Repubblica Palermo
13/10/2015 - Pag. I
La politica lontana dei gettoni d'oro
Francesco Palazzo
Centocinquantasei euro per cinque minuti per i consiglieri comunali più
pagati d’Italia. Fanno trentuno euro e venti centesimi al minuto, cinquantadue
centesimi al secondo. Al mese arriviamo all’iperbolica cifra di 1 milione trecentonovantaduemila
settecentosessantotto euro. All’anno siamo a quasi sedici volte di quanto
prende a stagione l’attaccante di punta del Palermo. Sono queste le quote
d’ingaggio per gli abitanti di Palazzo delle Aquile affinché una loro, seppur
fuggevole, presenza in commissione sia pagata per intero. In nessuna attività lavorativa, pubblica o
privata, è permesso un simile stato di cose. Ce li vedete un banconista di un
bar, una commessa, un operatore di un call center, un operaio edile, un
impiegato di banca, e non proseguiamo l’elenco perché sarebbe interminabile,
che si assentano giornalmente dopo pochi minuti per poi pretendere l’intero
ammontare delle giornate lavorative? Sarebbero licenziati, a ragione e con
fondati motivi riconosciuti dalla legge, nel giro di niente. Quando si parla, a
volte qualunquisticamente, ma spesso con fondati motivi, della distanza che c’è
tra la politica e la vita normale delle persone, s’intende esattamente questo
baratro, questa incolmabile distanza tra gli abitanti delle assemblee elettive
e i normali cittadini. Come si può pretendere dai componenti di una comunità il
rispetto delle regole se poi alle latitudini istituzionali valgono prassi,
incredibilmente consentite dalla legge, che fanno a pugni con qualsiasi
concetto di produttività? Senza contare che vi sono casi in cui l’elezione a
uno scranno comunale coincide, ancora più assurdamente, con il miracoloso
materializzarsi di un posto di lavoro super retribuito, dove il lauto stipendio
viene posto a carico delle amministrazioni pubbliche, ossia grava sulle tasche
di tutti noi. Ci troviamo, così, a pagare due volte una politica la cui
efficienza, in molti casi, è tutta da dimostrare. Oltre il danno, la beffa. Non
solo paghiamo i cinque minuti a peso di diamante, ma dobbiamo pure farci carico
di attività lavorative che devono essere rimborsate alle aziende di
appartenenza dei sin troppo fortunati eletti dal popolo. E’ difficile, così
stando le cose, non dare fiato alle trombe del disinteresse dei componenti di
una comunità verso ciò che appartiene a tutti. Perché, potrebbe dire un
palermitano, io che mi sudo sino alla fine il mio magro stipendio, dovrei
interessarmi del benessere collettivo se c’è chi guadagna più di centro
cinquanta euro per cinque minuti di “lavoro”? Volete dargli torto? Ma è proprio
impossibile immaginare che un consigliere comunale di una città come Palermo
abbia soltanto un mensile (bastano due mila euro? Sono molto di più di quanto
prende un insegnante a fine carriera, il quale non se ne può uscire
allegramente dalla classe dopo cinque minuti piantando in asso lezione e alunni)
per tutta l’attività che pone in essere sia in aula che nelle commissioni in
cui è impegnato? Credo che sia più che possibile e chi può dovrebbe porre in
essere delle modifiche normative, in modo che non vi sia quest’oceano di
differenze tra chi vive di politica e i comuni mortali. E’ possibile che se
faccio il consigliere comunale di una grande città possa prendere solo quanto
mi spetta senza che la mia azienda, che magari mi assume miracolosamente un
minuto dopo la mia elezione, abbia un solo centesimo? I costi della politica
sono davvero un buco nero. Dentro il quale è possibile trovare una buona parte
di quello che occorre per sanare i conti.
Basta puntare lo sguardo sulle più di cinquemila società partecipate in
mano agli enti locali. Secondo la Corte dei Conti pesano in Italia per 26
miliardi. Realtà che talvolta paghiamo due volte, nel loro normale
funzionamento e quando, in crisi, devono essere rimboccate dal pubblico con
ulteriori finanziamenti. Ma questo è un tema più complesso. Nell’immediato ci
si potrebbe accontentare di superare la filosofia dei “cinque minuti”,
ricostruendo un rapporto di parità tra la politica del palazzo e la vita di
tutti gli altri. Che giornalmente scorre su altri binari.
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