venerdì 1 giugno 2012

Orlando contro Falcone. Sciascia contro Orlando e Borsellino. Grillo contro tuttii. Una proposta ragionevole.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 21 del 1 giugno 2012 - Pag. 46
Mafia e punti di vista
Francesco Palazzo

Quando si parla di mafia, che differenza c'è tra il politico, il giudice, lo scrittore e l'artista? Sono figure che hanno ruoli diversi e possono utilizzare differenti punti di vista. Ad esempio. Quando il 23 maggio di quest'anno, tutta la politica, a cominciare dalla Presidenza della Repubblica e da quella del Consiglio, chiede ai magistrati di andare sino in fondo nella ricerca della verità circa i tanti lati oscuri dello stragismo del biennio 92-93, forse intende affermare che la magistratura non ha svolto sinora per intero il proprio lavoro? La politica sa che vi sono stati, e vi sono, inconfessati intrecci tra mafia e politica che portarono alla stagione stragista e chiede a gran voce che vengano svelati. Chi indaga e giudica, tuttavia, potrà muoversi in tal senso quando avrà solide prove per perseguire questo o quel politico, questo o quel pezzo dello Stato eventualmente infedeli. Lo schema è abbastanza comprensibile. Non ci sarebbe molto da aggiungere. Senonché, oltre che in tutta la campagna elettorale per le amministrative, e pure nel giorno del ventesimo ricordo di Falcone, della moglie e degli agenti della scorta, si è rispolverata la polemica dolorosa che vide protagonisti Giovanni Falcone e Leoluca Orlando, proprio in relazione alle responsabilità politico-mafiose. Si è chiesto al sindaco di porgere le scuse. E non ci si è accorti che, contemporaneamente, proprio dal massimo livello delle istituzioni repubblicane, giungeva la richiesta alle toghe di andare avanti e ridisegnare scenari che possano avere il marchio della verità. Certo, le parole pronunciate allora da Orlando furono formalmente molto più brusche e non è un aspetto secondario. Ma il clima che in quel periodo si viveva era tale che da più parti i toni risultavano esasperati e talvolta lontani dal rispetto umano. Ma, nella sostanza, la richiesta del sindaco della città del tempo, e del nuovo sindaco che adesso si dichiara pronto a reiterarla nei contenuti, speriamo non più nella forma, della quale egli stesso si rammarica, somiglia molto alla odierna impellente domanda di verità e giustizia che giunge chiara e forte un po' da tutte le parti. Senza per questo, ripetiamo, che il lavoro della magistratura, che forse il alcuni frangenti, vedi la vicenda di Via D'Amelio, poteva essere svolto in maniera più oculata, se ne possa sentire discreditato o messo alla berlina. L'importante è che le parole e le eventuali critiche, a cui tutti gli umani dobbiamo essere sottoposti, nessuno escluso, siano pronunciate alla luce del sole. Utilizzando, cioè, la stessa procedura che nel 1987 fu propria di Leonardo Sciascia. Che con l'articolo sui professionisti dell'antimafia investì sia il politico, Orlando, che il giudice, Borsellino. Che magari, soggettivamente, avevano mille motivi per prendersela, ma oggettivamente il grande scrittore e intellettuale si esprimeva sul registro espressivo che gli era proprio e si doveva leggere oltre le parole e le personalizzazioni in quel contesto utilizzate. Recentemente abbiamo avuto una dimostrazione ulteriore di come è necessario tenere separati ruoli e funzioni e consentire a tutti libertà d'espressione. Beppe Grillo, durante la sua puntata elettorale a Palermo, ha proferito una frase provocatoria e paradossale su mafia e Stato,venuta fuori più dalla sua vena artistica che non da un ragionamento su dati effettivi. Apriti cielo. Il politico, il giudice, lo scrittore, stavolta uniti e parlanti con medesima voce, l'hanno fatto nuovo. Ma come si è permesso di affermare che lo Stato strozza e invece la mafia non lo fa? Presa alla lettera la cosa sorprende, ma l'artista si può permettere una simile sintesi, ardita e fuorviante quanto volete, senza far volare in aria gli stracci. Siccome, quindi, a giro, i protagonisti della vita pubblica, quando si parla di mafia, perdono di vista il fatto che ciascuno utilizza contenuti e tonalità del mondo di appartenenza, si discuta pure intorno alle dichiarazioni di chicchessia. Ma non si trasformino i confronti e i dissapori in guerre infinite, dove la pace può essere raggiunta soltanto con la marcia indietro del peccatore di turno.

1 commento:

  1. Non si può che concordare sul fatto che Beppe Grillo nella sua infelice espressione abbia ceduto all'impulso di assecondare la sua vena artistica. Ma il punto sta proprio qui. Ciò che irrita nelle parole di Grillo è che queste vengono pronunciate da un individuo che è divenuto un leader politico. Più precisamente, un leader politico attraverso la retorica antipolitica. L'uomo qualunque, Bossi, Grillo e tanti altri periferici imprenditori politici attraverso l'antipolitica. Il problema è sempre lo stesso. Queste ed altre affermazioni infelici colpiscono perché pronunciate da chi si candida a governare un Paese democratico.

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