LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 16 NOVEMBRE 2008
Pagina I
La polemica
Capi e capetti litigano mentre la città affonda
FRANCESCO PALAZZO
Il mugnaio prussiano che si rivolse all´imperatore e fu trattato con sufficienza, nel salutarlo gli disse: «Ci sarà pure un giudice a Berlino». E il giudice a Berlino c´era, ed era giusto. Noi potremmo parafrasare, leggendo della trasferta bipartisan nella capitale tedesca, appena conclusa, dei sette consiglieri comunali palermitani, scrivendo: «Ci sarà pure un amministratore a Berlino». E l´amministratore a Berlino c´è, ed è evidentemente capace, se si va da lui per imparare Le cronache ci informano che i sette rappresentanti istituzionali sono stati intrattenuti sul trasporto pubblico berlinese, sulla finanza e sull´ordinamento degli enti locali e sullo smaltimento dei rifiuti. Insomma, su aspetti fondamentali e strategici del governo locale. Che da noi, con evidenza solare, funzionano in maniera pessima da tempo, senza che si intraveda una qualche luce. Le uniche due competenze in cui sembrano, invece, esperti e rodati i governanti palermitani sembrano essere il valzer degli assessori e le liti perenni nella maggioranza bulgara (o siciliana) di cui dispongono. Bisticciano per trovare le migliori soluzioni ai tanti incancreniti problemi della città? Sostituiscono, alla velocità della luce, gli assessori perché, via via, individuano personalità sempre più preparati nei vari settori? Ciò accadrà certamente a Berlino. A Palermo primeggiano le faide tra i partiti, nei partiti, tra le singole correnti, tra capi e capetti soggiornanti tra Roma e la Sicilia. Qualche giorno fa pure i lavori del Senato si sono bloccati per alcuni minuti a causa delle turbolenze palermitane. Possiamo supporre che i sette consiglieri, dei quali lodiamo la volontà di apprendere e praticare in teoria percorsi virtuosi, saranno tornati come quei turisti, cioè come tutti noi, che lodano gli altri tornando dai viaggi estivi, per poi ricominciare e continuare con le solite abitudini quotidiane, utili per sopravvivere nella giungla palermitana. Dubitiamo che sette amministratori berlinesi, parigini o londinesi, fate voi, potrebbero trovare interesse a trascorrere, se non per un´esaltante vacanza di sole e mare, alcuni giorni a Palermo al fine di importare qualche buona pratica nelle loro realtà territoriali. Una volta eravamo il caso Palermo, sperimentavamo inedite e apprezzabili, seppur controverse e criticabili, configurazioni politiche. Ci si scontrava e si polemizzava sulla città. Oggi stiamo diventando un caso patologico. Oppure grottesco. Basta pensare alla vicenda delle zone a traffico limitato. Possibile che in otto anni di governo non si sia ancora in grado di predisporre provvedimenti, un minimo funzionanti, nel settore della mobilità che non siano le solite, estenuanti, estemporanee e perciò inutili soluzioni tampone? I consiglieri comunali berlinesi, su questo e altri aspetti della vita pubblica palermitana, rimarrebbero a bocca aperta. Lo stesso farebbero quelli parigini e londinesi. E dopo il prolungato stupore, come si fa per tutti i casi anomali, comincerebbero ad analizzarci attentamente. Per studiarci bene e capire cosa va evitato accuratamente quando si governa una grande città. «Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo»: ecco il titolo che politici stranieri, ma anche solo emiliani, toscani o lombardi, potrebbero dare a un loro eventuale (e improbabile) stage nella Palermo che affonda.
Si, probabilmente lo e
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