giovedì 29 agosto 2019

Libero Grassi e la lotta quotidiana e difficile contro tutti i pizzi

La Repubblica Palermo – 29 agosto 2019
Il pizzo economico e “esistenziale” dal quale non riusciamo a liberarci
Francesco Palazzo


Oggi è l’anniversario di Libero Grassi. Che disse no a chi gli chiedeva di pagare per continuare tranquillamente la sua attività. A 28 anni dall’omicidio, cosa ne è del pizzo e dell’antiracket? Sono stati affrontati da una duplice posizione, quella istituzionale, la repressione, e sociale, con la nascita di un movimento di lotta, che ha trovato una tappa fondamentale nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2004. "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità". Così è nato Addiopizzo. Ma sin dal 1990, a Capo d’Orlando, il contrasto non è stato delegato alle sole istituzioni. L’attacco alle estorsioni è dunque stato articolato nell’ultimo trentennio. Le indagini, da un lato, le quali spettano alla magistratura, che da sola come ci dice sempre può fare poco. E la società civile, dall’altro, che non sta a guardare come finisce la partita tra guardie e ladri. Possiamo però affermare che tale doppio approccio virtuoso ha inciso su una parte non maggioritaria di siciliani, sia che facciano impresa, sia che vivano senza alcun interesse nel tessuto economico. Diverse indagini ci dicono che si va sempre dalle coppole storte per risolvere questioni personali. Una specie di pizzo esistenziale di cui viene fuori molto meno di quello che in realtà accade. Ma c’è anche un esteso pizzo economico. Quante sono le attività economiche legali legate a capitali criminali? Quanti e quali vantaggi hanno rispetto a quelle nate con il sudore, l’impegno e i denari puliti? Pure la mafia che vive sulla finanza internazionale costituisce una profonda distorsione, un pizzo sull’economia globale rispetto a tutti noi e in maniera diretta verso coloro che non barano nei circuiti dell’alta finanza. E poi, quante imprese pagano ancora il pizzo in Sicilia senza problemi o cercano il mafioso per "mettersi in regola"? E quanti per aprire un’attività chiedono il permesso al capomafia del quartiere? Quanti accettano senza problemi che il territorio dove parcheggiano sia controllato da estorsori che operano alla luce del sole, sempre gli stessi negli stessi luoghi per decenni, poco scalfiti nella sostanza dalle forze dell’ordine? Si può insomma ritenere che da quella mattina del 29 agosto 1991, era un giovedì come oggi, la strada intrapresa non sia stata senza buoni risultati. Che però riguardano un frammento di società. La strada da percorrere è molto lunga. E investe la cultura del popolo delle borgate e delle zone residenziali. Il quale spesso paga senza problemi un pizzo giornaliero nei vari esercizi commerciali che non emettono ricevute fiscali, penalizzando quanti rispettano le regole. Senza dimenticare il peso, che grava sull’economia e sulle casse pubbliche, del pizzo derivante dalle tangenti. Oppure quello che impone la politica quando attua sistematicamente approcci clientelari e di favore. Insomma, quando parliamo di pizzo dovremmo farci un giro molto ampio. E capire, intanto, quanto ciascuno di noi fa ogni giorno per sconfiggerlo o rafforzarlo.


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