venerdì 20 gennaio 2012

Quando è vietato vietare mafia e omertà.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
20 gennaio 2012 - Pag. 46
Divieto di mafia multato
Francesco Palazzo

Divieto di mafia e omertà. A parole si può dire. Ormai lo dicono tutti. Tanto non si paga niente. Ma se provate a mettere dei cartelli segnaletici per la via, potete trovarvi sul groppone una salata multa di quasi quattrocento euro. In tempi di crisi, mica sono bruscolini. Soprattutto se siete ragazzi. Parliamo della contravvenzione elevata ad alcuni giovani dai vigili urbani di Catania. Colpevoli, i giovani non i vigili, street artist si fanno chiamare, per chi vuole parlare difficile, di avere messo sui pali vacanti della via Etnea, il salotto della città, dei cartelli di interdizione per mafia e omertà. Sia chiaro. Non vogliamo buttarla in babbio. Siamo strasicuri che ci sarà nel codice di vattelapesca qualcosa che prevede, per un gravissimo fatto del genere, a quell'articolo quella tale infrazione seguita da una sanzione pecuniaria precisa. Che so, anarchica e perniciosa creazione dal nulla di nuovi divieti stradali antimafiosi. Un bel problema. Che fa, appunto, trecentoottantanove euro. Precisi precisi. Né uno di più, né uno di meno. Se gli dai quattro carte da cento, ti danno pure il resto di undici e la chiudi li. Perché, perbacco, la legge, quando scatta il momento giusto, va applicata con inflessibilità e rigore. Senza chiacchiere. E neanche distintivo. Voi magari, ingenui come siete, la fate facile. Vogliamo, però, mettere le difficoltà create agli ignari, inconsapevoli e innocenti automobilisti e motociclisti catanesi? Uno fa quella tal curva, che ormai la conosce come le sue tasche, magari non proprio a velocità consentita, e si trova di fronte, così, senza avviso, a scoppolone, come dicono a Padova, il divieto di mafiare. Come minimo pianta i freni a tipo tavoletta. E come finisci si cunta. Tamponamenti a raffica. Una montagna di lamiera. Un'ecatombe. Che manco l'Etna, quando è bello gonfio da par suo, può reggere minimamente il confronto. E dire che i giovani in questione l'hanno pure spiegato. Perché in Sicilia, per certe cose, ci vuole ancora la didascalia illustrativa tipo scuola elementare. Il loro voleva solo essere un modo creativo per lanciare un messaggio in una città dove ancora tanti negano l'esistenza di mafia e pizzo. Niente da fare. Il prezzo dell'operazione segnaletica, abusiva selvaggia e fraudolenta, anche con tali nobili finalità, è sempre trecentoottantanove euro. Peccato che siano subito scattate le rimozioni. Il gesto mi pare molto più che una semplice provocazione. Già m'immagino nei quartieri periferici delle grandi città siciliane e nei piccoli paesi che impatto potrebbe avere un'iniziativa di tal genere. Il capomafia che proprio nella strada che lo conduce a casa trova, papale papale, il divieto di fare il suo mestiere. Almeno speriamo che vi siano altri artisti da strada che vogliano replicare, oltre che a Catania, in altri luoghi la cosa. La prossima volta, se possiamo permetterci di dare un consiglio non richiesto, è più indicato agire nelle ore dedicate a Morfeo. Perché meglio è finita a quei giovani, era il giugno 2004, che a Palermo, di notte e notte, su luoghi certo inappropriati, e chissà che multe sono previste per quest'altro ignobile reato, appiccicarono quegli adesivi con un messaggio che ormai sta per passare dalla cronaca alla storia dell'antimafia. Un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità. Se lo facevano a mezzogiorno e incocciavano i vigili, finiva a schfiu anche allora. E ci saremmo persi tanto.

Nessun commento:

Posta un commento