La Repubblica Palermo – 2 aprile 2019
Serve una rete per mettere insieme l’altra
Palermo
Francesco Palazzo
Repubblica Palermo ha raccontato le
storie, sempre uguali, di chi paga le cosche e quelle, sempre diverse e
colorate, dei tanti che danno una mano con generosità in diversi ambiti.
Coloro
che pagano un pizzo, dai parcheggiatori estorsivi ai mafiosi, come un fatto
quasi fisiologico, e quanti invece donano tempo ed energie opponendosi al
malaffare e alla rassegnazione, rappresentano proprio due città. I primi, uno
spaccato non trascurabile e trasversale, sono il peggiore passato ancora
presente. I secondi, costituiscono l’eredità delle migliori stagioni di questa
terra, anch’esse con le tende piantate in tempi pure molto lontani.
Sono due
album di famiglia che si confrontano giornalmente.
Solo che le mani dannose non
hanno bisogno di nulla per sommarsi.
Le mani che aiutano, invece, lo dicono
alcune voci impresse in queste pagine, lanciano un allarme.
Non vogliamo essere
soli, non siamo eroi, non dobbiamo adagiarci sul racconto di una città
pacificata, c’è bisogno di interrogarci.
Chiedono di fare squadra. Ciò che si è
visto, man mano che ci si è allontanati dalla stagione stragista degli anni
Novanta, è stato un progressivo sgretolarsi del percorso comune.
Ciascuno ha
cominciato a ritagliarsi il proprio orto, sia di analisi che di azioni. In tale
orizzonte frantumato hanno avuto gioco facile quanti hanno tentato d’innalzare
le varie antimafie di cartone.
Occorrerebbe rimettere insieme stabilmente tutti
questi pezzi del mosaico. Concretamente, ci vorrebbe un luogo che raccolga
tutte queste esperienze.
I locali del No mafia memorial di Palermo, ad esempio,
qualora si destinasse l’intero Palazzo Gulì a tale esperienza, potrebbero
vedere la nascita di ciò che serve.
Un posto dove le tante mani che aiutano possano
unire saperi e pratiche. Coinvolgendo sempre più i tanti pezzi di cittadinanza
attiva e responsabile già operanti o pronti.
Non c’è alcun motivo per non
giocare, bene, questa decisiva partita.
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