sabato 13 dicembre 2008

Palermo, cimitero Rotoli, divieti eucaristici

CENTONOVE
12 12 08
GALEOTTO IL PANCINO SCOPERTO
Francesco Palazzo


Al cimitero palermitano dei Rotoli, da più di un anno, c’è una zona chiusa per sicurezza dopo la caduta di un roccione dalla montagna sovrastante il camposanto. Di fronte a un pericolo fisico è giusto prendere le dovute precauzioni. Una notizia come tante. Anche se non si capisce come mai ci voglia quasi un anno e mezzo (i lavori di messa in sicurezza termineranno a marzo 2009) da parte dell’amministrazione comunale per appaltare e fare eseguire lavori di questo tipo. Ma, andandoci recentemente, abbiamo visto che, oltre l’impedimento per visitare i corpi dei defunti che si trovano nell’area interessata, c’è pure un inciampo pesantissimo per lo spirito. Che però, a differenza del primo ostacolo, non ha scadenze, pare rivolto all’eternità e non a qualche mese di qualche anno a venire. I cartelli affissi dentro la cappella del camposanto sono chiari: “E’ vietato accostarsi all’eucaristia con il ventre scoperto e altri indumenti indecorosi”. L’eucaristia è, per i cattolici, il momento più denso di significati religiosi ed esistenziali. Non occorre essere fini teologi o biblisti per saperlo. Bloccarne l’accesso, per futili e inconsistenti motivi, è cosa di una certa gravità. Sarebbe come vietare il voto, momento più alto della vita civile, a chi non è vestito nel modo che piace al presidente del seggio. Al cimitero non si va per fare scampagnate o rimpatriate tra compagni di scuola. Non si entra al camposanto con l’ombrellone in una mano e la teglia con la pasta al forno nell’altra. Ci si trova tra quei viali per accompagnare o visitare un nostro caro. O per mostrare solidarietà a qualcuno colpito da un lutto. A tutto si pensa, tranne che a scoprirsi il ventre, o qualcos’altro, indossando indumenti indecorosi. Che vorremmo capire, poi, in cosa consistano. Quando, esattamente, scatta il limite e un abito diventa, da decente, non più dignitoso? E il ventre, di quanto deve essere scoperto, per incappare nell’impossibilità di prendere l’eucaristia? Tuttavia, un cartello, a volerlo leggere bene, dice sempre più cose di quelle scritte. E, nel caso specifico, l’obiettivo del severo richiamo, preventivo e definitivo, è solo una parte dell’universo sessuato, la donna. I riferimenti al ventre scoperto, che ci destano alla mente la relativa danza, e agli abiti indecorosi, lasciano intuire che potrebbe venire fuori qualche pezzo di carne femminile di conturbante ammirazione. Tale da impedire ai fedeli più casti, e ovviamente integralmente abbigliati, che ad altro dovrebbero pensare al cospetto della morte, di accostarsi all’eucaristia senza sussulti ulteriori se non quelli determinati dalla fede. Che, evidentemente, se basta qualche centimetro di pelle a traviarla, così tanto granitica non dovrà essere. In genere, queste cose vengono fatte notare da chi, e sono tra quelli, non frequenta abitualmente le chiese. Coloro che ci vanno spesso, hanno fatto l’abitudine a questo tipo d’imposizioni. Tanto che ci raccontavano di un parroco siciliano di un piccolo comune della provincia di Palermo. Un sacerdote di quelli sanguigni e ieratici. Il quale, durante la più importante messa domenicale, ha tuonato dall’altare, rosso in volto, intimorendo tutta l’assemblea, nel seguente modo: “Per questa volta, a quella ragazza vestita in quel modo, ho concesso l’ostia consacrata. La prossima volta, ditelo ai familiari, non se ne parla nemmeno". Senza che ciò abbia provocato, non dico i fischi che si rivolgono all’arbitro che non assegna il rigore evidente, ma almeno un leggero malumore o un turbamento esplicito, nei presenti. Se i fedeli si abituano a tutto, speriamo che non lo facciano gli arcivescovi. Quando c’è capitato di leggere il cartello ai Rotoli, tutto era pronto per la visita di colui che attualmente guida la diocesi palermitana. Speriamo, ma ci permettiamo di nutrire fondati dubbi, che abbia convinto chi di dovere a togliere quell’avviso. Se è ancora lì, vuol dire che lo condivide. Non è il modo di vestirsi a violare i luoghi sacri. Non è il corpo scoperto che li offende. Ma il cuore, la mente, lo spirito, la fede di chi vi sta da padrone e giudica chi e come possa entravi.

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