giovedì 29 maggio 2014

Cosa ne faranno i democratici siciliani del miracolo di San Matteo?


Repubblica Palermo
28 5 2014 - Pag. I

Matteo il taumaturgo copre le “magagne” dei dem siciliani

Francesco Palazzo

Nel Pd siciliano ricominciano da dove avevano lasciato alla vigilia delle elezioni, cioè litigando e dandosele di santa ragione. Ed è la dimostrazione più evidente che il merito di essere diventato il più votato partito in Sicilia è tutto di Matteo Renzi. Perché giammai una formazione politica così rissosa avrebbe potuto, con le sue sole forze, raggiungere un risultato simile. Quello che è accaduto dentro le file dei democratici in questa campagna elettorale per le Europee era un viatico certo per una sconfitta. L'ennesima. Evitata perché il presidente del Consiglio si è caricato tutti sul groppone e li ha posati in una dimensione percentuale che non li rappresenta affatto. Il tema dell'antimafia e la spinta ad appoggiare questo o quel candidato, per mettere la propria bandiera su diversi frammenti del consenso, sono stati la carta d'identità del Pd siculo nelle settimane passate. E non si fermano. Dopo il responso delle urne si è ripreso il tema dell'antimafia e si è rivendicato questo o quel risultato positivo, questo o quel fallimento elettorale, per continuare il gioco. Ma a chi serve tutto ciò? Certamente non al popolo siciliano. Che con il suo voto si è dimostrato più avanti di tutta la classe dirigente democratica siciliana. E ha indicato, come del resto ha fatto nella parte restante del Paese, una chiara direzione di marcia. Che, al momento, è abbastanza chiaro, chi dirige questo partito in Sicilia, chi lo rappresenta nelle istituzioni, non è in grado di cogliere. Eppure, almeno questa volta, non si può rimproverare al corpo elettorale siciliano, almeno a quella esigua parte che ha espresso voti validi, di andare da un'altra parte, di non aver visto e capito. È accaduto tante volte, ma questa volta è andata diversamente. Nel giorno delle elezioni mi è capitato di incontrare diverse persone che solitamente votano a destra, altre che di consueto scelgono l'estrema sinistra e altri ancora che non andavano da tempo alle urne rivelare di aver messo un segno sul simbolo del Pd senza indicare preferenze, quindi sorvolando sulle tribù e sulle fazioni in cui è attualmente diviso il partito siciliano e senza che si fossero accorti di questa querelle stucchevole e incomprensibile a un'intelligenza media sull'antimafia. I democratici hanno a disposizione oggi, ma non è detto che sarà così anche domani o dopodomani, un grande pezzo di Sicilia che ha dato una generosa quanto immeritata, per le ragioni esposte, apertura di credito. E anche fra i tanti che non si sono recati alle urne si può mutarne in positivo lo scontento, portandoli a credere che qualcosa è ancora possibile sperare. Anche in Sicilia. Solo il Partito democratico, l'unico vero partito rimasto in Italia, al momento può, se smetterà di guardarsi l'ombelico e di scannarsi dentro le segrete stanze e poi in piazza, indicare ai siciliani un percorso di modernità, non passiva — quella la conosciamo già sin troppo bene, come scrive Emanuele Felice nel suo libro "Perché il Sud è rimasto indietro" (Il Mulino) — ma attiva, partecipe, condivisa. Fatta di governo concreto e accorto della cosa pubblica e di politica che si sviluppa nel territorio. Non è difficile. Si chiama politica. O, meglio, si potrebbe rivelare oltremodo arduo, se si continuerà a mostrare un partito che cannibalizza se stesso e non riesce neppure a sfruttare, perché questa è l'impressione che abbiamo al momento, un consenso che lo ha baciato pur avendo fatto di tutto per non coglierlo. Non durerà molto, nella nostra terra, questa luna di miele. Riuscirà il Pd oggi, perché domani potrebbe essere tardi, a mostrare ai siciliani il volto di una comunità coesa, attenta, preparata e responsabile? Possiamo augurarcelo. E non per mere questioni elettoralistiche. Che il Pd prenda il 35 o il 50 per cento in Sicilia, non servirà a nulla se non sarà capace di portare questa regione e i suoi abitanti verso un miglioramento delle loro condizioni sociali ed economiche. Che, allo stato, rimangono pessime e non miglioreranno certo perché il Partito democratico è primo in Sicilia. Questa è ormai storia di ieri. 

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