sabato 16 maggio 2009

Mafia, tra fiction e realtà

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 16 MAGGIO 2009
Pagina XV
LA TRAGEDIA DELLA MAFIA È PIÙ FORTE DELLE FICTION
FRANCESCO PALAZZO

Se in una fiction ci avessero raccontato di armi nascoste in una delle ville più conosciute di Palermo - come accade nel grande parco di Villa Malfitano - certamente avremmo detto che potevano inventarne una migliore. Lo pensavo conoscendo i particolari legati agli ultimi arresti e apprendendo, nello stesso giorno, che Rita Borsellino chiede al presidente della Regione Raffaele Lombardo un intervento duro contro le fiction sulla mafia girate in Sicilia. Tali ricostruzioni denigrerebbero la Sicilia, veicolando un´immagine falsa che non esiste più. Le questioni sono due. La prima. La politica già influenza abbondantemente quanto passa dalle televisioni. La valutazione va lasciata agli spettatori, che col telecomando decidono cosa vedere. In democrazia, i giudizi di un presidente di Regione, di un capo di governo, dello stesso presidente della Repubblica, devono valere quanto quello di qualsiasi altra persona anonima. E non avere finalità prescrittive di alcun tipo. Non abbiamo bisogno di chi gestisce le nostre serate davanti al piccolo schermo, ma di gente che sappia ben governare. Qualsiasi intervento sui prodotti artistici da parte di chi ricopre un´importante carica istituzionale non potrebbe che rivestire un carattere censorio. Meglio lasciar perdere. Ci vuol poco a debordare. Ironicamente, ma non troppo visto il caso Agrodolce, potremmo ipotizzare una convocazione degli sceneggiatori per capire cosa diamine stanno scrivendo. Con una matita di quelle a doppio colore, si procederebbe a segnare gli errori gravi, da eliminare subito, e quelli meno evidenti, su cui discutere. Chi non ottenesse l´approvazione, dovrebbe mettersi il cuore in pace. Ma non tutti accetterebbero la sentenza. Immaginiamo gommoni, con scafisti d´ordinanza, che nelle notti di mare buono tenterebbero di sbarcare sulle nostre coste protagonisti e comparse, registi e costumisti, cineprese e cavalletti, coppole e lupare. Veniamo al secondo punto. Le fiction veicolerebbero un´immagine deformata della Sicilia, screditandola agli occhi di quanti non vivono nella nostra isola. È un´opinione diffusa. Alla quale si aggiunge la convinzione che negli spettatori si creerebbe una sorta di emulazione per i mafiosi. Disegnati come eroi, quindi facilmente oggetto di imitazioni da parte di giovani e sprovveduti. Che sia chi racconta pezzi di storia recente, o fatti inventati partendo da «libere ricostruzioni» a fare del male alla Sicilia, e non i fatti stessi per come si sono verificati e si susseguono, è davvero un aspetto così controverso che non capiamo come si possa porre. Le operazioni di polizia sui clan mafiosi - sceglietene una a caso tra le ultime - ci mostrano ripetutamente risvolti criminali e politici che neanche le fiction più surreali riescono a riprodurre. Per chiudere il discorso basterebbe solo dire che il mezzo televisivo è cominciato a entrare nelle nostre case nel 1954. Dal 1861, data di nascita convenzionale della mafia siciliana, era già trascorso quasi un secolo. Nel corso del quale di mafia si era parlato a iosa fuori dalla Sicilia. Come avranno fatto gli altri a conoscerla, a farsi varie opinioni su di essa, e sulla Sicilia, molte senz´altro distorte, senza fiction che pompavano falsità? In quanto al discorso dell´emulazione, forse si pensa di avere davanti telespettatori da educare e non individui che guardano e sanno capire con gli strumenti culturali che si ritrovano. Sono cresciuto a Brancaccio. Da ragazzo, durante la seconda guerra di mafia, mentre cominciavano a trasmettere le piovre televisive, accusate di disonorare la Sicilia, vedevo in diretta cos´era la mafia. I morti che lasciava sulle strade. Quelle piovre che uscivano dal piccolo schermo erano acqua fresca. Se proprio avessi voluto imitare i boss, non avrei avuto bisogno di lavorare molto con le fantasie indotte dal mezzo televisivo. Le piovre le ho dimenticate, quel terrore ancora no. Insomma, lasciamo a chi vuole la possibilità di cimentarsi liberamente con le fiction sulla mafia. Quando soggettivamente le troveremo belle, le loderemo, quando personalmente ci parranno brutte, lo segnaleremo. Ricordandoci però, sia nell´uno che nell´altro caso, che sono i fatti, quelli reali, a pesarci sul cuore e sulle coscienze. E a dire agli altri come siamo.

2 commenti:

  1. Caro Francesco, questa volta sono d'accordo con te parzialmente. Condivido la tua riflessione relativa alla costatazione che il danno al tessuto sociale lo fa la mafia, da sempre. E non la fiction.
    E' anche vero che conosco gli effetti deleteri che qualche fiction (vedi quella su Riina) fa su individui in formazione, appartenenti a contesti a rischio: mi è capitato di sentire apprezzamenti entusiastici sulla figura di Riina ( a seguito della visione della fiction) da parte di alunni dodicenni.
    Ovviamente non chiedo nessuna censura: mi piacerebbe che autori dei testi e sceneggiatori, comunque, si ponessero il problema.

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  2. E' innegabilmente vero che alcune tipologie di spettacolo (da certo cinena d'azione alla fiction televisiva su tematiche che si prestano all'identificazione e all'imitazione) possono - potenzialmente - indurre individui psicolabili in forme di suggestione e di esaltazione, che spesso trasferiscono nel sociale le forti emozioni ricevute nella finzione scenica, vissuta con pathos e immedesimazione. Che vuol dire questo? forse che dobbiamo rinunciare alla libertà artistica: no di sicuro! Semmai, dovremmo tendere alla qualità dell'impegno culturale, agevolando il cimema e la tv che non insistano sui logori, ma ben codificati meccanismi della violenza e del sesso, non certo operando censure, sibbene offrendo incentivi a favore di chi riesca a fare al contempo intrattenumento e riflessione. Ma la battaglia si profila ovviamente lunga e complessa, e non contiene in sé alcuna certezza. Poiché bisognerebbe iniziare dalle basi: famiglie e dalla scuola. E qui si torna alla vecchia ricetta, al binomio di sempre: scuola famiglia. Ma che che garanzia oggi offrono tante famiglie? che spesso offrono uno spettacolo di sprovvedutezza e cinismo; dacché non sanno offrire né modelli di riferimento né risposte balide a nabigare nelle acque tempestose del mondo d'ogg. Un giudizio analogo vien fuori se spostiamo lo sguardo al livello istituzionale, alla scuola. Torna cpome un conato l'eterno gioco di ripartire sempre da zero. Ricominciare daccapo, in eterno; frattanto la società non si ferma: corre verso nuovi traguardi di tecnologioa, di scienza di cambiamenti culturali, che complicano un quadro drammatico. Non possiamo più ricominciare; ma solo lottare perché i cambiamenti non siano solo costituiti dal trash berlusconiano e dei neoricchi, dalla Destra becera oggi al governo. Al momento c'é solo l'angoscia di un regime, che si definisce sempre più chiaro e virulento sotto i nostri occhi, che non si presta a vere riforme e innovazioni per i nostri ragazzi.Che tuttavia non possiamo abbandonare al turpe destino offerto dall'Unto del Signore.
    Gino Adamo

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