PalermoToday
14 settembre 2024
Il ricordo di don Pino Puglisi e la domanda sulla sicurezza: "Palermo è una città violenta?"
Francesco Palazzo
Il dibattito è vecchio, visto che si ripete con cadenza più o meno regolare, come avvenuto in quest'ultimo periodo dove cade l'anniversario dell'uccisione di don Puglisi. Palermo è una città violenta e con evidenti problemi di sicurezza? Difficile trovare posti, soprattutto realtà metropolitane, dove non ci si debba preoccupare. Nelle grandi città, ma anche in quelle medie spesso, esistono e persistono sacche, sistematiche o episodiche, di violenza urbana. Pure a Palermo, non in misura particolare ma più o meno come in altri luoghi simili. Anzi, si potrebbe affermare che vi sono altre metropoli nel nostro paese dove le statistiche sono più preoccupanti.
Ma ci si può fermare a questo livello di analisi? Occorre entrare nello specifico di ciascuna città. Soprattutto quando ricordiamo un prete mite ucciso dagli uomini del disonore in una sera afosa di settembre sottocasa. Fermo restando che ovunque la stragrande maggioranza di cittadine e cittadini, per quanto vi possano essere punte non trascurabili d'inciviltà quotidiana, non crea problemi gravi, almeno dal punto di vista della sicurezza pubblica. Ma dobbiamo parlare del resto. Nei giorni in cui si ricorda 3P, Padre Pino Puglisi. D'altra parte, si è sempre detto che gli esponenti di Cosa nostra sono, o forse erano nei momenti meno problematici per l'organizzazione, più o meno cinquemila. Un frammento rispetto a milioni di siciliani. Ma in grado di resistere e persistere nell'arco di tre secoli. Anche se andrebbe pure esaminato, ma non può essere il compito di un breve scritto e francamente non saprei neppure ipotizzare la risposta, quanto della cultura mafiosa si sia trasferita nella testa dei palermitani.
Considerato l'operato di Cosa nostra, ossia lo specifico palermitano, occorre riformulare il ragionamento. Chiedendosi se può considerarsi molto violenta e insicura una città in cui negli ultimi 60 anni ci sono state due guerre di mafia con centinaia di morti. Un posto in cui sono stati uccisi un presidente di regione, un prete, diversi giudici, giornalisti, imprenditori, leader politici, esponenti delle forze dell'ordine, burocrati, un super prefetto. Una comunità dove si sono organizzati e attuati quattro attentati con metodologia da guerra, che hanno fatto saltare in aria un pezzo d'autostrada, due vie centrali della città e un luogo ai margini del capoluogo (1963 Strage di Ciaculli). Non ci sono città, quantomeno in Europa e penso pure nel mondo, in cui nel dopoguerra siano accadute tali gravissime vicende. Magari si potrebbe pensare, sbagliando, che si tratta di avvenimenti passati che non riguardano più l'oggi. Ma a parte che parliamo di delitti sconvolgenti di cui ovviamente portiamo memoria (siamo appunto al trentunesimo anniversario dell'omicidio mafioso di don Pino Puglisi), va detto che tale organizzazione mafiosa estende ancora la sua rete sul capoluogo. Sì potrà dire che è indebolita. Ma ciò non toglie che in tanti quartieri, come ci rivelano le indagini, le cosche sono presenti nella vita quotidiana ed hanno tuttora molto consenso. Anche tra la borghesia e le professioni.
Allora è chiaro che Palermo è caratterizzata da un tipo particolare di violenza determinata, senza soluzione di continuità dall'Unità d'Italia a oggi, dalla presenza di una strutturata criminalità organizzata. Cosa nostra non è presente soltanto a Palermo. Ma soltanto sotto Monte Pellegrino ha messo in atto le sue azioni più gravi e destabilizzanti. E continua ad esserci, sia come controllo del territorio, sia nella misura in cui mette in campo, tra gli altri, due reati tipici come lo smercio di droghe e le richieste estorsive a commercianti e imprese. Certo, più che in altre città, forse a livello mondiale, a Palermo è pure nata, con don Puglisi e tanti altre e altri, un'antimafia robusta e radicata. Ma sino a quando in città saranno presenti, oltre ai poteri democraticamente e costituzionalmente legittimati, pure le mani, le menti, gli affari della criminalità organizzata, dovremo ammettere che Palermo è una città in cui è presente una particolare e pericolosissima forma di violenza che rende la città molto insicura.
Quando riusciremo ad archiviare tutto questo potremo finalmente iniziare a misurare e a paragonare la sicurezza di Palermo soltanto utilizzando i criteri e i parametri tipici di tante grandi città presenti nel suolo italico e nel mondo. I tempi di questo cambiamento, cioè trasformare Palermo in una città normale, sono nelle nostre mani. "Se ognuno fa qualcosa si può fare molto", chiosava don Pino, mentre i mafiosi preparavano l'agguato mortale. Eliminazione resa possibile proprio perché pochi facevano (e ancora fanno?) qualcosa e così non facendo esposero al fuoco mafioso il parroco di Brancaccio. Ed è un percorso di solitudine che ha riguardato non solto don Puglisi, ma tutte le vittime cadute sotto il piombo mafioso.
Francesco Palazzo
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