita ormai purulenta ha tentato un azzardo senza speranza. In primis il segretario regionale del PD Giuseppe Lupo. Ma non è soltanto lui ad aver fatto finta di non capire. Un po' tutti nel partito hanno chiuso a chiave nello sgabuzzino la questione e si sono concentrati sul braccio di ferro del 4 marzo, sperando chissà cosa. Adesso la disputa si riapre. E già ci ha pensato un leader nazionale, Enrico Letta, a dire che da Palermo viene fuori una richiesta di allargamento della coalizione. A ruota seguiranno, non ci vorrà molto, i fautori, all'interno del PD siciliano, di questa soluzione. Che siccome il partito non riesce a risolvere con gli strumenti previsti, tipo il referendum, la scarica sulle spalle di Palermo oggi e sulla Sicilia domani, quando si andrà a votare per la regione. Ma anche i netti oppositori fuori dal Partito Democratico hanno scelto la scorciatoia senza dirimere il punto nodale. Nessun patto siglato in qualche albergo palermitano poteva sciogliere come il sale sulla minestra due prospettive politiche così divaricanti sul futuro della Sicilia. Ora il malato si è aggravato. Il responso dei gazebo, più che appianarlo, ha approfondito il solco esistente tra le due parti. E non ci riferiamo ai segretari di partito o alle nomenclature varie, ma proprio all'elettorato del centrosinistra. Può essere pure che dalle stanze delle segreterie si arrivi alla fine a sposare la soluzione più o meno unitaria di facciata. Ma c'è una parte molto consistente di elettori ed elettrici che dice chiaramente che non voterà mai il candidato vincente alle primarie. E non è un fatto personale, crediamo, ma proprio una visione profondamente diversa sugli orizzonti immediati e a medio termine della politica siciliana. E' una fotografia strappata a metà dagli stessi elettori. Sin da subito i leader democratici vincenti, sventolando scompostamente le decine di voti in più, hanno chiesto la testa del segretario nazionale. Come se da Roma venisse il problema, il virus contaminante. Storia vecchia. Come sempre, le cose non stanno così. Il problema è tutto siciliano. I paragoni con le primarie svoltesi a Genova, Milano, Napoli o Cagliari sono fuori luogo. Perché quelli che oggi rimproverano al segretario nazionale l'imposizione di una candidatura, sono gli stessi che nel 2008, alle regionali, fortissimamente vollero il bollo ufficiale di Roma sulla candidatura di Anna Finocchiaro alla presidenza della regione. Senza passare dalle primarie, che pareva male, e poi perdendo in modo molto più disastroso di come oggi Giuseppe Lupo viene sconfitto alle primarie. Eppure, sono ancora lì a dare le carte. Non scherziamo. Dei problemi del PD siciliano non è Bersani il colpevole. Cosi come, guardando a tutto il centrosinistra, è inutile tirare nella bagarre Di Pietro o Vendola. E qui che la questione va risolta, andando alla fonte del problema, senza isterismi e senza ipocrisie. Spiegando chiaramente al corpo elettorale cosa si vuole fare. Se le strade delle due parti in causa si divaricheranno ne prenderemo atto subito. Inutile affidare, nuovamente, al segreto dell'urna delle elezioni di primavera lo sbrogliamento della matassa. Così come capiremo le eventuali ragioni comuni, se ci sono, che potrebbero sostenere la continuazione di un percorso. Comprendiamo che una campagna elettorale è il momento sbagliato per fare questi ragionamenti. Ma il tempo passato è stato male utilizzato e ormai il muro è davanti a tutti. Ma si lasci perdere Roma. I partiti, a livello nazionale, avranno tanti problemi. Ma in questo caso non c'entrano proprio nulla.

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