lunedì 30 gennaio 2012

Centrosinistra a Palermo: la guerra dei furbi.

30 1 2012

Francesco Palazzo


“Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Questo passo del vangelo di Giovanni si adatta bene, a mio modo di vedere, allo scenario desolante – sono in vena di eufemismi - che il centrosinistra sta mettendo in scena da mesi per l’individuazione del candidato a primo cittadino in una città allo sbando, in ginocchio. Ora sembra che scorrano i titoli di coda sulle primarie, ma è necessario, per una sorta di igiene mentale che può servirci, riavvolgere la pellicola e guardarsela sin dall’inizio. E’ in principio, per parafrasare il nostro evangelista, non era il verbo, ma la cocente sconfitta del 2001. Ottenuta con le stesse premesse che oggi sembrano fare da sfondo alle modalità con le quali la triste macchina da guerra, combattuta tutta all’interno, del centrosinistra, come nelle migliori tradizioni, si avvicina alle elezioni di maggio nel capoluogo siciliano. In dieci anni questo schieramento non è stato capace di preparare il ricambio. Tanto che nel 2007 è dovuto ricorrere al solito Orlando per tentare di impedire la seconda legislatura a Cammarata. Certo, in mezzo c’è il disfacimento della maggioranza di centrodestra alla regione, con l’ingresso del PD al governo. Ma ciò non può giustificare tutto. Non può spiegare, innanzitutto, il modo con cui si è cominciato a lavorare alle primarie. Dove l’unica preoccupazione, soprattutto nel movimento “Palermo è Ora”, era quella non di preparare l’ossatura alla coalizione ma di scongiurare qualsiasi contaminazione con il Terzo polo e gli autonomisti. Da quel momento in poi la domanda rivolta ai candidati è stata la seguente. Con chi ti allei al secondo turno? Come se già si fossero svolte le elezioni e ci si trovasse di fronte ad una scelta. Ma come fa uno a sapere ora chi ci sarà al secondo turno? Può essere pure, visto lo stato dell’arte, che un centrosinistra spaccato non ci arrivi nemmeno, al secondo turno. Insomma, non si è lavorato davvero per vincere, ma per porre in essere una visione minoritaria del confronto politico. Come fa chi è da sempre abituato a perdere. Poi ci si è messo il PD, diviso, lacerato, confuso. Che invece di parlare del destino della quinta città d’Italia, dopo dieci anni di non governo, ha girato la testa e ha ragionato con la mente e con gli occhi rivolti a Palazzo dei Normanni e a Palazzo d’Orleans. E, in questo, non è neanche stato capace di fare una scelta che fosse una logica conseguenza della situazione regionale. Cioè metterci direttamente la faccia con uno dei leader, Cracolici, Lumia, Lupo, fate voi, a Palermo. E allora si sono messi alla ricerca di un candidato, un nome di fronte al quale sarebbe stato impossibile dire di no. Non l’hanno trovato ed ecco che dall’asse Palermo-Roma è spuntata Rita Borsellino. Che ha sempre detto di no a Lombardo. Ma il PD è andato avanti lo stesso. Mettendo in campo altri due giovani candidati alle primarie, per poi, alla fine, andarsi a cercare fuori il soggetto da appoggiare in alternativa all’eurodeputata. Ora raccoglie i cocci di un partito in mille pezzi. Che ha già compiuto un madornale errore nel 2008, quando impose la Finocchiaro e portò il centrosinistra al minimo storico. Se andate a leggervi le cronache di allora troverete qualche nome che è ancora in cabina di regia. Se il Pd ci ha messo del suo, anche gli altri partiti non hanno sfigurato. Prendete Sinistra e Libertà, parla adesso di possibile inquinamento delle primarie, e sa benissimo che già c’era in lizza, da tempo, qualche candidatura alle stesse primarie che aveva detto chiaramente che per governare Palermo ci vuole una coalizione allargata. Non da meno sono stati gli altri partiti della sinistra, fuggiti dalle primarie, senza proporre né un nome, né un percorso. Pure IDV ha partecipato alla gara del facciamoci del male come meglio possiamo. Sin dall’inizio si è seduta al tavolo della discussione con una riserva mentale grande quanto una casa. Inoltre, non ha gestito al meglio la vicenda Ferrandelli. Anche i candidati hanno contribuito a rendere tutto più complicato. Rita Borsellino, ad esempio, avendo preso 229.019 preferenze alle europee del 2009, non aveva certo bisogno di farsi dare l’input da Roma per candidarsi alle primarie. E’ un fatto che Fabrizio Ferrandelli, che aveva dichiarato inutili le primarie rientra, dopo una decina di giorni in cui già era stabilita la data per la loro celebrazione, avendo avuto quindi tutto il tempo di ripensarci una volta che c’era certezza della data, nel momento in cui una parte del PD decide di sostenerlo. Se credeva nei gazebo, non avrebbe dovuto mai uscirne, e adesso sarebbe molto più credibile la sua strenua difesa delle primarie. E’ un fatto che Ninni Terminelli, al quale era certo nota la presenza in campo di Ferrandelli, decida di ritirarsi dalle primarie un minuto dopo che la corrente a cui fa riferimento aveva puntato su un altro cavallo. Dicendo di privilegiare l’approccio generazionale, come se nel suo stesso partito non ci fosse un trentenne già in pista dal 2010, Davide Faraone. Il quale ultimo, più che spaccare il partito su rottamazioni e dintorni, avrebbe fatto meglio a valorizzare e unire le energie, intanto del suo partito, attorno al suo nome. Questa è, più o meno la situazione. Venerdì al Comune si è insediata il commissario Luisa Latella. Traghetterà Palermo sino alle elezioni, cioè per pochi mesi. Peccato. Io la farei rimanere almeno un anno. Il tempo che un po’ tutti, nel centrosinistra, ma anche nel centrodestra, riescano a focalizzare meglio quale è l’oggetto della discussione, cioè la città e i palermitani e non il proprio ombelico. Un tempo di decantazione, per placare i bollenti spiriti di quanti saranno pure animati da nobili ideali, ma spesso ragionano con la pancia più che con la testa. Perché, come dice sempre il nostro evangelista, il verbo, a un certo punto, si fece carne. E lì cominciarono i guai.



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