La Repubblica Palermo 27 settembre 2018
BENI CONFISCATI I RITARDI E GLI ALLARMI
Francesco Palazzo
Togliere le ricchezze alle mafie, che fondano il loro potere su di esse, è
l’ambito, più degli altri, dove bisogna agire. Lo abbiamo capito tardi, dopo
più di 120 anni se contiamo dall’unità d’Italia, visto che la legge La Torre,
che individua il reato di mafia e prevede le confische, è del 1982. Fece
talmente paura ai mafiosi che il leader comunista fu ucciso principalmente
per questo. Il punto è che la destinazione sociale dei beni sottratti alle
cosche e il destino delle imprese un tempo mafiose, molto presenti in Sicilia
con 5.946 immobili e 945 aziende, numeri forniti ieri
da Repubblica, sono fallimentari. Qui l’antimafia doveva vigilare con
azioni decise e costanti. Invece silenzi misti a bisbigli. Da un lato ha fatto
passi falsi, dall’altro si limita alle commemorazioni. Ora, dibattito non
nuovo, si parla di vendita. E si grida, come sempre, al lupo al lupo, temendo
riappropriazioni delle famiglie mafiose. Ma anziché lanciare allarmi a puntate,
l’antimafia associativa deve, una volta per tutte e unitariamente, cambiare
passo su tale aspetto fondamentale nella lotta a Cosa nostra.
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